Ci avviamo oramai alla conclusione del ciclo finale de "Le memorie di Anna".
In questa penultima puntata la bravissima Monika ci conduce in una situazione inedita - e a tratti disturbante - che ad ora non si era ancora vista nè in questa serie nè nel blog (mi pare....).
Non aggiungo altro.
Donato
Circa due
settimane dopo, Franco mi telefonò avvertendomi che l'ultimo mio
incontro sarebbe stato per il sabato successivo - quindi mancavano
ancora tre giorni - ma non fornendomi nessun altro dettaglio.
Io
chiamai subito Simona, che mi disse che anche lei era stata avvertita
ma che, a differenza del mio incontro, le aveva dato informazioni sul
suo: sarebbe stata una coppia, sempre di anziani, con cui avrebbe dovuto
passare la giornata.
- "Forse mi ha scambiato per una badante", ironizzò, e riuscimmo entrambe a farci anche una risata.
Arrivò
sabato, e poco dopo essere tornata a casa dal lavoro, verso le 8 si
sera arrivò la chiamata di Franco: sarebbe passato fra un'ora a
prendermi, chiedendomi di indossare un abbigliamento un po' provocante
ma senza eccedere.
Nonostante il freddo di novembre, accettai, scegliendo un completo nero in pelle, collant e scarpe con tacco a spillo.
L'appuntamento era stato fissato per le 10, in una villetta un po' isolata che si affacciava sul naviglio della Martesana.
Franco arrivò puntuale, il tragitto fu relativamente breve e né io né lui dicemmo una parola.
Una volta arrivati, Franco suonò il citofono ed entrammo nel portone.
Ad
accoglierci si presentò un tipo che definire folkloristico non rende
l'idea: era molto alto, allampanato, un po' scoordinato nei movimenti,
con addosso solo con una lunga e pacchiana vestaglia nera con bordi
d'oro, dei calzini lunghi, sempre neri, delle scarpe di stoffa, tipo
pantofole, nere anche quelle, e, come se non bastasse, portava occhiali
da sole, anche a quell'ora.
Appena entrati, chiese subito a me e a
Franco di usare le pattine, perché non voleva rovinare il parquet, che
poi sua madre si sarebbe lamentata.
La cosa mi sembrò tanto ridicola quanto imbarazzante... ma evitai ogni commento.
La
villa era vecchiotta, malmessa e anche abbastanza tetra; le stanze
interne erano mal illuminate e nel corridoio c'erano solo piccole
lampade che emanavano una luce vagamente verdognola.
Arrivati in un
salone, anche quello piuttosto buio, mi sembrò di essere tornata
indietro nel tempo, per come tutto esprimeva un'idea di fine 1800, tra
mobili, soprammobili, vasi, quadri e persino centrini sui tavoli e sui
divani.
Venni invitata ad accomodarmi su una poltrona, mentre Franco era restato sulla porta.
- "Allora", disse infine il nostro ospite, "Tu ti chiami Anna. E' vero?".
- "Sì, Anna".
- "Bene. Questa sera sarai invece la Signorina Anal. Ti piace come nome?".
- "Originale, direi", ma a quel punto stavo facendo fatica a non ridergli in faccia.
- "Originale, sì. Me lo dicono in tanti che sono un tipo originale".
- "Immagino", dissi.
In quel momento si bloccò di colpo, restando rigido e in piedi davanti a me.
- "Mi prendi in giro? Fai dell'ironia?", chiese bruscamente, evidentemente irritato.
- "No, no... non mi permetterei mai", risposi un po' inquieta, che la voglia di ridere mi era passata.
- "Ah... meglio così. Non mi piace l'ironia".
E ci credo, pensai... di regola è un segnale di intelligenza, e questo qui non sembrava averne molta.
-
"Io mi chiamo Ludovico... il cognome non deve interessarti... ma per
stasera, e soprattutto per te, sarò il signor Nerchia dura. E' chiaro?",
disse ancora.
- "Sì... sì. Il signor Nerchia dura".
- "Brava. Mi dice Franco che a te piace molto prenderlo nel culo. E' vero?".
Sapevo che ero lì per il sesso, ma lo stomaco mi si chiuse comunque.
- "Sì, mi piace", dissi.
- "Bene. Alzati in piedi e solleva la gonna", ordinò.
Una
volta in piedi e alzata la gonna, lui mi fece girare, appoggiare le
mani sulla poltrona dove ero prima seduta e quindi piegare a 90°,
abbassandomi le mutandine fino alle ginocchia.
Aprì poi una scatola presente su un tavolo ed estrasse un plug anale di metallo, di quelli con il codino in pelliccia.
Mi inumidì l'ano con un po' di saliva e poi, senza troppi complimenti, mi spinse dentro l'oggetto!
