Ecco la seconda e ultima parte del secondo episodio di SOCIAL SEXY STORY, la antologica serie di racconti interattivi scritti in collaborazione con lettori e lettrici del blog. La nostra scrittrice MoniKa ha scelto il lungo e intrigante seguito scritto da Isi al racconto da lei proposto (potete rileggere la prima parte ).
Oggi apprenderemo il finale in un crescendo di sensazioni e trasgressioni che decreteranno una volta per tutte una svolta nella vita "erotica" dell'affascinante protagonista...
Commentate e tenetevi pronti per partecipare al prossimo episodio di SOCIAL SEXY STORY!!
Buona lettura...
Ma anche quella era stata realtà e non che non volesse ammetterlo a se stessa, ma chissà perché la sua mente aveva deciso di associare quell’episodio a una sorta di sogno, magari vissuto ad occhi aperti. Quella stessa mente che ora, imperterrita, le stava rimandando davanti agli occhi ogni particolare, ogni istante di quegli attimi concitati che aveva vissuto meno di un’ora prima, molto meno. Da un lato permaneva la rabbia per non essere riuscita ad andare fino in fondo, dall’altro una certa confusione su come avrebbe dovuto comportarsi e affrontarne le conseguenze. Avrebbe rivisto Stefano? Probabilmente sì. Anzi, più che probabilmente, dato che in tintoria ci sarebbe comunque dovuta ritornare a ritirare il suo abito. Ma che cosa avrebbe fatto trovandoselo nuovamente davanti? Fare finta che tra loro nulla fosse mai accaduto? Ma no, impensabile. Tuttavia era anche impensabile che potesse nascere un qualche tipo di relazione, in quel senso Chiara pensava di aver già dato, dopo la fallimentare esperienza con Roberto, non si sarebbe di nuovo rimessa in trappola da sola e sicuramente non con un ragazzo molto più giovane di lei, nonostante quello stesso ragazzo le avesse donato, in poco meno di un quarto d’ora, quelli che erano stati, forse, i minuti più intensi della sua vita, prima che il destino decidesse di privarla proprio della parte migliore. Che fare, allora? Non riusciva a darsi una risposta. Ci avrebbe pensato o ancora più semplicemente, si sarebbe lasciata guidare dal proprio istinto, ovunque questi l’avrebbe portata. Ora desiderava solo le carezze delle sue lenzuola di seta, rilassarsi e staccare la spina. Non si rivestì nemmeno, rimase nuda per un po’ ad osservarsi davanti allo specchio, la sua immagine riflessa le piaceva, le infondeva un’inspiegabile sensazione di benessere interno, ma c’era anche qualcos’altro che spingeva per venire fuori, non sapeva ancora bene cosa fosse, ma si era detta che di certo lo avrebbe scoperto. L’unica cosa di cui si sentiva pienamente consapevole, era che in lei era in atto un cambiamento e non poteva certo essere legato soltanto alla sfera sessuale. Decise che avrebbe ascoltato un po’ di musica e che si sarebbe concessa un po’ di meritato riposo, fare jogging nel parco di sabato era per lei un’abitudine, ma un po’ di normale stanchezza, nonostante il suo fisico reggesse benissimo ai soliti 45-50 minuti di attività fisica, si faceva comunque sentire. Purtroppo, la musica dalla quale decise di farsi cullare, una compilation di brani New Age che di solito ascoltava per rilassarsi, non sortì l’effetto sperato. La seta del lenzuolo che accarezzava la pelle del suo corpo nudo non fece altro che riaccendere lo stato di eccitazione che il getto della doccia aveva solo leggermente attenuato. Le sue mani si posarono sui seni e le dita cominciarono a sfiorarne con delicatezza i capezzoli irti come spilli. Di nuovo quel fuoco indomabile prese a diffondersi lungo la schiena e ad avvolgerla lì, proprio in mezzo alle gambe, mentre il suo sesso diventò umido, intriso di umori. Si ritrovò a penetrarsi con un dito, al quale si aggiungessero, a pochissima distanza, altri due. E mentre la mente gli riportava il suono delle parole del giovane commesso - “Ti chiavo….ti sfondo…e dopo te lo metto tutto nel culo, troia!” – venne travolta da un orgasmo liberatorio. Poi…ci fu il nulla.
Quanto aveva dormito? Si era svegliata e si era subito reso conto che dalle finestre non filtrava più la luce diurna, le cuffie wireless giacevano ai piedi del letto e si sentiva ancora il suono flebile della musica provenire da esse, la playlist aveva continuato il suo ciclo di ripetizione chissà quante volte. Ebbe una specie di sussulto nel ritrovarsi completamente nuda e cominciò ad avvertire qualche brivido di freddo, lo sguardo cadde sul display del cellulare, controllò per abitudine se vi fosse qualche messaggio, ma non ne trovò, c’erano solo diverse notifiche relative a un paio di social e che non aveva alcuna voglia di leggere, più che altro le interessava sapere l’ora. “Accidenti… le 19:40. Ma quanto ho dormito?“ Fu allora che avvertì una sorta di fastidio tra le gambe, l’orgasmo che si era procurata poche ore prima, sebbene non fosse stato così intenso, l’aveva spossata e ora il suo sesso reclamava che quei residui venissero rimossi con una nuova doccia, non c’era tempo per fare il solito rituale del bagno, anche perché cominciava ad avvertire i morsi della fame. Si fiondò in bagno e quando ne uscì, avvolta in un kimono color fucsia, le venne in mente che non era più passata in tintoria a ritirare l’abito e oramai era troppo tardi per farlo. Un bene o un male? Si disse che forse era meglio così e che lunedì, per la riunione in ufficio, avrebbe potuto indossarne un altro, non erano certo gli abiti che le mancavano e si può dire che mai come ora, aveva la sensazione che qualsiasi cosa avesse indossato, le sarebbe stato d’incanto.
