Quarta puntate per questo ciclo finale de Le Memorie di Anna .
Oramai mancano solo due puntate alla fine e la nostra Anna ci appare come un personaggio decisamente diverso e cresciuto rispetto alla sue primissime avventure narrate dalla bravissima Monika.
Non posso che fare i complimenti a Monika per essere riuscita a creare un personaggio così interessante e non banale.
Donato
Il nuovo incontro cadde di domenica e Franco passò a prendermi in macchina verso le dieci di mattina.
Aveva
appena accompagnato Simona all'altro incontro della giornata; una cosa
irrilevante, disse, praticamente doveva fare compagnia ad un vecchio,
completamente impotente, e infatti, nell'accordo preso da me con lui, le
"questioni più impegnative" da quel momento le avrei risolte solo io.
Noi invece dovevamo recarci a casa di un tal signor Arturo, che si trovava vicino al Castello Sforzesco.
Franco era serissimo e silenzioso, quindi ruppi io il silenzio: "Cosa dovrò fare?"
- "Te lo spiegherà bene lui, Arturo", rispose seccamente.
Sembrava
che ce l'avesse con me per qualche motivo, che però non riuscivo a
mettere a fuoco, eppure gli avevo anche portato gli esiti degli esami
del sangue che mi aveva chiesto di fare, necessari per quel nuovo
incontro.
- "Hai debiti anche con lui o è uno che può esserti utile
negli affari?", chiesi ancora, questa volta un po' sfrontatamente e con
l'intenzione di provocarlo.
- "Un po' tutte e due le cose. Ma più la
prima... un debito creato con lui da mio padre", disse, e si tacque, non
rispondendo più ad altre mie domande.
Arrivammo a destinazione in
fretta e mi trovai davanti uno splendido palazzo, probabilmente del
'700, per quanto ne potevo capire, posizionato proprio di fronte ad uno
dei lati del Castello.
Franco suonò al citofono e la serratura dell'ampio portone in ferro battuto scattò di colpo.
Con l'ascensore salimmo fino all'ultimo piano, e sull'uscio, ad attenderci, trovammo un piccolo uomo orientale.
Entrammo
quindi nell'appartamento e, dopo avergli consegnato i nostri cappotti -
era arrivato ottobre e il freddo già si sentiva - fummo condotti
attraverso un lungo corridoio, stranamente spoglio, in cui erano
presenti solo le porte di molte stanze.
Alla fine sbucammo in un
ampio salotto, circondato da vetrate, arredato in maniera piuttosto
moderna, tra poltrone in pelle, librerie, un grande televisore,
videoregistratore, libri e videocassette, e dove era presente un uomo di
una certa età su una sedia a rotelle, che disse: "Buongiorno, Franco,
ben arrivato", e poi rivolgendosi al suo domestico aggiunse: "Per oggi è
tutto, Xi. Puoi andare, hai la giornata libera".
- "Sì signore. Buona giornata a lei", rispose cordialmente il domestico.
Per
qualche minuto cadde il silenzio, poi, quando sentimmo la porta
d'ingresso sbattere, Franco fu il primo a parlare: "Lei è Anna. Che
dice, le piace? Pensa che sia adatta?".
- "Anna...", disse l'uomo
sulla sedia osservandomi attentamente, "Sì... molto bella. Davvero.
Salve Anna, io sono Arturo. Il signor Arturo, per te", mise subito in
chiaro.
- "Buongiorno, signor Arturo", risposi gentilmente.
- "Sei di Milano?", mi chiese.
- "No, sono nata a G. Mi sono trasferita per lavoro".
- "Ah... un'altra emigrata... però almeno non sei una terrona", aggiunse con un tono pieno di disprezzo.
Franco si avvicinò a lui e gli passò un plico, quello dei miei esami del sangue.
Il
signor Arturo li lesse e poi, con aria soddisfatta, disse: "Oh, bene...
una ragazza perfettamente in salute, bella, educata e anche
settentrionale. Bravo Franco, sono molto soddisfatto di te".
