Terminano oggi "le Memorie di Anna" con un episodio che è insieme eccitante, commovente e anche un pò triste.
Monika è riuscita a creare un piccolo universo ove l'erotismo riesce perfettamente a convivere con una trama convincente e con personaggiben tratteggiati.
Personalmente mi ritrovo molto nel leggere questo tipo di storie con questo tipo di caratteri...... non finirò mai di fare i complimenti a Monika e ringraziarla... sperando di poter leggere qualcos'altro di suo!
Donato
PS da TIPPY: Ringrazio anch'io la bravissima MoniKa per le storie che ci ha fino ad ora regalato. Spero che in futuro tornerà ad offrircene di nuove! Avverto poi tutte le lettrici e tutti i lettori del blog che arrivati a Giugno, le uscite dei nostri post saranno solo di Giovedì, seguendo quindi una programmazione più leggera ed estiva. In autunno poi probabilmente torneremo a pubblicare anche al martedì.
Un abbraccio !!
Tippy
La mattina dopo fui svegliata dal profumo del caffè.
Ci misi un po' a rendermi conto di dove ero, fino a che vidi passare Franco in corridoio.
Vedendomi sveglia, si fermò sulla porta dicendo: "Potevi dormire ancora un po'... Ho fatto il caffè, ne vuoi?"
- "Sì, grazie".
-
"Stai lì, te lo porto io", disse, e poco dopo arrivò portando un ampio
vassoio contenente tazzine, biscotti, cornetti, fette biscottate,
zucchero e marmellata.
Avevo una fame tremenda e divorai quasi tutto,
rendendomi conto solo alla fine che Franco aveva mangiato giusto due
biscotti e bevuto il caffè.
- "Scusa", dissi.
- "Non ti preoccupare, mi fa piacere vederti mangiare".
Poi si alzò, portò il vassoio in cucina e si mise a lavare tazzine e posate.
Io lo raggiunsi, ma come feci per sedermi sentii di nuovo il dolore alle natiche per le frustate prese la sera prima.
-
"Aspetta", disse lui... andò quindi in un'altra stanza e tornò poi con
un morbido cuscino che posizionò sulla sedia: "Prova ora".
In effetti la cosa andò meglio.
- "Dopo ci mettiamo ancora un po' di pomata. Vedrai che nel giro di un paio di giorni ti passerà tutto".
- "Mi vuoi dire perché hai agito in quel modo ieri sera?", gli domandai.
Lui continuò a rassettare... solo dopo un po' venne al tavolo a sedersi.
-
"Quello che ho fatto ieri è stata la cosa migliore della mia vita. Non
saprei neanche dirti come sono riuscito a farlo, se non che non potevo
più accettare che ti facesse del male. E per colpa mia. E' stato più
forte di me, ma non è una cosa che mi emersa dentro ieri".
- "Quando
abbiamo passato la prima notte insieme, la mattina dopo, prima di
lasciarci, hai detto una cosa che non ho capito bene. Ricordo una sola
parola, "Prima". Cosa volevi dire?", gli domandai dolcemente.
Mi guardò ma non rispose, poi si alzò, andò alla finestra e si mise a fissare fuori.
- "Se vuoi restare qui oggi per me va bene. Se preferisci tornare a casa, invece, ti accompagno", disse soltanto.
Gli
chiesi se potevo fare una telefonata a Simona, perché sicuramente era
in pensiero; e infatti così la trovai, ma la rassicurai subito,
promettendo di raccontarle tutto alla prima occasione.
Poi restai lì, con Franco, nella speranza che si decidesse a raccontarmi qualcosa.
Avevo
addosso solo un suo pigiama, che mi andava largo, ovviamente, e che mi
dava un'aria goffa e buffa, ma che tenni volentieri, vedendo la sua
espressione vagamente divertita.
A pranzo cucinò lui, cavandosela anche bene, poi passammo il pomeriggio sul divano a vedere due vecchi film.
Mi
preparò del tè, curò ancora le irritazioni sulla mia pelle con la
pomata, e la sera, dopo aver cenato frugalmente, andammo a letto presto.
Era
stato un tesoro per tutta la giornata, un uomo diverso da quello
sfrontato, opportunista, cinico e anche volgare che avevo visto negli
ultimi mesi.
Tempo prima mi era venuta in mente l'immagine di Franco
come coperto da diversi strati di armature, ma solo ora mi sembrava di
vederlo per quello che era: una persona normale, anche dolce, ma
terribilmente sola e di sicuro ferita.
Nel buio, mi accovacciai vicino a lui chiedendogli: "Hai voglia di dirmi qualcosa di te?".