La domenica si presentò come una giornata piuttosto tranquilla, si era alzata tardi e aveva deciso che per il pranzo avrebbe mangiato fuori, cosa che fece in quel ristorantino che le piaceva tanto e che a Roberto, lui che detestava i cibi a base di pesce, non era invece mai piaciuto. Negli ultimi due mesi era capitata solo un paio di volte da “Nicholas”, questo era il nome del locale, e sempre rigorosamente da sola, almeno poteva mangiare in pace quello che voleva senza doversi subire i commenti, puntuali ad ogni portata, da parte chi non apprezzava quel tipo di cucina, senza contare che Nicholas, il titolare del locale, a dispetto del nome che potrebbe far pensare a una persona di origini anglosassone, era un simpatico cuoco che viaggiava verso i sessanta, originario del sud che aveva lavorato nei migliori ristoranti della costiera sorrentina, dotato di una gentilezza e un senso dell’humour che Chiara considerava irresistibile, come irresistibile era la sua arte ai fornelli.
Nel pomeriggio si concesse un po’ di shopping in una Galleria Commerciale del centro città, acquistando, oltre a una borsa e un paio di scarpe, diversi capi di intimo ai quali non aveva saputo resistere. E fu all’uscita di uno dei suoi negozi di intimo preferiti che lo notò. Era un uomo sui cinquanta-cinquaticinque anni, alto, ben messo fisicamente, con dei meravigliosi occhi verdi incastonati in un volto che sembrava appartenere a un attore degli anni ’50, tuttavia non le riuscì di trovare una qualsiasi somiglianza con qualche nome noto. Era fermo davanti a un negozio di libri e con lo sguardo ne scrutava le copertine esposte in vetrina, una ad una. Indossava un completo di lino color panna e una camicia bianca attraverso la quale si potevano intuire i massicci pettorali e un addome assolutamente piatto. Altra cosa che attraeva era una certa classe ed eleganza nel modo di muoversi. Appena aveva scorto Chiara uscire dal negozio, era rimasto per pochi secondi a guardarla e i loro sguardi avevano finito per incrociarsi, ma era finita lì, non c’era stato nessun tentativo di approccio e ognuno aveva proseguito per la propria strada. A Chiara le erano rimasti impressi gli occhi che, oltre alla bellezza del taglio, avevano lo stesso colore verde intenso di quelli di Stefano, un nome che adesso le incuteva un po’ di timore, poiché ancora non aveva deciso come comportarsi una volta che lo avrebbe, inevitabilmente, rivisto.
Una volta a casa, il resto della giornata Chiara lo aveva passato, in parte, ad ultimare la sua relazione per la riunione d’ufficio alla quale doveva presiedere la mattina seguente, per poi concedersi un po’ di relax alternando un po’ di lettura all’ascolto di musica. Leggere le era sempre piaciuto molto, tuttavia negli ultimi tempi, ancor prima di giungere all’apice della sua crisi con Roberto, non solo aveva rallentato il ritmo, ma era diventata molto discontinua, erano almeno tre o quattro i romanzi che aveva iniziato e dei quali non era riuscita a portarne a termine nemmeno uno. L’idea di dover presiedere alla riunione di domani non la allettava più di tanto, anche il lavoro le stava pesando ultimamente, o per meglio dire, le stava pesando l’ambiente costituito da colleghi e colleghe, autentici serpenti a sonagli e vipere, sempre pronti ad azzannarla al minimo passo falso. Del resto, essere la maggiore responsabile del settore marketing di una grossa azienda di telecomunicazioni, nonché la più in gamba, l’aveva posta al centro di un circolo vizioso costituito da invidie e colpi bassi, dal quale faceva sempre più fatica a districarsi. Aveva bisogno di cambiare aria e forse sarebbe stato il caso di accettare quella proposta di trasferimento in un’altra sede che finora aveva sempre rifiutato. Solo che ora non c’era più nulla a trattenerla, tantomeno il rapporto con uomo che era ormai diventato per lei ne carne e ne pesce. Da un rapido calcolo delle ore che le restavano per concludere la giornata, si convinse che si sarebbe potuta concedere una serata un po’ diversa. Durante il pomeriggio, mentre era in giro a fare shopping, era passata davanti a un cinema d’essai che aveva in programmazione un film che le sarebbe tanto piaciuto rivedere “I Racconti del Cuscino” di Peter Greenaway. Quando lo aveva visto per la prima volta, anni prima, non se l’era goduto appieno, era in compagnia di alcune amiche che lo avevano trovato di una noia mortale e di una lunghezza eccessiva, sebbene superasse solo di una manciata di minuti le due ore. Per tutta la durata del film non avevano fatto altro che chiacchierare tra loro a bassa voce, sbuffando e criticando la maggior parte delle scene. Il film narrava la storia di Nagiko, una giovane modella giapponese che porta avanti il piacere paterno della scrittura sul corpo. Il padre, calligrafo, era solito dipingerle fin da piccola gli auguri di compleanno delicatamente sul volto, un rituale che veniva ripetuto ogni anno. A diciotto anni Nagiko è indotta a sposare il nipote dell'editore che pubblica gli scritti del padre in cambio di prestazioni sessuali. Ossessionata da “I Racconti del Cuscino”, scritti dalla cortigiana Sei Shonagon nel XI secolo, la ragazza lascia il marito e si reca a Hong Kong in cerca di amanti disposti a scrivere sul suo corpo. Gli amanti vengono così giudicati più che per le loro abilità amorose, per la loro bravura calligrafica. Quando Nagiko incontrerà il traduttore inglese Jerome, se ne innamorerà, ricambiata, ma sarà indotta a scrivere a sua volta e a usare gli altri come carta. Il desiderio di far pubblicare le sue opere, porterà al suicidio di Jerome e solo allora Nagiko scoprirà di esserne incinta, innescando una spirale di mortale vendetta. Quella storia l’aveva affascinata, ipnotizzata, ma anche turbata.