Restammo
così, immobili, per un po', poi il signor Arturo mi fece capire il mio
compito: "Vedi, Anna, quello che tu oggi dovrai fare è una cosa un poì
delicata, diciamo così. Mio nipote, Giorgio, che ha ormai 23 anni, è
davvero imbranato con le donne, e io sto cercando una ragazza che lo...
sblocchi... tu mi capisci, sì? Mio figlio, il padre del ragazzo,
intendo, è uno un po' terra terra, non sono riuscito proprio a educarlo
come si deve... e quindi ha provato a fare a modo suo, portandolo con sé
anche in alcuni postriboli... e sì, perché mio figlio non se lo sa
tenere nei pantaloni, nonostante la bella moglie che si ritrova... ma io
so bene che al ragazzo serve altro, un'altra figura, non una
meretrice".
Ci misi un po' a mettere a fuoco la situazione, poi chiesi: "Ma... quindi... mi sta chiedendo di fare sesso con suo nipote?".
-
"Sì, effettivamente è così. Ma dovrà sembrare una cosa naturale, che
accade per caso, da te voluta e non organizzata. Sai, mio nipote è un
ragazzo molto sensibile. Ma deve uscire da quel suo guscio. Direi che è
tempo! E' il mio unico erede. E' per il suo bene e per il futuro della
nostra famiglia! E' da un bel po' che ci penso, e mi sono rivolto quindi
a Franco di aiutarmi in tal senso. Conoscendo bene i suoi giri e
affari, gli ho chiesto di trovarmi una bella ragazza, abbastanza
disinibita ma che non fosse una prostituta di professione. Se mio nipote
si troverà bene con te ma non accadrà nulla oggi, potremmo ripetere la
cosa in un altra occasione".
Mi sembrò di avere davanti un mostro... ma restai impassibile.
- "Che dici, te la senti di farlo... vuoi provarci?", mi chiese infine.
Diedi un'occhiata a Franco, l'altro mostro nella stanza, e poi risposi: "Sì, certo, signor Arturo".
-
"Oh, molto bene! Molto bene! Mio figlio accompagnerà qui Giorgio fra
circa un'oretta. Tu dovrai fingere di essere la cameriera pagata per
accudirmi oggi. Sopra quel divano c'è il vestito che devi indossare".
Non
lo avevo visto prima, ma sul divano, avvolto in un cellophane, c'era
davvero un vestito da cameriera... anche se non proprio normale: la
gonna era terribilmente corta e mi avrebbe lasciato in vista tutte le
gambe e forse anche parte delle natiche.
- "Capisco", dissi, e fissai ancora Franco, che mi restituì lo sguardo nella sua maniera un po' triste.
- "Dove posso cambiarmi?", chiesi.
- "Qui", mi rispose seccamente il signor Arturo.
Io lo guardai un po' indispettita... ma ero lì per soddisfare richieste del genere, quindi avrei dovuto metterlo in conto da me.
Tolsi
il vestito dal cellophane e notai solo allora che era presente anche un
completo di biancheria intima, lunghe calze nere con reggicalze e un
paio di scarpe con tacchi alti... tutte le mie misure doveva avergliele
fornite Franco.
Più che un vestito da cameriera sembrava quello adatto ad un giochino erotico... e in fondo proprio di quello si trattava.
Poi iniziai a spogliarmi, sotto gli occhi attenti del signor Arturo.
Una
volta finito il totale cambio d'abito, guardai ancora i due uomini
nella stanza: Franco, per una volta, aveva distolto lo sguardo da me,
che di solito invece non faceva mancare, mentre il signor Arturo aveva
un'espressione lasciva in volto e con una mano vidi che si stava
accarezzando il pene attraverso i pantaloni.
- "Se proprio bella,
Anna", disse, e poi, di colpo, aggiunse: "Ci vorrà ancora un po' prima
che arrivino mio figlio e mio nipote... che dici se inizi ora a, diciamo
così, farmi capire le tue capacità? Vieni qui, inginocchiati davanti a
me, e fammi vedere che sai fare con quella tua deliziosa boccuccia".
Presi un po' fiato... poi mi avvicinai a lui e mi inginocchiai come richiesto.
Lui fece cenno di dargli la mano, gliela porsi e me la mise sulla patta dei suoi pantaloni.
- "Cosa senti?", chiese.
- "E' duro", risposi.
-
"Vero? Anche se non sembra, sono ancora in forma per queste cose", poi
alzò lo sguardo verso Franco, che evidentemente aveva fatto un passo per
uscire dalla stanza, dicendogli: "No... resta con noi. Mi fa piacere
avere pubblico e poi così valuteremo insieme le doti della tua amica".