Si
prese il suo tempo, poi rispose: "Non c'è molto da dire, Anna. Io sono
un uomo inutile. Un fallito. Schiacciato di certo dalla presenza di un
padre soffocante, manesco, disonesto e persino criminale, ma non ho
fatto mai niente per reagire a tutto quello, pur sentendo dentro di me
che era sbagliato. Anzi, dopo la sua morte, ho portato io avanti tutti i
suoi intrallazzi, mischiandomi alla peggiore feccia esistente, come
quella che hai potuto ben vedere anche tu. Mio padre si era fatto
moltissimi nemici, gente anche crudele, e quelli che lui considerava
amici erano in realtà persone che lo tolleravano per i debiti che aveva
accumulato con loro. Sto cercando di saldare io quei debiti, per non
perdere tutto, ma l'unico modo che conosco è quello che ho imparato da
lui: sfruttare il prossimo".
- "Ma non sei un avvocato? Non guadagni abbastanza?", domandai.
-
"Io, un avvocato? Non scherziamo! Non ho mai seguito nessuna
preparazione professionale e vivo di quella misera eredità che mi ha
lasciato quel disgraziato di mio padre. Mia madre è morta di crepacuore,
di sicuro a causa sua e quando io avevo pochi anni, quindi non ho
neanche ricordi di lei. Strappo alla vita quello che riesco. Ma faccio
solo del male, a me e agli altri. Ora l'eredità sta finendo, io sto
annaspando e i contatti che riesco a trovare sono solo tra gente di
merda senza nessuna dignità, quindi la marea sta per travolgermi".
Non
immaginavo niente del genere... io rimasi senza parole mentre lui
proseguì: "Ieri sera non ce l'ho fatta più e ho reagito. Quell'uomo è
terribilmente disturbato! Io gli ho visto fare cose davvero schifose. Ma
ho raccolto molte prove su tutti i suoi vizi, cose che domani finiranno
in una questura. Deve pagare per tutto. Sai perché ho accettato la sua
nuova richiesta di una ragazza e ti ho portata lì? Per punirmi. Sì,
punire me! Perché volevo vedere fino a dove poteva spingersi la mia
vigliaccheria per non riuscire ad accettare la verità su cosa invece tu
mi hai fatto sentire. Perché io ho paura di tutto, Anna, anche delle
cose belle. E quindi volevo vederti umiliata nel peggiore dei modi:
scopata da un animale. Ma invece, in quel momento, mi è scattato
qualcosa dentro... forse la prima scintilla di luce della mia vita. E
non l'ho trattenuta".
Ebbi un brivido... non sapevo davvero come decifrare quell'uomo: aveva imparato ad essere un predatore ma senza esserlo davvero.
Gli chiesi ancora: "Cosa hai detto quel giorno davanti all'ascensore?".
Girò
la testa verso di me: "In te c'è uno spazio che supera ogni discorso
legato alla passione, al sesso, alla lussuria, alla carne, e che non
verrà mai sporcato, in nessun modo. Io credo che tu possa fare davvero
del bene a chi ti sta intorno. Anche sacrificandoti totalmente per loro.
L'hai dimostrato con Simona, venendo a chiedermi di esentarla dagli
incontri peggiori, ma ho sentito anche buona parte del discorso che hai
fatto a Giorgio, il nipote di quello schifo d'uomo che è Arturo. Quando
quella sera hai passato la notte con me, non eri costretta a farlo. E'
una cosa che è andata oltre il desiderio di sesso, credo reciproco,
consumato sul divano. E' stato un gesto di pura gentilezza. Per chi ha
vissuto sempre al buio, anche la luce di una candela può illuminargli
l'intero suo mondo. Per la prima volta, io ho sentito un po' di calore
umano. Non mi era mai capitato prima".
Gli accarezzai il volto e sentii che stava piangendo.
Lo abbracciai forte, tenendogli la testa sul mio seno, che venne riscaldato per ore dalle sue lacrime.
Il giorno dopo tornai al lavoro, ma non riuscivo a togliermi Franco dalla testa.
In tarda mattinata mi telefonò Simona, dicendo che Franco l'aveva chiamata e le aveva detto di controllare il suo conto corrente e di dire alla signora Elvira di fare lo stesso.
Lo avevano fatto, vedendo che erano tornati indietro tutti i soldi degli interessi sul prestito a lui chiesto per il negozio.
Io provai a telefonargli nella pausa pranzo, ma senza riuscire a trovarlo.
Nel pomeriggio, verso le quattro, vidi entrare in negozio Giorgio e gli corsi incontro abbracciandolo.