Io
non riuscii a trattenere un piccolo grido, al che, posizionatosi di
fronte a me, dietro lo schienale della poltrona, mi domandò: "Sentito
male?".
- "No... no," mentii.
- "Brava cagnetta! Visto? Ora hai anche la coda!", rispose.
"Chi è stato il primo a sodomizzarti?", chiese ancora e senza esitazioni.
Era
stato un mio zio... praticamente violentandomi, ma la cosa sapeva
ovviamente di morboso e qui già tutto lo era, quindi scelsi di barare:
"Un fidanzato".
- "Bene... bene... Posso offrirti qualcosa? Hai sete? Fame? C'è una ciotola per te lì a terra", disse indicandomela.
- "N... no, grazie".
- "No, grazie, signor Nerchia dura. Vero che devi rispondere così?".
- "Vero, signor Nerchia dura", domandandomi dove Franco pescasse tutti questi casi umani.
- "Va bene... ora mettiti dritta, Signorina Anal... gira un po' su te stessa e poi spogliati".
Lo feci, chiedendomi a che cosa era servito vestirmi in quel modo.
Mi fece tenere addosso solo il corpetto in pelle, i collant e le scarpe.
- "Sei una creatura stupenda, Signorina Anal. O, come si dice in questi tempi volgari; sei proprio una bella figa".
Mi
girò intorno per un po', palpandomi le natiche e accarezzando la mia
"coda", per poi bruscamente ordinare: "Seguimi! Anche tu, Franco. Sai
che mi piace che tu assista a quello che faccio con le ragazze e i
ragazzi che mi porti. Cammineremo su tappeti, quindi potete lasciare qui
le pattine".
Ci incamminammo per un corridoio molto lungo e
sempre in ombra; lui davanti, poi io, completamente nuda a parte il
corpetto, le calze, le scarpe e quell'affare nell'ano, e Franco dietro
di me.
Scendemmo poi per una corta scaletta di legno arrivando in uno
scarno salottino, con un pavimento non piastrellato e dove erano
presenti una poltrona e un grosso puff, entrambi in pelle nera, un
armadio nero, una lunga serie di maschere tribali in legno appese al
muro e una porta di metallo.
- "Vieni con me, Signorina Anal", disse, portandomi davanti alla fila di maschere.
- "Dimmi... quale ti piace di più? E quale ti spaventa di più?", mi chiese mentre mi palpava il culo e toccava la coda.
Le
guardai tutte e una strana sensazione cominciò a nascermi dentro: io
non volevo stare lì... c'era qualcosa di molto sbagliato in quel posto,
ancora più di quelli dove Franco mi aveva già portato, il che era tutto
dire, e cominciavo davvero a essere spaventata.
Dopo un po', vedendo
che non rispondevo, il padrone di casa si spazientì; tolse la mano dalle
mie natiche e mi tirò una scoppola dietro la testa, facendomi male.
- "Allora?! Vuoi rispondere o no?".
Guardai
Franco, vedendo che anche lui era abbastanza teso... poi ne indicai
due, una più colorata e una completamente nera: "Questa è quella che mi
piace di più, mentre questa è quella che mi spaventa di più".
- "Bene", disse Ludovico, prendendo quella nera: avrei dovuto immaginarlo da me che la domanda era a senso unico.
Indossò
quindi la maschera senza neanche togliersi gli occhiali, andò poi verso
l'interruttore della luce, la spense e di colpo la stanza fu illuminata
solo da una cupa luce rossa.
Come lui potesse ora vedere qualcosa
attraverso occhiali e maschera non riuscivo ad immaginarlo; in quel
momento ebbi la netta sensazione che quell'uomo fosse completamente
pazzo.
Mi portò al centro della stanza e mi fece inginocchiare
davanti alla poltrona, poi andò verso l'armadio, che era alle mie
spalle, lo aprì e prese qualcosa.
Si accomodò in poltrona, proprio di
fronte a me, si aprì la vestaglia, con una mano si abbassò le mutande,
mostrando il pene, completamente floscio.
- "Ora, devi raccontarmi
cosa senti quando prendi un vero cazzo nel culo. E non mentire. Me ne
accorgo se menti, Signorina Anal. E se menti, ti prendi un colpo di
questa sulle tue piccole mammelline", disse, facendomi vedere cosa aveva
preso dall'armadio, ovvero un frustino in stile sadomaso, quello che in
gergo chiamano flogger.
- "Su, che aspetti? E guardami la maschera mentre parli!".
Avevo
la testa completamente vuota... mi sentivo sperduta... non sapevo che
dire e iniziai a improvvisare: "Io... mi sento piena. Sì, ecco...
piena", poi mi venne in mente l'esperienza avuta a Rimini con Jean-Luc e
mi concentrai su quella: "Molti uomini non sanno come far godere una
donna in quel modo, preoccupati solo a raggiungere il proprio
appagamento, ma per alcuni, invece, il sesso anale è una specie di rito.