Mi
chinai, e, come previsto, la gonna si alzò così tanto da lasciarmi le
natiche completamente visibili, poi gli estrassi il pene e mi ritrovai
davanti un membro che esprimeva ancora un vigore che mai avrei pensato
guardando le condizioni di quell'uomo.
Iniziai quindi prima a
muoverlo con una mano, su e giù, ma era già durissimo di suo... quindi
gli dedicai delle lunghe e lente leccate, dei delicati baci sulla sua
cappella rossa e poi cominciai a succhiarlo.
Come la maggior parte
degli uomini alle prese con la mia bocca, non resistette molto, ma
sembrò godere comunque parecchio, perché dimenò non poco i fianchi e mi
tenne la testa spesso ferma, piantandomelo fino in fondo e dicendo:
"Così! Sì! Con la bocca bella piena! Continua così! Zoccoletta mia!".
E infine, al culmine, alzando la voce, mi ordinò: "Bevi! Bevi ogni goccia del mio nettare! Vedrai che ti farà bene!".
Un altro esaltato che si crede un padreterno, pensai.
Una caratteristica che accomuna molti uomini; persone perlopiù fragili, instabili o solo idiote.
- "Sei stata davvero brava! Era da tempo che non mi facevano una fellatio del genere!", disse ancora il vecchio.
- "Vero, Franco, che è stata brava?".
- "Sì, bravissima", rispose Franco, ma con un tono di voce molto debole, che non gli avevo mai sentito usare.
- "Sono sicuro che lo ha fatto anche a te, vero?", gli chiese senza problemi il signor Arturo.
- "Sì, è così", gli confermò Franco, sempre con quel tono trattenuto.
- "Certo... è normale che tu testi il personale. Lo faceva anche tuo padre, se non sbaglio."
Quella
fu una frase pronunciata con un tono di supponenza tremendo, e che, a
giudicare dalla sua espressione, fece evidentemente male a Franco.
- "Hai bevuto tutto, zoccoletta?", disse invece a me il signor Arturo, "Fai vedere, apri bene la boccuccia!".
La aprii, testimoniando di aver ingoiato il suo seme.
-
"Brava! Ora alzati e vai in cucina. E' già tutto pronto per il pranzo.
Devi solo riscaldarlo un po'. Sei capace di farlo, vero?".
- "Sì", risposi.
- "Sì, signor Arturo. Ripeti da brava".
- "Sì, signor Arturo", dissi.
- "Oh, ecco una perfetta servetta!".
Avrei
voluto tirargli una sberla in faccia con tutta la forza che potevo
metterci, ma ero concentrata su Simona e sulla questione del negozio,
quindi andai in cucina e presi un po' confidenza con l'ambiente.
Poco prima di mezzogiorno arrivarono il figlio e il nipote del signor Arturo.
Il ragazzo era piuttosto carino, alto e con folti capelli castani, forse solo un po' pallido.
Immaginai
che avesse preso dalla madre, perché il padre, di nome Mauro, era il
contrario di lui: tarchiato, irsuto (almeno a giudicare le mani e dalla
parte di petto visibile sotto il collo) e abbastanza brutto nel suo
insieme.
Non assomigliava neanche al signor Arturo... ma non mi feci troppe altre domande.
Venni presentata ai due, per poi, da brava cameriera, servire a tutti un aperitivo.
Appena avvicinatami a lui, Mauro non perse occasione per infilare una mano sotto la corta gonna e palparmi il culo!
Mi
allontanai subito, andando verso Giorgio e cercando di attaccare
bottone, cosa che accadde immediatamente; il ragazzo, di solo un anno
più grande di me, si rivelò essere timido ma molto garbato, intelligente
e anche colto... sembrava quindi un pesce fuor d'acqua in quella
orribile famiglia.
Poco dopo, in una sala apposita, servii il pranzo
lasciato in cucina da Xi con tutte le indicazioni del caso, schivando
come potevo le mani di Mauro, e poi, una volta portato anche il caffè,
loro si rilassarono in salotto bevendo liquori mentre, restando in
cucina, anche io mangiai qualcosa.
Con mia sorpresa mi raggiunse Giorgio, che chiese se poteva farmi compagnia.
Accettai volentieri, perché, al di là di quello per cui ero stata portata lì, quel ragazzo mi piaceva e lo trovavo simpatico.