Lo presentai al signor Riccardo, che approfittò della visita per coinvolgere anche lui nella sua pausa tè, questa volta senza parlare dei suoi "incontri galanti".
Il signor Riccardo, come pensavo, fece un'ottima impressione su Giorgio e li vidi parlare per ore, cosa che si concretizzò in un aspetto pratico, perché, visto che eravamo ormai già entrati nel periodo natalizio, Giorgio ci avrebbe dato una mano al negozio facendo consegne a domicilio, quindi la nostra frequentazione diventò quotidiana.
Mi disse in più occasioni che sentiva una colpa tremenda per quello che io avevo subito a casa di suo nonno e non smise mai di ringraziarmi per averlo comunque invitato lì.
Io continuai a dirgli che lui non c'entrava nulla con suo nonno e suo padre, anzi, e che adesso si stava facendo l'unica cosa sensata: salvarsi da solo.
In serata e nei giorni successivi tentai ancora di chiamare Franco, ma sempre inutilmente.
Mi richiamò invece lui dopo circa una settimana, chiedendomi come stavo e se erano passate le irritazioni sulla pelle.
Gli risposi che stavo bene e che sì, grazie alla sua pomata, ora era tutto a posto.
Mi disse di prendere il giornale in quei giorni e di leggere la pagina della cronaca.
Due giorni dopo apparve la notizia dell'arresto di Ludovico: Franco aveva davvero consegnato le prove in suo possesso alla polizia.
Mi domandò poi se avevo impegni per il cenone di capodanno, gli dissi di no, quindi chiese se mi andava di passarlo con lui in un ristorante fuori Milano che conosceva bene.
Accettai volentieri.
Nel frattempo avevo rivisto Simona, ovviamente, e una sera, mentre stavamo mangiando a casa sua, decisi di raccontarle tutto della vicenda degli incontri, di cosa avevo chiesto a Franco di fare, di come erano andati davvero quelli a cui avevo partecipato.
La vidi irrigidirsi e fissarmi con uno sguardo terribilmente severo.
Poi si alzò, si avvicinò e mi tirò un fortissimo schiaffo in faccia!
Io rimasi seduta, senza dire nulla, con la testa solo un po' abbassata e la guancia in fiamme per la sberla ricevuta.
- "Sei stata una pazza!", mi disse urlando e sbattendo le mani sul tavolo, "Ma ti rendi conto di cosa hai rischiato?! Te ne rendi conto?! Potevamo fare tutto restando insieme e limitando probabilmente tutti i pericoli!".
Per un po' nessuna delle due disse nulla... poi, mi decisi a spiegarle i motivi per cui avevo agito in quel modo: "Non volevo che qualcuno ti facesse ancora del male".
- "E quello che hanno fatto a te? Pensi che non mi faccia male, questo? Che il solo pensiero che sei stata lì, in mano a quelle bestie, mi potrà adesso lasciare serena?!"
- "Ho rischiato, sì... è vero. Magari sono davvero pazza, come dici tu. Una completa irresponsabile. Però così facendo ho guadagnato un amico, Giorgio, che ti presenterò, e ho scoperto un lato di Franco che mai avrei immaginato e che hai già appurato anche tu con la questione dei bonifici restituiti. A volte le scelte che si fanno, per quanto rischiose, possono portare in luoghi sconosciuti ma non per questo brutti. E poi, io so solo che ti voglio bene".
A quel punto, Simona scattò verso di me stringendomi in un abbraccio e baciandomi lungamente, e infine, con gli occhi umidi di lacrime, disse: "Mai come te ne voglio e te ne vorrò sempre io!".
Diedi i miei regali di Natale a lei, a Giorgio e al signor Riccardo un po' in anticipo, ma il signor Riccardo non si fece trovare impreparato e ricambiò con quello che aveva già preparato per me, e poi, per le feste andai a casa dei miei, che non vedevo da mesi, ormai.
Furono giorni sereni: la distanza ci aveva paradossalmente uniti tutti un po' di più.
Tornai a Milano il 30 dicembre e chiamai Franco per metterci d'accordo per il giorno dopo.
Lui mi confermò l'appuntamento e la prenotazione al locale.
La sera dopo, all'orario stabilito uscii dal portone di casa e, pur se c'era una nebbia che si tagliava con il coltello, due fanali lampeggianti mi avvertirono che era già lì ad aspettarmi.
- "Stai benissimo vestita così", disse, e apprezzai molto la cosa, perché quel tailleur l'avevo scelto e messo proprio per lui.