Ora aveva l’opportunità di riviverla di nuovo con più calma e coglierne magari le diverse sfumature che si era persa, come da “Nicholas”, sarebbe stata da sola, senza persone intorno non sintonizzate sulla sua stessa lunghezza d’onda. Da una rapida occhiata a internet, si informò che il film sarebbe iniziato alle 18,30, “Grande!” si ritrovò a dire. Per le 20,45 al massimo sarebbe stata fuori, una cena take away al vicino ristorante cinese e la sua serata sarebbe stata perfetta. Ancora una volta rinunciò al rituale del bagno per una più pratica e veloce doccia, che facesse anche questo parte del suo cambiamento? Non ne era sicura, la scelta era stata obbligata, le restavano meno di quaranta minuti per trovarsi in orario per l’inizio dello spettacolo. Indossò un abito nero con un’ampia scollatura davanti, leggermente trasparente e dell’intimo abbinato, frutto dei suoi recentissimi acquisti e quando si ammirò allo specchio per dare qualche ultimo colpo di spazzola ai capelli, si congratulò con se stessa per la seducente immagine che lo specchio le rimandava.
L’Avangarde, questo il nome del cinema, era un locale che poteva ospitare al massimo una sessantina di posti, ma era improbabile che a quell’ora potesse essere affollato, di solito chi ci andava preferiva assistere all’ultimo spettacolo, senza contare che un film d’autore di oltre due ore, a quell’ora, avrebbe interessato solo una ristretta fascia di persone ed in effetti, gli spettatori presenti nella piccola saletta bar, a dieci minuti dall’inizio dello spettacolo, erano si e no una quindicina, anche troppi. Chiara fece il biglietto, si diresse al bar e chiese un aperitivo analcolico. Si sentiva addosso gli sguardi di tutti i presenti, poiché a parte un paio di donne, i restanti erano tutti uomini. Scorgeva nei loro occhi scintille di desiderio e questo le donava quasi un senso di onnipotenza, sapere che le forme del suo corpo erano bramate da chiunque la poneva in uno stato di eccitazione, tanto che il suo corpo venne scosso da una serie di brividi. Non era mai stata una mangiatrice di uomini e forse non lo sarebbe diventata mai, ma questa nuova consapevolezza di sé, di piacersi, prima di tutto a se stessa, le faceva desiderare sempre di più di abbandonarsi a quel cambiamento. Sorseggiava il suo aperitivo, quando dallo specchio del bar lo vide entrare. Era lo stesso uomo che aveva visto la mattina davanti alla vetrina della libreria, poggiò il bicchiere vuoto sul bancone e si girò guardando nella sua direzione. Ancora una volta i loro sguardi si erano incrociati, l’uomo fece capire di averla riconosciuta, prodigandosi in un sorriso e abbassando leggermente la testa in segno di saluto. Ma niente di più, nessun tentativo di approccio. Chiara decise di non incoraggiarlo e si avviò verso la saletta interna, scelse una fila abbastanza centrale e si sedette, la presenza di quell’uomo l’aveva turbata, aveva qualcosa di veramente magnetico, ma quel pensierò durò solo qualche istante, ora voleva gustarsi il film.
Le immagini scorrevano sullo schermo e la mente di Chiara era tutta concentrata nel seguire l’odissea della sua protagonista, tanto che non si era accorta che adesso, nella fila che aveva scelto, non era più da sola. Accanto a lei, alla sua destra, si era seduto qualcuno. Dallo schermo veniva ora proiettata una delle scene che più le erano rimaste impresse, un brivido la scosse, quando le immagini vennero accompagnate da una voce calda che gli sussurrò all’orecchio “ Ma…cosa accidenti vi ha infilato in quel bonsai?” – “La pelle del suo amante.” Rispose Chiara, mantenendo il tono della sua voce più basso possibile, poi si girò alla sua destra. L’uomo dallo sguardo magnetico era lì, seduto accanto a lei, ma da quanto? Doveva essersi seduto da poco e non lo aveva fatto certo per caso. Che intenzioni aveva? Provarci con lei nella sala buia di un cinema? Quel pensiero la inquietava e la eccitava al tempo stesso, ma per un bel po’ non successe nulla, il film si stava avviando verso la fine e non si erano scambiati più nessun commento. Poi…accadde. Sentì la mano di lui che le sfiorava le cosce. “Ecco…” pensò – “ e ora?” Stranamente, non si irrigidì sulla poltrona, ne lo incoraggiò in qualche modo. Decise di restare impassibile, anche se non era esattamente la parola giusta, poiché era eccitata e quell’eccitazione continuava ad aumentare man mano che il tocco dell’uomo diventava sempre più audace. Era ovvio che il suo non reagire, rappresentasse per l’uomo un invito a proseguire. Una cosa del genere non l’aveva mai vissuta prima, si era sempre ben guardata dal fare cose “strane”, soprattutto in luoghi pubblici. Ma ora era diverso, qualcosa dentro di lei le faceva desiderare che quell’uomo andasse avanti e si ritrovò ad aprire, con un gesto assolutamente spontaneo, le gambe, reclinando la testa all’indietro e socchiudendo gli occhi. Sentì la mano calda dell’uomo che ora si era poggiata sulle sue