Si
sedette, e dopo alcune chiacchere di circostanza fu lui a chiarire le
cose: "Anna... sai, io so bene che tu non sei una cameriera, anche se ti
impegni ad essere persino professionale. So bene perché sei qui e chi
ti ci ha portato. E' quel Franco, vero? Altro bell'elemento. Non è la
prima volta che mio nonno e mio padre cercano di organizzare cose del
genere. E sai perché lo fanno? Perché sono loro ad essere chiusi in un
guscio, non io. Non ci vuole un genio per capire perché i loro tentativi
sono andati sempre male".
Avevo gli occhi fissi nei suoi... e dopo un po' capii a cosa si stava riferendo.
- "Sei gay?", dissi.
-
"Già", rispose, aggiungendo poi: "E questo, in una famiglia come la
mia, è una colpa peggiore di qualunque crimine. Per loro è una cosa
inconcepibile. La considerano una malattia. Per questo rifiutano di
accettare la realtà e imbastiscono queste oscene pantomime".
Mi sentii terribilmente a disagio nei suoi confronti e se ne accorse subito.
-
"Oh, non è colpa tua, Anna. Non posso dire di conoscerti, però mi hai
dato un'impressione diversa, migliore da altre persone convocate,
diciamo così, da mio nonno. Per questo ho deciso di parlare con te.
Oltre che di confidarmi. Non è una cosa da poco, ti prego di
considerarlo".
- "Lo considero, Giorgio. E di questo io ti ringrazio
molto", risposi, "E sì, spero davvero di non avere nulla a che fare con
le altre persone che ti hanno imposto di incontrare. Nella mia vita ho
fatto tanti sbagli, anche cose di cui non sono affatto fiera, come
questa, ma se sono qui oggi non è per far del male a te. Ti prego di
credermi".
- "Io ti credo. So bene chi è Franco. Quindi anche tu
credi a me: stai lontana da lui. Finirà male, come suo padre. E
trascinerà con sé tutti quelli che ha intorno", mi rispose Giorgio.
In quel momento entrò in cucina Mauro, con l'evidente scusa di prendere un bicchiere d'acqua.
- "Potevo portarglielo io", dissi.
-
"Comoda comoda, stellina. State facendo amicizia, ragazzi?", chiese in
maniera sottilmente maliziosa, aggiungendo poi: "Proprio carina la
nostra Anna, eh, Giorgio? Il nonno ci ha fatto proprio una bella
sorpresa, oggi!".
- "Sì, è una ragazza meravigliosa", rispose Giorgio.
- "Bene, vi lascio e torno dai grandi", congedandosi da noi con quella frase tragicomica.
Dopo poco, dal salotto giunsero delle risate, ma, se non mi sbagliavo, a ridere erano solo Mauro e suo padre, ma non Franco.
Io
fissavo Giorgio e lui, con un sorriso triste, disse ancora: "Mi
dispiace che ci siamo incontrati così, in questo modo. In un'altra
occasione saremmo magari potuti diventare amici. E solo Dio sa quanto io
abbia bisogno di amici".
- "Hai avuto molto coraggio ad aprirti con
me. E lo stesso io farò con te. Se potremo essere amici lo deciderai tu.
A me piacerebbe esserlo per te", risposi
Gli raccontai quindi tutta
la questione del negozio, di Simona, della mia relazione con lei ma non
solo, anche cose mie passate, delle prime passioni adolescenziali ai
turbamenti erotici successivi, dei rapporti avuti con i miei cugini, di
quello che era stato il mio più grande amore, Peter, e poi quello che
patii da mio zio e a Rimini, ma anche di persone come Rita e Jean-Luc, e
del sostegno inaspettato che ricevetti da loro.
Alla fine, dissi: "Spero di non averti annoiato o qualcosa di peggio, Giorgio".
-
"No, no. Tutt'altro, Anna. Anzi, mi hai solo confermato la prima
impressione avuta di te, ovvero che siamo molto affini", quindi iniziò a
raccontare le sue di esperienze, la scoperta della sua omosessualità, i
primi goffi e difficili rapporti con i ragazzi e il tormento di dover
vivere nascondendo quella parte di sé alla sua famiglia.
Mi ricordò
molto quello che mi aveva narrato in diverse occasioni in negozio il
signor Riccardo... e in quel momento mi venne un'idea.