Il suo sguardo, così attento e avvolgente, mi diede una piacevolissima sensazione.
Il tragitto in macchina durò circa una mezz'oretta e fu l'occasione per scambiare due chiacchere, raccontandoci come era andata dall'ultima volta che ci eravamo visti.
Lo trovai un po' meglio del solito... aveva anche un po' di barba, non rasata da qualche giorno, che invece di dargli un'aria trasandata gli conferiva un tono di maggiore maturità e, devo dire, anche di virilità.
- "Ti ho portato un regalo", disse.
- "Un regalo? Per me?", chiesi.
- "Sì, certo".
- "Anche io ho un pensiero per te", replicai.
- "Non era necessario: aver accettato il mio invito è già un regalo, Anna", mi rispose.
Al primo semaforo rosso, colse l'occasione per girarsi verso il sedile posteriore e prendere un pacchetto che poi mi diede.
Nel muoversi si era avvicinato molto a me, tanto che sentii il suo profumo: davvero buono.
- "Aprilo, che aspetti?", mi incitò, "Natale è già passato", aggiunse ridendo.
Forse era la prima volta che lo sentivo ridere.
Io aprii il pacchetto e mi trovai in mano un oggetto mai visto prima: era un cellulare, uno dei primi in commercio, abbastanza ingombranti e costosissimi.
- "Ma sei matto?", gli dissi, quasi a rimproverarlo, "Questa roba costa una fortuna!".
- "Sciocchezze! E poi tu sei giovane, devi tenerti al passo con la tecnologia".
- "Ma non so neanche come usarlo".
- "Te lo insegno io. Il cellulare è già attivo e il mio numero già memorizzato. Poi inserirai quelli che vorrai".
Lo ringraziai di nuovo, davvero sorpresa da quella attenzione.
Una volta arrivati venimmo accolti dal gestore del locale, che ci condusse in una saletta un po' appartata e con pochi tavoli.
Lì gli diedi il regalo che gli avevo portato; era un braccialetto a varie fasce di pelle e canapa, con perline di legno, pietre colorate e inserti in metallo in stile orientale, fatto da me in negozio.
- "E' un portafortuna", spiegai.
Lo guardò a lungo, commosso, poi disse: "E' bellissimo!".
La cena fu ottima, ma entrambi bevemmo forse qualche bicchiere di troppo.
Verso la mezzanotte i camerieri portarono diversi giri di spumante che non rifiutammo, desiderosi di tenere lontano ogni cattivo pensiero.
Cambiai posto e mi sedetti vicino a lui, cingendogli un braccio e appoggiando la testa sulla sua spalla, mentre lui mise la sua mano su una mia gamba, accarezzandola dolcemente.
Arrivata mezzanotte, tutti i presenti - alcune famiglie con bambini - vollero andare sull'ampia balconata del ristorante per vedere e sparare i fuochi d'artificio, ma né io né Franco ci pensammo minimamente, perché, scoprimmo in quell'istante, nessuno dei due aveva mai amato troppo i botti di capodanno.
Quindi, in quella stanza un po' in penombra, restammo soli.
Gli schiamazzi provenienti dalla balconata aumentavano sempre più e a quel punto Franco si girò verso di me baciandomi con passione.
Non aspettavo altro, ma quel bacio così irruento mi sorprese comunque!
Le nostre lingue finirono subito per cercarsi e ovviamente trovarsi.
Aveva cominciato a palparmi un seno, con non poca foga, per poi prendere la mia mano e appoggiarla sul suo pene, che sentivo già durissimo sotto il pantalone.
Non la scostai di un millimetro, anzi, iniziai a massaggiarglielo, sentendomi le guance e la fronte in fiamme, non so se per l'eccitamento che mi stava suscitando quella situazione o per il troppo vino.
Franco mi sussurrò in un orecchio: "Prendimelo in bocca! Fammi sentire ancora la tua lingua!".
Io mi sporsi velocemente verso la zona della balconata, per assicurarmi che fossero ancora tutti lì alle prese con i fuochi d'artificio, e così era, camerieri compresi, allora tornai al nostro tavolo, vedendo che se lo era già tirato fuori.
Avevo il cuore che mi andava a mille, ma il rischio di venire scoperti mi inebriava invece che spaventarmi.
L'attrazione che quel membro in piena erezione esercitava su di me vinse comunque ogni prudenza; mi sedetti vicino a lui e, coperta un po' dal tavolo, iniziai a leccarglielo, usando al meglio la lingua sulla sua cappella e per tutta la lunghezza del manico.