mutandine, accarezzandole delicatamente il sesso all’altezza del clitoride e poi scendere più giù, cercando di intuire la forma e la consistenza delle labbra attraverso il tessuto dell’intimo che aveva preso a bagnarsi. Faticò per non lasciarsi sfuggire un gemito di piacere, era una delle cose più eccitanti che le fossero capitate e la cosa più assurda era che il tutto era ingigantito proprio dal tipo particolare di situazione. Ora le dita dell’uomo avevano scostato di lato il bordo delle sue mutandine e avevano cominciato a farsi strada dentro di lei. Il modo in cui quelle dita la penetravano denotava grande esperienza da parte del loro proprietario, Chiara era avvolta da una cappa di calore che le attraversava ogni parte del corpo, si sfiorò i seni con una mano e la sua testa sembrò precipitare in un abisso denso di desiderio, fu allora che si ritrovò ad allungare istintivamente la sua mano destra tra le gambe dell’uomo. Ciò che spingeva attraversa il tessuto dei pantaloni di lino era qualcosa di molto grosso, Chiara si ritrovò a tracciarne la forma con le dita e poi a stringere quella massa di carne pulsante (“Ha davvero un cazzo enorme”) pensò (“Che faccio? Glielo tiro fuori?”). Ma ci pensò l’uomo a farlo, aperta la zip dei pantaloni, prese la mano di Chiara e con delicatezza fece in modo che lei glielo impugnasse, per poi guidarla nel movimento....
Ora ce l’aveva inequivocabilmente in pugno, era di una grossezza quasi spaventosa, caldo, pulsante e se ne poteva persino avvertirne il profumo, un intenso profumo di maschio che le dava alla testa. Mai si sarebbe aspettata di ritrovarsi in una situazione simile, nel buio di una sala cinematografica, a segare il cazzo di uno sconosciuto e godere del tocco delle sue dita alle prese con il suo sesso. Sentiva che si stava avvicinando un orgasmo travolgente, aveva aumentato il ritmo della sua mano desiderando che anche l’uomo seduto al suo fianco la irrorasse con il suo sperma. E invece… fu l’ennesima doccia fredda.
Le luci della sala si accesero all’improvviso, i titoli di coda avevano finito di scrollare verso l’alto e ci fu solo il tempo di ricomporsi in un lampo. Si alzò e così fece l’uomo. Come era accaduto all’interno del retrobottega della tintoria, ora desiderava solo andar via, eclissarsi. Riuscì a dire soltanto “Mi scusi…temo proprio di dover andare.” L’uomo si scostò per farla passare, non ci provò nemmeno a trattenerla, tirò fuori dalla tasca interna della giacca un biglietto e glielo porse, accompagnando quel gesto con un sorriso “Tenga… nel caso decidesse di farci una capatina. “ Chiara restò per qualche secondo immobile, il suo sguardo cadde sul biglietto e rabbrividì. Era l’invito per una serata al “Red Room”. “Grazie” rispose, restituendogli l’invito “Ma non credo di averne bisogno.” E si allontanò, cercando di guadagnare più in fretta possibile l’uscita del locale.
La riunione in ufficio si era svolta senza intoppi, era riuscita a zittire tutti con la sua accurata relazione che le aveva procurato solo complimenti e sguardi di assenso persino da parte dei colleghi e delle colleghe più ostili, ma la botta veramente forte era stato quando aveva annunciato che avrebbe accettato l’offerta di trasferirsi in un’altra sede. Davanti al distributore delle bevande, a fine riunione, si sentì approcciare dalla voce di Fabrizio -“Così ci lasci.” Fabrizio era uno di quelli che avevano sempre stimato Chiara per le sue idee audaci e la sua determinazione, uno dei pochi che non aveva mai cercato di metterle i bastoni tra le ruote. “Sì” rispose Chiara “Penso che sia proprio giunto il momento, ho proprio bisogno di cambiare aria.” – “Ti capisco, forse avresti dovuto farlo già da tempo.” –“Sì, lo so, ma come si dice: meglio tardi che mai.” – “Già…beh, inutile dirti che mi mancherai e molto.” L’aveva abbracciata e lei aveva poggiato la testa contro la sua spalla. “Anche tu. Eri forse l’unico con il quale si riusciva a fare, ogni tanto, un discorso sensato” – “Ehi, come sarebbe “ogni tanto?” – sbottarono entrambi a ridere.
Recuperò l’auto nel parcheggio, si mise alla guida e si sentì pervadere da un senso di liberà mai provato prima, non era solo per via del fatto che non avrebbe più rivisto certe facce, ma anche e soprattutto per quello che l’era successo negli ultimi giorni. Il suo pensiero corse al tipo del cinema, non si era arrivati allo stesso punto in cui era successo con Stefano nel retrobottega della tintoria, ma il contesto…quello era stato completamente diverso, nonché dannatamente eccitante. Farsi toccare e farlo a propria volta in un luogo pubblico, con un affascinante sconosciuto… era qualcosa che sottolineava ancora di più quel cambiamento in atto dentro di lei che sentiva sempre più forte. E se le luci del cinema non si fossero accese? Si chiese. “Penso che glielo avrei preso tranquillamente in bocca, tanto che ne avevo voglia.” E quel pensiero le mandò una vampata d’intenso calore in mezzo alle gambe.