- "Sai, c'è
una persona che vorrei farti conoscere. Si chiama Riccardo, è il
proprietario del negozio dove lavoro. Anche lui è gay, ma ha una certa
età e oggi potrebbe esserti di non poco sostegno. Di sicuro sarebbe un
ottimo amico".
Poi aggiunsi: "Vogliamo provare a fare un gioco? Se va
bene, ti toglierai di dosso tuo nonno e tuo padre, almeno per un bel
pezzo".
- "Che gioco?", chiese.
- "Tu fidati. Chiudi gli occhi. Respira a fondo... rilassati... e fai conto che io non sia qui".
Lui
chiuse gli occhi, respirando profondamente per alcuni minuti, poi,
aprendo le mie gambe mi sedetti sulle sue e in un orecchio cominciai a
raccontargli molte delle esperienze sessuali vissute dal signor
Riccardo (ero certa che lui sarebbe stato d'accordo), soffermandomi su
quelle più eccitanti, accarezzando intanto il pene di Giorgio.
Dopo
un po', sentii che stava avendo un'erezione, quindi, continuando a
raccontare, glielo estrassi e iniziai a masturbarlo dolcemente.
Durò parecchio, e mi diede l'impressione di apprezzare molto la cosa, godendosi la mia mano ma, credo, molto di più i racconti.
Poi,
inevitabilmente, venne, in maniera davvero copiosa, ricoprendomi
completamente le dita e il polso di un liquido caldo e molto denso.
- "Mi... mi è piaciuto", disse Giorgio.
- "Anche a me", risposi.
-
"Ora, tu hai già capito quello che devo fare. Ma sai anche che tra noi
c'è un patto. Dopo ti scriverò l'indirizzo del negozio. Sarai il
benvenuto. Ora resta qui e non badare a quello che accadrà nell'altra
stanza".
Mi sollevai da lui, uscii dalla cucina e mi diressi dai tre uomini nel salone.
Arrivata
lì, vidi che la televisione e il videoregistratore erano accesi, sullo
schermo stava andando un film porno ma il volume era bassissimo.
Quando si dice la raffinatezza...
Senza dire una parola, mostrai la mano coperta di sperma.
Al
vegliardo gli si illuminarono gli occhi, neanche avesse visto il Santo
Graal, mentre il figlio, da perfetto coglione quale era, disse ad alta
voce: "E brava la puttanella! Ce l'hai fatta al primo colpo!", per poi,
in piena fregola, aggiungere: "Ora completa l'opera! Hai spompinato mio
padre, ti sei fatta mio figlio, ora ti scopo anche io! Sono sicuro che
non te l'ha messo nel culo! Ma è da stamattina che invece io te lo
guardo e ora te lo apro anche!".
Si mosse con una tale rapidità che
quasi non lo vidi, ritrovandomi con le mani appoggiate ad una delle
grandi vetrate della stanza (sporcandola inevitabilmente con il seme di
Giorgio), la gonna alzata e le mutandine abbassate, sentendo poi due
grosse dita che mi inumidivano l'ano.
Mauro mi spinse indietro i
fianchi facendomi sollevare le natiche, poi posizionò il suo sesso e mi
penetrò brutalmente, facendomi male e dicendo: "Così! Tutto dentro! Ti
piace prenderti un bel cazzo duro mentre guardi il Castello dall'alto?"
Non
risposi, ma non potevo certo avere altre aspettative da un uomo simile,
di sicuro non quella che cercasse l'appagamento anche della sua
partner, occasionale o meno che fosse.
Abbassai solo la testa per non
far godere anche il vecchio delle mie espressioni di dolore, visto che
intanto si era avvicinato a noi con la sua sedia, con gli occhi fissi su
di me e nel suo volto una malcelata soddisfazione, tanto che disse: "Mi
piacerebbe mettertelo ancora in bocca, ma sono scarico".
Franco, invece, mi dava le spalle, guardando altrove.
Mauro non durò molto: "Ti riempio il culo, scrofetta!", disse, venendomi dentro.
In
quel momento, il signor Arturo, con una voce che non ammetteva
repliche, disse: "Stai ferma lì, ragazza. Ora tocca a te, Franco.
Scopala anche tu!".