Glielo presi poi tutto in bocca, succhiandolo con decisione, ma la cosa non durò a lungo, perché sentimmo dei rumori provenire dalla stanza attigua e della gente dire: "Che freddo che fa fuori!", segno che alcuni stavano rientrando, quindi, anche se a malincuore, ci ricomponemmo.
In quel momento gli dissi che volevo fare gli auguri ai miei e ai parenti; lui mi ricordò il cellulare in macchina, quindi pagò il conto e uscimmo.
Una volta arrivati in auto ricominciammo però subito a baciarci, e solo dopo un po' mise in moto e ci dirigemmo verso Milano.
La nebbia, se possibile, era ancora più fitta.
La mia mano era di nuovo sul suo pacco, palpandoglielo di gusto, e avevo lo sguardo così fisso su di lui che non mi accorsi della piccola deviazione che aveva fatto, arrivando a fermarsi sotto un buio cavalcavia.
Lì io glielo tirai ancora fuori, riprendendo a fargli il servizietto di bocca, e poco dopo, mentre mi palpava con forza le natiche, disse: "Ho una voglia pazza di te, Anna! Non resisto più!".
Come un automa, mi sollevai del tutto la stretta gonna e mi abbassai le mutandine.
Lui mi fece stendere supina sul sedile di fianco al suo, mi allargò bene le gambe e iniziò a farmi un cunnilingus, cosa che non mi aspettavo e che apprezzai moltissimo.
A quel punto, prese il cellulare e mi disse: "Chiama i tuoi parenti e fagli gli auguri".
Mi sembrò un gesto un po' perverso, ma che trovai comunque eccitante - ogni cosa lo sarebbe stata a quel punto - e quindi digitai il numero di casa mentre Franco, con una indiscussa capacità, continuava a leccarmi in mezzo alle gambe.
Alla telefonata rispose mio padre e io, ormai tremante e in preda a smanie, gli feci gli auguri di buon anno ma senza riuscire ad aggiungere molto altro, perché dovetti mordermi una mano per non emettere forti gemiti di godimento.
Per fortuna al telefono parlò solo lui, per poi passarmi mia madre, che si rassicurò che andasse tutto bene.
Questo nell'esatto momento in cui Franco mi posizionava a 90° sul sedile e riprendendo a leccarmi la figa.
- "Mai stata meglio", le dissi, al che, dopo avermi raccontato di alcune cose di parenti e conoscenti, mi venne passata la zia Maria, che mi era molto affezionata.
Proprio in quell'istante sentii il cazzo di Franco entrare in me: me lo spinse dentro con decisione e io serrai le labbra con forza per non urlare, tanto era il piacere che sentivo.
Mentre la zia mi parlava, io ricevevo i colpi di quell'uomo, che mi montava senza sosta.
- "Ti auguro il meglio per l'anno venturo, cara! Goditi la serata", diceva la zia la telefono.
- "Sì... sì... sìììì, lo sto... facendo... anche voi tutti... zia", risposi al telefono con la voce in affanno.
Poi sentii due dita di Franco che mi stavano inumidendo l'ano, cosa a cui contribuì anche io riempiendo alcune dita di saliva per poi passarmele sul buchetto posteriore.
Sottovoce lui disse: "Ti va?" e io gli gli sussurrai: "Sì! Sì! Ti prego! Fammelo sentire fino in fondo!".
Quindi me lo infilò dentro, piano ma completamente, aumentando poi il ritmo, dandomi poderosi colpi alla natiche mentre avvertivo i suoi testicoli sbattere con regolarità contro la mia figa.
La zia stava ancora parlando quando Franco, in preda all'amplesso, quasi urlò: "Ti apro il culo! Sei di burro!".
- "Come?", disse la zia al telefono.
"Nien... niente zia... c'è... c'è confusione, sono... sono ad una festa. Saluta... mi tutti".
Spensi e feci cadere il cellulare dicendo: "Scopami! Scopami! Spingimelo dentro! Inculami così, bravo!" poi, senza più fiato, iniziai a masturbarmi con forza finché non venimmo entrambi: io sulle mie dita e lui, sussultando, dentro di me e in maniera copiosa, da quello che sentii.
Una volta appagati i sensi, restammo in macchina ancora molte ore, mezzi nudi, abbracciati e coperti dalle nostre giacche.
Dopo un po' disse: "Te lo saresti immaginato un capodanno così?".
- "No", risposi, "Ma stasera, appena ti ho visto, ho avuto voglia di te".
- "Sapessi io", e aggiunse: "Volevo cancellare il ricordo di quella volta da Artur..".