Un'arte, si potrebbe dire".
- "Sì, vero", Ludovico annuì con la
testa... poi si alzò, prese un'altra cosa dall'armadio e tornò verso di
me mettendomela al collo: era un collare di pelle nera a cui era
attaccato un lungo laccio, tipo guinzaglio.
A quel punto, disse:
"Mettiti a quattro zampe, come la cagnetta che sei, e continua a
raccontare come ti senti quando te lo picchiano nel culo".
Iniziò
poi a camminare per la stanza tenendo il guinzaglio in mano,
costringendomi a seguirlo a gattoni mentre parlavo: "Io... beh, ho
conosciuto un uomo che era straordinario in tal senso. Aveva un pene
notevol...", e qui Ludovico mi interruppe ridendomi in faccia!
- "Pene", disse ancora ridendo, "Ma come parli? Si chiama CAZZO", disse urlando, " E così lo devi chiamare!".
-
"Si, certo signor Nerchia dura", replicai prontamente, poi prosegui:
"Dicevo... aveva un cazzo notevole, e questo, di regola, può essere un
limite nella penetrazione anale, ma lui riusciva a trovare sempre i
tempi giusti, permettendo all'ano di dilatarsi bene per poi affondarlo
dentro, centimetro dopo centimetro. A quel punto scompare qualsiasi
frizione che provoca dolore e si sente solo un profondo piacere che
parte dalle viscere e inonda il corpo, arrivando alla gola, mozzando il
respiro, e poi al cervello, come una scossa elettrica. Essere posseduta
così è qualcosa di diverso... di... di selvaggio, ecco... sentire il
desiderio di un uomo in quel modo per me è stata una vera scoperta nel
sesso".
A quel punto si fermò, restando in silenzio e a fissarmi mentre si menava l'uccello, che restava sempre moscio.
Proprio
per quello temetti di non aver detto cose adeguate alla sua richiesta,
invece, dopo un po', rispose: "Era davvero grande il cazzo di
quell'uomo?".
- "Sì. Di sicuro il più grande che ho visto".
- "E ne hai visti tanti?".
Ben più di quelli che avrei voluto, in realtà, ma risposi solo: "Sì, signor Nerchia dura".
- "E te lo sei goduto a lungo, quel cazzone", disse con un tono che sembrava tradire dell'invidia.
- "Con quell'uomo ho avuto una breve relazione", se così si poteva chiamare, "Ma intensa da quel punto di vista".
-
"Capisco", rispose, aggiungendo poi con un po' di stizza: "Franco mi ha
detto che sei brava anche a fare i pompini. Allora adesso succhiami il
pene, Signorina Anal. Vedi di farmelo diventare molto duro".
I
percorsi mentali di quel tipo erano imprevedibili come il suo modo di
esprimersi, ma volevo solo che quella situazione finisse al più presto e
quindi mi misi in ginocchio davanti al suo membro, iniziando a
muoverglielo con la mano e a leccargli la cappella.
Mi ci misi d'impegno, ma dopo circa dieci minuti non c'era nessun cenno di erezione.
Il soprannome che si era dato era alquanto fuori luogo.
Come
offeso, mi trascinò con energia al centro della stanza, facendomi
strofinare le ginocchia sul pavimento ruvido e poi stendere con la
pancia sopra il puff; solo allora mi resi conto che quel coso era
fissato al pavimento e che, nella parte sottostante, aveva delle fasce
di cuoio per legare i polsi, cosa che effettivamente accadde, quindi mi
ritrovai così; prona e bloccata in quel modo.
- "Il tuo racconto
mi è piaciuto, sì... devo dire che probabilmente è davvero quello che
senti quando qualcuno ti scopa il culo. Hai guadagnato punti in tal
senso, Signorina Anal. Anche la tua abilità con la lingua è fuori
discussione, non lo nego. Ma vedi... io mi eccito in un modo solo, cioè
quando gli altri soffrono".
Detto quello mi diede una violenta frustata sulle natiche, facendomi sobbalzare e urlare dal dolore.
Quello
stronzo andò di nuovo verso l'armadio, che ora avevo davanti agli
occhi, prese un bavaglio per bocca, quello con la palla tipico dei
giochi sadomaso, e me lo fissò così stretto che iniziai a respirare solo
con il naso.
Poi si mise dietro di me dandomi due colpi di frustino, uno sui fianchi e un altro ancora sulle natiche!
Ero
diventata una maschera di sudore, gli occhi mi lacrimavano per quello
strazio, rendendo tutto sfocato, e rivoli di saliva che non potevo
controllare mi uscivano dalla bocca.