Quando arrivò a casa, l’unico pensiero che la attanagliò per tutto il resto della giornata fu quello di togliersi finalmente un dubbio. Sarebbe partita solo tra due giorni, ma prima doveva fare i conti con qualcosa lasciato in sospeso. Questa volta nulla l’avrebbe fermata. Doveva assolutamente ritornare al “Red Room”.
Quasi tutta la giornata era passata a mettere un po’ d’ordine tra le sue cose e ad anticiparsi un po’ di bagagli per il viaggio. Aveva anche pensato di passare in tintoria a ritirare il suo abito, ma una sorta di sesto senso le aveva fatto decidere di rinunciare. Aveva scelto quindi un taileur nero che le era sempre piaciuto, con due lunghi spacchi laterali sulla gonna, sotto avrebbe indossato due calze autoreggenti, sempre nere. Sotto la giacca, aveva scelto di indossare un corpetto sempre nero “nude look”, frutto dei suoi recentissimi acquisti, decidendo di fare a meno del reggiseno. Delle scarpe, sempre nere e con i tacchi rigorosamente a spillo, avrebbero completato l’opera. Quando si guardò allo specchio le scappò spontanea una battuta “Beh… in effetti sembro un po’ troia, ma se non altro…una troia di classe.” Rise di gusto, mentre per un attimo sembrò perdere l’equilibrio per via dei tacchi, ai quali non era molto abituata. “Piuttosto dovrò stare molto attenta con questi affari, ci vuole poco a poggiare male un piede e ritrovarsi col culo a terra…sai che figura!”
Si sfilò le scarpe, riassaporando il piacere di toccare a piedi nudi la superfice del parquet, la prova della scelta su cosa aveva deciso di indossare per la serata l’aveva soddisfatta in pieno e ora, visto che ce n’era tutto il tempo, si sarebbe rilassata con un buon bagno, le sembrava che fosse trascorso un secolo da quando lo aveva fatto dall’ultima volta, ma erano state giornate particolari e concitate. Aveva già preparato la vasca, con l’acqua alla temperatura di 38° come piaceva a lei, l’ideale per rilassarsi e il solo pensiero di immergersi dentro con i suoi sali e olii preferiti le mandò un’ondata di piacere che l’avvolse, ma non fece in tempo a godersela in pieno, poiché qualcosa attirò la sua attenzione.
Il rumore di qualcosa che vibrava a piccoli intervalli. Era il suo cellulare, lasciato in modalità vibrazione dalla mattina in cui aveva presieduto alla riunione in ufficio. “Proprio ora?” pensò – poi raggiunse il tavolino del soggiorno dove lo aveva lasciato e guardando il nome che campeggiava sul display sentì un brivido di freddo che le percorse la nuca. “Non ci credo!”. Come un automa sfiorò il simbolo per rispondere alla chiamata, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono, si sentì dall’altro capo una voce d’uomo: “Lo so, sei arrabbiata e non posso certo darti torto, ma volevo sapere soltanto come stai.” Ci mise un po’ prima di rispondere, per un attimo l’istinto la portò a troncare subito la chiamata, ma poi il senso di una rabbia soffocata a lungo le fece fare un grande respiro, conferendogli un tono di fredda determinazione. “Arrabbiata è solo un eufemismo. Lo sono stata per giorni, ma ora, in questo preciso momento, non me ne frega più un cazzo!”
– “Non direi, se ti esprimi così…”
– “Senti, non ho proprio niente da dirti, ne tantomeno voglia di ascoltare le tue solite e strampalate scuse, il tuo lavoro e tutto il resto. Tra noi è finita e se non lo hai ancora capito… beh è un problema soltanto tuo!”
– “Niente scuse, c’era solo qualcosa che ci tenevo a dirti…”
– “No, fermo. Qualsiasi cosa sia, non mi interessa. Non mi cercare più! Buona vita, Roberto!” chiuse la chiamata con un gesto deciso e spense il cellullare. Finì di spogliarsi e si immerse nella vasca, se mai qualche residuo di dubbio le fosse rimasto sul da farsi, era completamente svanito durante quel minuto scarso di conversazione.
Il “Red Room” era immerso nella solita atmosfera vibrante, costituita da luci colorate, tra le quali prevalevano i colori rosso e blu. Chiara aveva fatto il suo ingresso decisa e si era diretta direttamente al bancone del bar. La musica che si diffondeva dalle casse dell’impianto acustico era sensuale, mentre gli occhi di tutti erano rivolti al centro della sala, dove sulla pedana si stava esibendo un giovane a torso nudo con un fisico scolpito, circondato da due splendide ragazze con addosso solo le mutandine. I tre si muovevano con movimenti sinuosi e perfetti a tempo di musica e il pubblico dei presenti sembrava rapito dalla loro esibizione.
“Sei nuova?” si sentì dire Chiara dal giovane barman di colore, cosa che le fece per un attimo distogliere lo sguardo da quello che succedeva sulla pedana. “Io…sì, sono nuova.” Rispose chiara. “Hai proprio scelto la serata giusta per farci visita, allora. Quando Stefano si esibisce con le ragazze, la temperatura di questo posto sale di parecchio. Cosa ti servo?” –
Quel nome le fece per un attimo accapponare la pelle…aveva detto “Stefano” e a guardare il fisico di quel ragazzo che si stava esibendo sembrava proprio… anzi, non sembrava per niente. Era LUI! Il giovane commesso della tintoria. Come ipnotizzata, Chiara, si staccò dal bancone del bar e prese a dirigersi verso la sala. Il ragazzo di colore tentò di chiamarla “Ehi, ma…non bevi nulla?” Ma Chiara non lo sentì neppure, si era già seduta su uno dei divanetti di pelle per godersi lo spettacolo....