Io girai solo un po' la testa e vidi che Franco
era rimasto sorpreso dalla richiesta, oltre che indeciso su cosa fare,
ma poi cominciò ad avvicinarsi; allora rivolsi lo sguardo ancora verso
l'esterno e lui mi prese, così, in piedi, penetrandomi però davanti e
dando un altro suo contributo a quella giornata.
A differenza della prima volta con lui, qui fu tutto molto freddo, automatico e non sentii praticamente nulla se non fastidio.
Prima di finire, estrasse il suo sesso coprendomi le natiche con un tiepido getto.
Con
una perfidia rara, il signor Arturo aggiunse ancora: "Hai ancora un
compito, cameriera. Hai sporcato il vetro. Puliscilo. Ma con la lingua.
Che nessun nettare della mia famiglia deve andare sprecato".
Respirai a fondo, poi mi avvicinai al vetro e leccai via la macchia di sperma che si era prodotta.
Infine mi girai, presi i miei vestiti, andai in un bagno, mi lavai, cambiai e tornai da Franco, dicendo: "Possiamo andare?".
-
"Certo... certo... potete andare", disse il signor Arturo, "E,
Franco... sono molto soddisfatto di te. Oh, anche di te, Anna, eh... sei
stata bravissima anche tu. Spero anzi di rivederti!", aggiunse poi
ridendo di gusto insieme a suo figlio.
Andando verso la porta di casa, sull'uscio della cucina si palesò Giorgio.
Era in lacrime.
Capii che avevo sentito o forse anche visto cosa era accaduto nell'altra stanza.
Gli
accarezzai il viso e lo abbracciai, dicendogli sottovoce: "Ti aspetto
in negozio, insieme a Riccardo. Mi raccomando. Vedrai che lì tutto andrà
per il verso giusto", e scrissi l'indirizzo su un foglietto.
Mentre lo stavo baciando su una guancia per salutarlo, lui disse: "Perdonaci, se puoi".
-
"Non ho nulla da perdonare a te. Tuo padre e tuo nonno sono persone
morte dentro, e non hanno nessuna importanza. Tu invece sì, e devi
pensare a salvarti", risposi.
Era ormai tardo pomeriggio, quasi sera.
Franco mi riaccompagnò a casa, senza dire una parola ma nero in volto.
Una
volta arrivati, gli dissi: "Avevi parlato di cinque incontri. Questo è
il secondo a cui partecipo. Aggiungendo quello dove hai mandato Simona
oggi, sono tre. Ne mancano due, uno a testa tra Simona e me. Dopo di che
chiudiamo la cosa degli interessi sul prestito e noi due non ci vedremo
mai più".
Scesi sbattendo la portiera della macchina, ma aprendo il
portone di casa vidi che Franco era ancora fermo lì, un po' piegato in
avanti... ebbi come l'impressione che stesse male, forse addirittura
piangendo... nonostante tutto mi fece una gran pena e mi ritornò in
mente il discorso fatto da Giorgio su suo padre.
Chiusi il portone e salii in casa.
Appena arrivata telefonai a Simona, che per fortuna trovai subito.
Le
chiesi della sua giornata, per sincerarmi che Franco avesse mantenuto
la parola: mi raccontò che l'aveva trascorsa con un vecchio, desideroso
solo della compagnia di una bella donna e che il massimo che era
riuscito a fare era di palparle le tette.
- "Tu dove sei stata?", mi chiese.
-
"Anch'io da un vecchio... anche per me è stata una giornata noiosa. Ma
meglio così, e da quello che ho capito anche il prossimo incontro sarà
uguale", dissi.
- "Sì, meglio così... sono stata molto in pena per te, oggi".
- "Non c'è bisogno... sai che so badare a me stessa".
Non mi piaceva mentirle... ma per ora le cose dovevano restare in questo modo.
Mi feci una lunga doccia e me ne andai a letto, ma quella notte non riuscii a dormire.
2 commenti:
Come sempre un riuscito mix di bollenti situazioni erotiche ben orchestrate e la descrizione di personaggi plausibili.
Bello il dettaglio dei racconti del signor Riccardo riutilizzati in questo modo.
Complimenti!
Sebas
Molto coinvolgente la situazione tra Anna e Giorgio, anche anomala, direi (non mi azzardo a dire inedita, perché magari non lo è). Le scene di sesso sono raccontate sempre con grande efficacia, ma come anche ogni altro aspetto di questi racconti, che sono sempre pieni di molti altri argomenti e spunti.
Sonia B.
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