Lo interrompi mettendogli una mano sulla bocca: "No, niente pensieri tristi... godiamoci il momento".
Lui mi baciò le dita e insieme fissammo il cielo, ora libero dalla nebbia e stracolmo di colori ed esplosioni, proprio come mi sentivo io.
Ero convinta che l'anno appena iniziato sarebbe stato speciale.
A gennaio vidi Franco ancora tre volte; facemmo sesso in ogni occasione, sempre con un forte appagamento reciproco.
Sembrava un po' più sereno del solito, ma quella cappa di tristezza che si portava addosso non accennava a passare.
Chiesi: "E il braccialetto? Non lo indossi?".
- "E' sempre sul mio comodino... ma usandolo temo di rovinarlo", disse.
Una volta entrato chiese scusa per l'improvvisata, presentandosi a Simona e dicendo che "Dovevamo parlare".
Prese posto al tavolo in cucina, quindi iniziò: "Anna, ti prego innanzitutto di non avercela con Giorgio; è un caro ragazzo, ma facendogli delle domande su come vi siete conosciuti gli è scappata qualche parola di troppo, di sicuro senza volerlo. Ora, io vorrei sapere come ci sei finita nella casa di suo nonno a prostituirti, anche se un'idea me la sono fatta. E parlo così chiaramente perché credo che la cosa riguardi entrambe voi".
Era impossibile nascondere qualcosa a quell'uomo!
Poi, senza farci rispondere, continuò: "Ti avevo detto che se avevi un qualsiasi tipo di problema ti avrei aiutato io a risolverlo. Se hai fatto quella scelta, il problema sono i soldi, di sicuro. Non so cosa è accaduto, ma io ho diversi appartamenti, solo alcuni affittati, e posso venderne uno senza problemi".
Rimasi sbigottita, come anche Simona.
- "Ma... signor Riccardo, come potevo chiederle una cosa del genere?", tentai di replicare.
- "Ancora con questo "signor Riccardo"! Quante volte ti ho detto che mi devi dare del tu?".
- "Ma... no... cioè... è solo un modo per testimoniarle riguardo... io...".
Mi bloccò subito dicendo: "Frega un cazzo del riguardo! Mentre mi preoccupo molto di più se vai in giro a farti sbattere da tutti gli stronzi della città! L'hai fatto anche tu?", disse rivolgendosi bruscamente a Simona.
A quel punto, lei decise di raccontargli tutto.
Alla fine ci fu un lungo silenzio... che interruppe lui: "Capisco... la cosa si è risolta, quindi. Ma siete state delle incoscienti! Non voglio entrare a gamba tesa nelle vostre vite, non è questo che mi sta a cuore. Tu, Anna, sai bene che non sono un moralista; se qualcuno vuole prostituirsi per me lo può fare. Ma la prostituzione non è un gioco e voi avete corso dei seri rischi... dei gravi pericoli che potevano essere evitati!".
- "Ma... quello che lei dice poteva farlo per Anna, signor Riccardo, ma non per me. Io sono un'estranea per lei", disse Simona.
- "Stronzate! So bene quanto sei importante per la nostra brunetta, qui... quindi lo sei anche per me! Chiamatemi ancora una volta "signor Riccardo" e vi prendo a sberle a tutte e due!", replicò seccamente.
Non l'avevo mai visto così!
- "Perché non mi hai detto nulla, Anna?", mi chiese poi, quasi implorando.
- "Io... io non pensavo che... non... non volevo coinvolgere nessun altro", risposi tentennando.
Lui si appoggiò allo schienale della sedia, poi proseguì, fissandomi: "La mia vita me la sono fatta a modo mio, assumendomene ogni responsabilità. E non ho rimpianti. Tu lo sai, ti ho raccontato tante cose di me. Nessun rimpianto a parte uno. Avrei tanto voluto avere un figlio. O una figlia".
Quelle parole mi si ficcarono nel cuore, facendomi rimanere pietrificata.
Poi si alzò e si diresse verso l'uscita, aggiungendo solo: "Ti prego di considerarlo in futuro. Scusate se ho interrotto la vostra cena".
Io gli corsi incontro, buttandomi addosso a lui e abbracciandolo con forza!
Mi restituì l'abbraccio, baciandomi delicatamente sulla testa.
Ci raggiunse anche Simona e restammo lì, in piedi, stretti l'uno all'altro.
Il giorno dopo, appena arrivata in negozio, Giorgio mi chiese scusa per quello che si era lasciato sfuggire, ma lo tranquillizzai, dicendogli: "In realtà mi hai fatto un bellissimo regalo".