Non ci poteva credere, il giovane e sexy commesso della tintoria aveva una seconda vita e dall’abilità con la quale muoveva quel suo splendido corpo, sembrava che nella vita non avesse fatto altro. Con gli occhi cercava invano di incrociare il suo sguardo, sperando che lui la riconoscesse, ma il giovane era troppo preso ora dal simulare una sorta di amplesso con le due splendide ragazze. Chiara si sentì percorrere da un calore così intenso, arrivando al punto di desiderare di stare al posto di una di quelle ragazze....
La sua mente era un turbinio di sensazioni e pensieri peccaminosi, quando una voce calda le sussurrò ad un orecchio: “Vedo che hai cambiato idea.” Voltò la testa e si ritrovò, seduto accanto a lei, l’uomo del cinema. Trasalì per un attimo, ma non rispose, i suoi occhi tornarono a scrutare il fisico perfetto del ragazzo e a soffermarsi al centro delle sue gambe. Stefano si era tolto i pantaloni e attraverso lo slip il suo sesso svettava eretto e potente, mentre le due ragazze simulavano di fargli un pompino.
“E si, chiaro che sei distratta da tutt’altro…il ragazzo ci sa effettivamente fare e tu sei chiaramente eccitata.” Disse l’uomo, poggiandole una mano sulle gambe. “Non sono qui per il suo invito dell’altra sera, avevo già deciso di venire per conto mio.” Le fece eco Chiara.
“Beh, ma cambia poco, no? L’importante è che sei qui e a giudicare dal calore che sprigiona la tua figa…direi che sei proprio cotta a puntino…” disse quest’ultima frase, mentre le sue dita sfiorarono il sesso di Chiara da sopra le mutandine. La testa le sembrava scoppiare, non fece nulla per sottrarsi a quel tocco. Reclinò la testa all’indietro e si lasciò sfuggire un gemito di piacere.
L’uomo le prese la mano e mentre scoccarono gli applausi che declamavano la fine dell’esibizione di Stefano, le sussurrò: “Vieni, andiamo nel privèe… abbiamo un discorso in sospeso noi due. E se sarai brava e ubbidiente, magari ti presenterò il nostro Stefano.” Senza rispondere, preda di un’eccitazione incontrollabile, Chiara si lascio guidare fino al privèe. L’uomo la fece accomodare sul divanetto dove, al riparo da sguardi indiscreti, le prese la mano e se la portò sul pacco gonfio. “Come ti chiami?”
– “Chi-Chiara…” rispose, mentre si rendeva conto di non avere più alcun controllo del proprio corpo.
“Io sono Marcello. E dimmi un po’, Chiara… se l’altra sera le luci del cinema non si fossero accese all’improvviso…che cosa avresti fatto?” – La mano di Chiara aveva preso a stringere il pacco gonfio dell’uomo mossa da un unico pensiero che si ritrovò ad esternare in un modo totalmente spontaneo “Te lo avrei preso in bocca e te lo avrei succhiato.”
– “Bene” rispose Marcello “Allora abbassa la testa e succhiami il cazzo, troia!” lo tirò fuori, afferrò la testa di Chiara e la spinse verso il proprio membro duro fino allo spasimo, affondandoglielo in bocca fino a quasi soffocarla. Chiara tossì, sputo un po’ di saliva che colò fino ai testicoli dell’uomo. Era sopraffatta da quell’odore così intenso di maschio e dal modo autoritario di Marcello che la eccitava come non mai.
“È…è grosso…” riuscì a dire.
“E non ti piacciono i cazzi grossi? Io dico di sì…dai, lecca la tua saliva che mi è colata sulle palle e succhiamele una ad una, da brava troia ubbidiente.”
Chiara cominciò a muovere la sua lingua, leccando le palle di Marcello per poi succhiargliele una ad un come le era stato ordinato. Poi iniziò a farla scorrere lungo l’asta, fino ad arrivare alla cappella gonfia e pulsante, la leccò muovendo la lingua in senso circolare, per poi picchiettarla un po’ sulla punta, proprio sullo spacchetto del glande, quindi prese a succhiarlo in modo lento, mentre i suoi occhi guardavano dentro gli occhi di lui come a ricevere un cenno di assenso per il suo servizietto di bocca.
“Sei proprio una gran bocchinara, non avevo dubbi…continua…” L’uomo iniziò a spingerle la testa su e giù, dandogli il ritmo che riteneva più idoneo al proprio stato di eccitazione. Chiara sentiva quel palo di carne arrivargli fino in gola che la stordiva col suo gusto forte di maschio. Le era sempre piaciuto fare sesso orale, ma ora si sentiva completamente in balia di quello sconosciuto i cui modi rudi e il linguaggio sporco che usava, le stavano donando un piacere mai provato prima.
“Ne devi aver fatti parecchi di bocchini con quella bocca...sei un’autentica succhiacazzi!”
– “ T-ti prego…vienimi in bocca…” si ritrovò a dire Chiara, stordita, con la testa ormai che non ragionava più.
- “Quello che devo fare, lo decido io, zoccola. Ti riempirò la bocca con la mia sborra solo dopo che ti avrò chiavata come meriti!”