Dall'armadio prese anche un
grosso vibratore, ovviamente nero, e poi, abbassatosi davanti a me,
disse: "Questo è uguale al cazzo di quel tipo? Vogliamo vedere se ti
entra nel culo?", si diresse quindi alle mie spalle, mi tolse di colpo
il plug di metallo e cominciò a spingermi dentro quel coso assurdamente
sproporzionato, mentre io dimenavo la testa e le gambe, mugolando dal
male che sentivo.
- "E' troppo grande, eh?", sogghignò sadicamente, affibbiandomi poi un'altra frustata sui fianchi.
-
"Ma non ti preoccupare, ho un altro bel cazzo pronto per te! Questo ti
entrerà di sicuro! E' quello giusto per le cagnette!", quindi aprì la
porta di metallo dirigendosi in uno stanzino laterale.
In quel momento cercai disperatamente Franco con lo sguardo, ma non riuscii a vederlo.
Lo squilibrato invece torno subito, portando con sé un cane enorme.
-
"Lui si chiama Ludovico II", disse, "Ludovico II, saluta la Signorina
Anal! E tu, Signorina Anal, ricambia il saluto, che adesso Ludovico II
ti scoperà per bene la tua morbida fichetta e ti riempirà del suo sacro
seme".
- "Tu ti ricordi di lui, Franco, sì? Ti ricordi come urlava la verginella che mi portasti un po' di tempo fa?".
Al solo pensiero di un cosa simile io quasi impazzii dal terrore!
Iniziai a dimenarmi, ma senza ottenere nulla se non una nuova frustata.
Il cane venne posizionato dietro di me, ma proprio mentre stava per salirmi addosso sentii urlare: "BASTA!"
La
bestia venne colpita da quello che a me sembrò un fortissimo calcio,
tanto che si allontanò guaendo, e mentre Ludovico cercava di riprendersi
dalla sorpresa balbettando: "Ma... ma... che cazzo fai?", un pugno lo
colpì in piena faccia, facendolo finire in un angolo della stanza.
Davanti
a me si presentò quindi Franco, mi tolse il bavaglio, il collare, mi
liberò i polsi, mi prese in braccio di peso e mi portò via.
Si fermò
un attimo nella stanza dove mi ero spogliata, mi fece sedere sulla
poltrona, raccolse tutti i miei abiti mettendoli dentro una tovaglia
tirata via da un tavolo, mi mise addosso il telo di cotone ricamato che
copriva un divano, mi riprese in braccio e uscimmo da quella orribile
casa.
Prima di entrare in macchina, al portone della villa apparve
ancora Ludovico, con il naso fracassato e sanguinante, che urlava: "Sei
un uomo finito! Sai cosa posso farti!".
- "Ma vaffanculo!", gli rispose Franco.
Durante
il viaggio di ritorno in macchina, io, seduta sul sedile posteriore,
ero riuscita parzialmente a rivestirmi, pur se molto scossa e intontita.
- "Dove... dove... dove hai mandato Simona?", chiesi.
-
"Simona non è andata da nessuna parte", rispose, "La coppia con cui
avevo combinato l'incontro ha cambiato programma e si dovrà rimandare".
- "Ed è vero?".
- "Sì. Ma la cosa finisce qui. Non ci saranno altri incontri. Del debito del suo negozio non si dovrà più preoccupare".
- "Perché?... Perché stai facendo questo?".
Non mi rispose, ma nel giro di poco arrivammo a casa sua.
Preparò la vasca da bagno, e io, sfinita, non mi feci ripetere l'invito ad entrarci.
Mi
lavò lui e con delicatezza, poi, dopo avermi asciugata, mi fece
stendere sul letto, medicandomi con una pomata le escoriazioni sulle
ginocchia, oltre che quelle sui fianchi e sulle natiche prodotte dai
colpi del frustino.
Infine mi diede la giacca di un suo pigiama, mi coprì con un lenzuolo e un caldo piumone.
Gli
chiesi ancora: "Perché?... Perché l'hai fatto?", ma non attesi la
risposta: il tepore delle coperte fece il suo effetto e io crollai nel
sonno più profondo.
3 commenti:
Situazioni sempre inaspettate, con in questo caso anche l'aggiunta di un'ansia mai provata leggendo un racconto simile, e non solo per la situazione descritta, così buia e malsana, ma proprio per lo stato d'animo della protagonista, che ho avvertito molto. Il finale concede spazio a quelli che credo saranno interessanti sviluppi nel prossimo episodio, purtroppo l'ultimo.
Grazie da parte mia, MoniKa!
Sonia B.
Un racconto davvero imprevedibile, puntata dopo puntata.
Questa serie mi mancherà!
Sebas
Complimenti, un racconto davvero carino; ben scritto e che descrive una situazione intrigante
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