Nei giorni seguenti tentai di chiamare ancora Franco, ma non riuscendo mai a trovarlo.
Quasi per tutto febbraio non lo vidi né lo sentii e la cosa cominciava a rendermi inquieta.
Alla fine di quel mese, invece, Simona mi disse di aver appena ricevuto una sua telefonata, dove le chiedeva di perdonarlo per il male che ci aveva fatto e chiedendo notizie di me, sincerandosi che stessi bene.
Non capivo perché non mi avesse chiamato direttamente per chiedermelo.
Una mattina, verso il 10 di marzo, mi fermai come sempre a fare colazione nel bar sotto casa, quello di Isidoro, per le deliziose sfogliatelle napoletane che aveva e che adoravo e per buttare un occhio al giornale sul banco.
La notizia che lessi in fondo alla prima pagina della cronaca cittadina mi gelò il sangue: parlava di Franco, diceva che era morto in un incidente, ma che le cause erano ancora incerte.
Mi accasciai sulla prima sedia a portata di mano, incapace di reggermi in piedi.
Isidoro, sempre premuroso, mi chiese se stavo male e se volevo che chiamasse un'ambulanza; lo rassicurai... ma non riuscii ad alzarmi prima di un'ora.
La morte di Franco mi turbò molto... presi una pausa dal lavoro e mi chiusi in casa per diversi mesi, non cercando la compagnia di nessuno, anche se Simona mi fu vicino e cara come sempre.
Le cause della morte non vennero mai accertate del tutto e il sospetto che poteva forse essere stato ucciso non era così campato in aria.
In estate decisi che sarei rimasta in città e Simona fece lo stesso, per non lasciarmi da sola.
Riccardo - sì, ora gli davo del tu - ci rimaneva sempre e quindi approfittammo della cosa anche per portare avanti il lavoro.
Mesi dopo, verso la fine dell'anno, una mattina andai in un ufficio postale per spedire un pacco ad un cliente, ma dovevo sbrigare anche altre commissioni e avevo una certa fretta.
La cosa doveva probabilmente risultare evidente perché il ragazzo in fila prima di me mi chiese se volevo il suo numero per passare davanti.
Mi sembrò un gesto davvero carino, ma non me la sentii di accettare.
- "Insisto, disse", sempre con gentilezza.
A quel punto ci scambiammo i biglietti e passai al suo posto.
- "Tu lavori al negozio di restauro qui vicino?", chiese.
- "Sì... sì... sono lì da quasi due anni", risposi.
- "Sì, mi ricordo bene di te. Sei stata molto brava a rimettere in sesto la cornice di un vecchio quadro di mio padre".
- "Ah... perdonami, non mi ricordavo di averti già visto".
- "Tranquilla. E' più facile notare te che me", disse subito.
Sorrisi a quella galanteria, ma in realtà era molto carino anche lui.
Arrivò il mio turno e andai allo sportello, poi, prima di uscire, ci salutammo e lui mi propose di andare magari a bere un caffè nei prossimi giorni.
Dissi di sì, ma per pura cortesia, convinta che non lo avrei più rivisto.
Invece lo rividi, il giorno dopo e poi per moltissimi altri giorni.
Sì, perché quel ragazzo, di nome Giacomo, io me lo sono sposato.
Ovviamente non mancarono Riccardo e Giorgio, ma venne anche Rita, con mia grande gioia, così riuscii finalmente a presentarla a Simona, vedendo con piacere che si intesero subito.
Dopo alcuni anni nacque Stefania, mia figlia; una bambina stupenda, curiosa della vita ma anche delle cose di sua madre, considerando le scarpe che mi rubava di continuo per indossarle goffamente a suo modo.
Per anni non ho più scritto nulla su questo vecchio diario, ma alcuni giorni fa ho visto che Stefania, ora diventata una splendida ventitreenne, lo aveva in mano, trovato chissà come (la curiosità non le è mai passata), e che lo stava leggendo... quindi, forse, poi leggerà anche queste ultime righe appena aggiunte.
Immagino che alla fine mi arriveranno non poche domande da parte sua, ma sarà l'occasione per farle capire che anche sua madre è stata giovane, tutt'altro che infallibile ma di sicuro viva.
E se un giorno vorrà raccontarmi cose di lei che ancora non so, saprà che potrò essere anche una comprensiva amica.