– “E allora scopami, che non ne posso più…ho la figa in fiamme!” - ma la sua bocca non riusciva a staccarsi da quel cazzo enorme
- ”Vuoi il mio cazzone tutta nella fighetta, eh? Ma sentiti, quanto sei troia!” – Oramai ogni barriera si era infranta, il desiderio di essere posseduta, umiliata in quel modo da quell’uomo dall’aspetto così elegante, ma dai modi così animaleschi, aveva preso completamente il sopravvento sulla persona che era sempre stata.
“Sì, sono una troia… voglio il tuo cazzo….spaccami la figa a sangue, lo voglio sentire tutto dentro di me…mmmm…”
Marcello la afferrò per i capelli, staccandole la bocca dal proprio cazzo, la posizionò a pecorina sul divanetto, le sollevò la gonna e le strappò con un gesto secco le mutandine che si portò alla bocca
“Profumi proprio di buono, Chiara…lascia che mi abbeveri per un attimo alla fonte del tuo piacere, prima di castigarti come quella gran troia che sei!”
Così dicendo, le allargò le natiche con le mani e prese a leccarle la figa fradicia di umori e il buco del culo. Chiara si agitava, le unghie conficcate nella pelle del divano, la lingua di Marcello si muoveva con un tale abilità…nemmeno Roberto l’aveva mai leccata così, non ci era andato mai neanche minimamente vicino, ma nemmeno tutti gli altri che lo avevano preceduto.
“Ora!” disse Chiara “Infilami il cazzo, ora…chiavami, Marcello…ti supplico!”
E il cazzo di Marcello le entrò tutto dentro di colpo, Chiara si sentì riempire da quel bastone enorme di carne che prese a pomparla selvaggiamente, ad ogni colpo il suo cervello riceveva una scossa.
“Ti fotto, troia… ti spingo il mio cazzo in fondo fino alle palle! Te lo faccio uscire dalla bocca! Sono sicuro che nessuno ti ha mai chiavata così!” Diceva Marcello che ora sembrava un diavolo scatenato, ma Chiara era in tilt totale, riusciva solo ad emettere gemiti di piacere e voleva che quel momento non finisse mai e invece….invece si ritrovò ad avere un orgasmo così travolgente che pensò di trovarsi sul punto di svenire. Fu in quel momento che sentì qualcosa sfiorarle il viso, aprì gli occhi e si trovò davanti la figura a torso nudo di Stefano che gli stava sfregando il cazzo sulla faccia...
“Ciao, zoccoletta. Vedo che sei diventata molto intima con Marcello. Succhia un po’ questa nerchia che già hai assaporato…che adesso ti facciamo fare un’indigestione di cazzi!”
Chiara, incapace di reagire afferrò il cazzo di Stefano riuscendo a stento a dire il suo nome
“Ste-Stefano…”
– “Proprio io. Benvenuta nel mio regno, signora Adami. E ora fammi un bocchino con quella tua bocca da troia, prima di provare la specialità mia e di Marcello.”
Così dicendo, le afferrò la testa per i capelli e glielo spinse tutto in bocca.
“Ti chiavo in bocca, puttana, Toh! Pure le palle ti faccio ingoiare!”
Marcello intanto, aveva tirato il suo cazzo dalla figa fradicia di Chiara e aveva ripreso a leccarle il buco del culo.
“Te la preparo, figliolo, è ora che la nostra cagnetta qui lo prenda tutto nel culo!”
Chiara riuscì a stento a capire l’ultima frase di Marcello e si lasciò sfuggire un mugulio di protesta.
“Oh, scusa, non ho capito…potresti ripetere?” disse Stefano.
Gli sfilò il cazzo dalla bocca e le prese il viso tra le mani, Chiara riuscì appena a farfugliare
“N-No…vi prego, basta… io non…”
– “Basta? Ma se la festa è appena cominciata. È da quando sei venuta in negozio che aspettavo di rivederti, ma non sei più passata… e certe cose, non si lasciano in sospeso… quando le si inizia, le si porta a termine.”
Chiara si era resa conto di non avere scampo, il destino a volte tesse delle trame davvero bizzarre, due uomini, due sconosciuti con i quali si era ritrovata a vivere due situazioni inedite ed eccitanti, erano ora lì a pretendere che certe questioni in sospeso, venissero risolte. Non aveva mai fatto sesso con due uomini contemporaneamente, era sempre stato fuori da ogni sua logica e anche a livello anale ci era sempre andata molto cauta, non che non le piacesse, ma era stato davvero raro che qualcuno lo sapesse fare talmente bene, da non procurarle fastidio e dolore. Avrebbe voluto reagire, ma non ne aveva la forza, in più ci si era messa una vocina che proveniva dal profondo della sua anima che gli suggeriva di continuare, di toccare il fondo. Riusciva a stento a formulare dei pensieri, quando si vide posizionata a ridosso di Marcello, piegata a pecora, con il culo rivolto verso Stefano che ora le stava cingendo i fianchi. Era paralizzata, ma allo stesso tempo era di nuovo eccitata. Marcello le leccava i capezzoli strigendogli i seni con entrambe le mani....
In quella posizione era chiaro quello che i due volevano farle, si lasciò quindi andare con la figa sul cazzo di Marcello che le entrò di nuovo dentro per tutta la sua lunghezza e grossezza, mentre sentiva la cappella di quello di Stefano che si appoggiava al buchetto posteriore, un colpo secco e il ragazzo gli aveva spinto tutto il cazzo nel culo. Urlò per il dolore, ma quando i due presero a stantuffarla con colpi possenti, si sentì totalmente piena e iniziò a provare sensazioni mai provate prima, nemmeno nei propri sogni si era mai spinta così oltre.
“Visto come ti piace prenderlo nel culo, puttana?” diceva Stefano, ma Chiara non reagaiva quasi più, si lasciò andare completamente all’orgasmo violento che la travolse come un fiume in piena.
“La cagnetta è venuta di nuovo” Disse Marcello
“Sborrale nel culo, ragazzo mio, falle il pieno a ‘sta troia!”
Nel momento in cui il getto di sperma bollente le inondò le visceri, Chiara si abbattè sfinita sul petto di Marcello. Ma i due erano intenzionati a non darle tregua, mancava la classica ciliegina sulla torta. Marcello sfilo il cazzo dalla figa di Chiara, sgusciò da sotto il suo corpo che si accasciò stremato sul divanetto. Poi le sollevò la testa, gli piazzò il cazzo davanti al viso e prese a segarselo.
“Ora apri bene la bocca che te la riempio tutta con la mia sborra. La desideravi tanto prima, no?” -
Chiara non era sicura più di volerlo, ma suo malgrado si trovò ad ubbidire e a ricevere la venuta di Marcello che, tenendole ferma la testa con entrambe le mani, la costrinse ad ingoiare tutto fino all’ultima goccia. Anche Stefano si avvicino col suo cazzo al viso di Chiara
“Brava. Ora pulisci bene i nostri cazzi con la lingua e corri a casa a farti un bagno, sei sudata da fare paura.”
Ormai priva di ogni barlume di volontà, Chiara eseguì…avvertendo all’improvviso un forte senso di nausea. Aveva goduto come non mai, ma non avrebbe mai più ripetuto un’esperienza del genere. Ora sentiva solo il desiderio di uscire da quel locale infernale e respirare aria fresca. Restò per un po’ priva di forze, accasciata sul divano, mentre i due si ricomponevano. Poi sentì Stefano rivolgersi a Marcello.
“E anche questa è fatta, Pà. Ci vediamo a casa. Aiuta questa troia a sistemarsi, non la si può vedere così.”
Non si era mai sentita tanto umiliata in vita sua, ma se l’era cercata, su questo non c’erano dubbi. Era consapevole del perché aveva deciso di recarsi al “Red Room”, sperava, dal momento che vi aveva messo piede, che le fosse capitato di trovarsi nel bel mezzo di qualche situazione eccitante, ma mai avrebbe immaginato di concedersi, contemporaneamente e senza alcun ritegno, proprio ai due sconosciuti con i quali aveva provato in precedenza brividi di piacere così intensi. Sapere ora che erano addirittura padre e figlio, le aveva fatto comprendere che quel locale era davvero l’anticamera dell’inferno. Marcello ora era diventato di nuovo l’uomo distinto ed elegante, con modi gentili l’aiutò a recarsi in bagno e a sistemarsi alla meglio, Chiara sembrava un automa. Quando l’accompagnò all’uscita, Marcello, con un gesto galante le baciò la mano e le disse: “Spero tu ti sia divertita, puoi tornare a trovarci quando vuoi.”
- “Non credo proprio.” Rispose “Dovrebbero raderlo al suolo un posto del genere.”
Uscì e l’aria fresca della sera le sferzò il viso, raggiunse la macchina, mise in moto e partì, per poi fermarsi dopo appena qualche chilometro in prossimità di un parco. Parcheggiò la macchina, scese, si tolse le scarpe che le facevano un male cane e iniziò a passeggiare a piedi scalzi facendosi accarezzare dalla brezza notturna e rise, rise tanto come forse non aveva mai fatto, come se fosse ubriaca. Poi… poi iniziò semplicemente a correre. Ora sapeva che era cambiata davvero, bisognava solo aggiustare un po’ il tiro e tutto sarebbe andato in modo perfetto.
FINE
©Isi
5 commenti:
Piaciuta molto anche questa seconda parte piena di situazioni erotiche ancora più bollenti della prima. Certo che Chiara è molto fortunata a farsi padre e figlio in un colpo solo! Interessante la scelta dello scrittore di questi due personaggi maschili affascinanti e di diversa generazione. Come ho apprezzato la scelta delle immagini fotografiche che di solito sono abbinate a questa autrice Monika e ai suoi racconti, immagini-foto sempre molto sexy e provocanti, ma prive di volgarità come invece spesso si trovano in altri racconti erotici. Sia gli uomini che le donne presi a modello sono belli e sensuali, ma di classe. Brava lei e bravissimo lo scrittore che ha completato il racconto.
Malia
Ti ringrazio molto. Monika è bravissima davvero e sta per tornare con il seguito del diario di Anna, il suo incredibile e sensuale personaggio, ricchissimo di sfumature. Un consiglio: non te lo perdere assolutamente. Si, io e lei abbiamo creato una bella sinergia e confesso che mi piacerebbe molto in futuro tornare a collaborare con lei. Per le immagini di cui parli, il merito però è di Tippy che le ha scelte personalmente e le ha elaborate graficamente.
Bene, bel finale che soddisfa le aspettative date nella prima parte. Mi sarebbe piaciuto un po' più di "movimento" nella parte del cinema, ma capisco sia stato fatto per creare più attesa e il piccolo colpo di scena finale. Questa Chiara è un buon personaggio che potreste approfondire perché resta la curiosità di sapere che combinerà ancora dopo questa sorta di "liberazione" data dalla torrida serata al night club. Come anche la coppia padre e figlio "complici sporcaccioni" sarebbero dei bei protagonisti di una serie di racconti o magari di fumetti.
Ho letto con piacere tutto il lunghissimo finale! Complimenti ad entrambi gli autori!
Sonia B.
Lunghissimo, sì, mi sono lasciato prendere la mano. Grazie, comunque.
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