7 commenti:
Riletto ora l'ultimo (sigh!) capitolo e il turbinio di emozioni, forti, intense, mi hanno preso alla bocca dello stomaco, esattamente come quando lo avevo letto in fase di stesura. Siamo amici e quindi sai benissimo cosa penso di te, ma vorrei sottolineare, in pubblico, ancora una volta, la tua straordinaria capacità di saper evocare certe atmosfere e certe situazioni che davvero ti catturano e ti rimangono dentro. Nei tuoi scritti si va molto al di là del semplice racconto erotico, teso ad accendere le fantasie di chi legge, su questo vai sempre a colpo sicuro (la scena in macchina di lei che scopa mentre è al cellulare, la trovo ancora adesso fantastica!). Voglio dire che al di là delle situazioni prettamente erotiche, raccontate sempre con uno stile riconoscibile, davvero notevole, ci sono tutte una serie di dinamoche che ruotano intorno ai personaggi, la loro catterizzazione psicologica (spesso, in questo genere di racconti ci si sofferma quasi solo sulla descrizione dell'aspetto fisico), concetti semplici, ma profondi, ne cito uno soltanto che emerge forse più di tutti, che è quello dell'amicizia e il suo vero significato. Insomma...c'è tanta roba, descritta con stile, classe ed eleganza. Vorrei poi ringraziarti pubblicamente per l'omaggio alla mia persona e dirti che...se capiti a Napoli, passa per il "mio" bar che un buon caffè e una sfogliatella napoletana non te la toglie nessuno.
Finalmente sono riuscito a leggere anche questo ultimo episodio, e dire che l'ho trovato davvero riuscito non rende l'idea, perché in più momenti mi è parso anche toccante, come nel confronto tra Franco e Anna o tra Anna e Riccardo.
Queste situazioni e personaggi non mi risultato mai scontati o vuoti, ancora di più in questo genere di racconti, che spesso puntano a un livello decisamente più terra terra.
La scena di sesso in macchina... beh... forse è meglio se non ci penso, ecco :-) :-)
Complimenti sinceri e sentiti, MoniKa MoniKa!
Sebas
Cara MoniKa,
fin dal primo tuo racconto con Anna come protagonista hai catturato la mia attenzione, perché da subito ho avvertito che c'era qualcosa di diverso, fuori dalla norma, nel senso che mi era parso di notare un sottofondo più elaborato, molto più inquieto, non prevedibile, che andava ben oltre e anche altrove le questioni legate al sesso, che di certo non mancava e pure ben raccontato, ma non era "tutto lì". E già in quel caso attesi le varie puntate con una certa partecipazione. Nel secondo racconto tutte quelle impressioni si confermarono (il personaggio di Rita mi colpii molto), e quindi non era stata una cosa occasionale, magari fortuita, ma una precisa scelta narrativa e una tua ottica su questo genere di storie. Beh, in questo terzo racconto io credo che tu ti sia superata, anche come controllo degli elementi distribuiti nelle varie puntate e poi raccolti in precisi momenti e con grande efficacia. Qui sono arrivata persino ad emozionarmi, credimi, e questo non mi era mai accaduto per un racconto erotico. Ma questo accade perché, come già detto, questi non sono "solo" (brevi) racconti erotici ma si va un po' oltre, e si riesce ad individuare i caratteri, le paure, le mancanze, i desideri ma anche le gioie quotidiane dei personaggi, ovvero quei sentimenti che ognuno di noi prova tutti i giorni, e questo fa vibrare di una vitalità inattesa questi racconti. Anche il finale, che non mi aspettavo così, chiude bene la vicenda di Anna, che da ragazzina in balia del mondo e di se stessa arriva a trasformarsi in donna appagata, oltre che madre.
Mi sono dilungata un po', lo so, ma ci ho pensato a lungo a questa ultima storia e a questo ultimo episodio. In ogni caso, grazie del tuo impegno e dell'immaginario che hai proposto.
Sonia B.
Conclusa la lettura anche delle ultime due parti, il mio giudizio su questa terza storia è proprio positivo.
Sempre molto accurata la descrizione dei personaggi, cosa che devo dire è cresciuta molto rispetto l'esordio della serie, e sempre coinvolgente l'aspetto erotico e sessuale delle vicende.
L'ultima parte l'ho trovata anche io emozionante, per via di alcuni sviluppi tra i personaggi.
Ringrazio la brava MoniKa per la sua fervida fantasia e chi sceglie le foto delle varie puntate per le nuove immagini della bella Anna (anche se nella quinta parte forse non è la modella di sempre).
Alla prossima!
Letto anche questo ultimo racconto che spero tanto non sia l'ultimo di questo personaggio, che trovo davvero intrigante ed eccitante!
WOW! SERIE MOLTO ECCITANTE!
Serie molto bella e protagonista proprio arrapante!
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