LO SHOTTINO
"Versare prima il liquore al caffè, poi il liquore all’amaretto e infine la crema di whiskey: con quest’ultima formate uno strato ben distinto, aiutandovi con un cucchiaio per farlo scendere lentamente la crema sopra i due liquori.Decorate con un ciuffo di panna montata. Prendete in bocca il chupito, rigorosamente senza mani, ed inghiottite d’un colpo."
Blowjob drink
Chi non beve e non bacia è peggio che morto
J.W. Goethe
Sara salì in terrazza a metà pomeriggio per ritirare i panni. Li aveva stesi la mattina ed erano belli asciutti grazie ad un bel vento d’inizio autunno che tirava, fresco e piacevole. Le gonfiava i capelli, frusciava sotto la gonna, saliva tra le gambe con un leggero effetto erotico. Non aveva fretta di raccoglierli e andarsene: si appoggiò invece al parapetto del terrazzo a guardare in lontananza il paesaggio dei Castelli romani e le nuvole che si rincorrevano in cielo. Il vento sul viso la faceva sentire viva e fresca; aveva cinquantadue anni e – come molte donne temeva il viale del declino, resistendo però alla tentazione di abbandonarsi a fare la mamma-moglie-impiegata a tempo pieno. Era mora, portava i capelli neri corti e ricci; aveva occhi profondi, lucenti, una bocca ridente, labbra piene che erano il suo orgoglio. Non portava il reggiseno, era uscita così di casa e ne avvertiva il leggero, pigro peso da donna matura, con una sua piacevole sensualità. Era piccola di statura, minuta, con belle gambe e - lo sapeva dagli sguardi maschili – anche un bel culo. Sobbalzò perciò quando se lo sentì toccare; quasi una sculacciata leggera sulla natica, con un seguito avvolgente e confidente; come una carezza confidenziale che la turbò e la fece voltare di scatto stupita, irritata e anche impaurita.
Lui s’impaurì più di lei: era un ragazzo alto ed occhialuto, lo riconobbe per il figlio dei signori del terzo piano, ora studiava a Bologna e non c’era quasi mai. Avrà avuto circa venticinque anni; aveva un bel fisico magro, tonico e nervoso, la camicia era sbottonata sul petto e i jeans stretti rivelavano tutta la sua gioventù e molta palestra. Anche lui aveva una capigliatura selvaggia, scompigliata dal vento e teneva un cestino per panni nell’altra mano.
Ehi! Ma come ti permetti! – l’aggredì - e chi cavolo sei? Esclamò aggiustandosi i capelli per il vento e per nascondere l’imbarazzo di quell’improvviso, non richiesto omaggio.
Lui sembrò sorpreso e avvilito. Disse: scusa tanto, ti avevo scambiato per Mena….
Mena chi? fece lei, improvvisamente più curiosa che irritata.
Mena, quella del quinto piano, cercò di spiegare - andavano insieme al liceo …
Ah, ecco! - voleva apparire seccata ma non ci riusciva del tutto - Era un amichevole saluto, insomma... e sorrise ironica.
- Ehmm sì; siamo stati insieme per un pò, poi io sono andato all’università a Bologna e lei si è messa con altro...
La voce prese un tono amaro.
- Eh sì...
Non ci credo
Ti giuro; da dietro mi è sembrato proprio il suo... culo... terminò un pò, ma non troppo imbarazzato.
Mi dispiace - aggiunse ancora, ma il vistoso rigonfiamento dei suoi jeans smentiva clamorosamente ogni dispiacere.
Quell’omaggio visibile la inorgoglì suo malgrado: aver prodotto quel rigonfiamento importante in un ventiquattrenne era un bel complimento, no?
Beh almeno hai avuto stò flash di Mena.. - disse indulgente - Ma avevate un appuntamento?
No no, ero salito solo per raccogliere le cose della mamma che ha steso stamattina; per non farle fare le scale...
Perchè è anziana?
Eh beh... Ha quasi sessant’anni, rispose lui protettivo.
Ah ecco... commentò lei agra – a proposito: quanti anni pensi che abbia io?
Era una domanda da non sbagliare quale che fosse la posta in gioco, pensò. Azzardò: 39
Lei rise: - Ah nè 50 nè 40 eh? Una cifra negoziata... . Le piaceva quell’imbarazzo; ne era stranamente compiaciuta. Però il tipo – vista che si era rassenerata- si era avvicinato come per guardare il paessaggio, appoggiandosi al parapetto accanto a lei che, da parte sua, non si scostò.
Così il test di affinità schizzò bello alto. Si misero entrambi ad ammirare il panorama in lontananza. Il colpo d’occhio da lì spaziava lontano, abbracciava la fitta geometria urbana che si stendeva a perditad’occhio con in fondo la linea dei Castelli e le nuvole che corevano nel cielo, gonfie e veloci, annunciando pioggia.
Senza mostrare alcuna fretta di raccogliere i panni, indugiarono lì, gomito a gomito si poteva dire.
Lei sentiva acutamente la fisicità del giovane e non faceva nulla per sottrarsi. Il suo corpo di donna, accarezzato dal vento, sembrava far crescere quella fisicità con una spontanea risposta ormanale, pensò lei, che certo il suo fin troppo leggero vestitino incoraggiava. Era come se lui la vedesse e, soprattutto, la sentisse complice la stretta vicinanza che il vento sembrava ridurre, pensò lei distrattamente.
Gli sguardi rapidi e frequenti del ragazzo a ciò che si intravvedeva o percepiva, diventavano sempre più intensi, senza tuttavia metterla in imbarazzo: erano anzi carezzevoli; ammirati e confidenziali insieme, e lei sentì che si lasciava andare volentieri ad essi mentre rifletteva sul sex-appeal non-voluto, per così dire. La camicia di lui era aperta sul petto, i jeans stretti e quel gonfiore che non accennava a ridursi, erano la risposta a quel contatto affettuoso con il suo culo, al vestitino ultra leggero, alle mutande di cotone da mercatino che indossava sotto, al reggiseno che aveva invece lasciato nel cassetto. Era l’attrazione fatale del quotidiano, del fortuito, del domestico.
Beh, comunque ricordati che non sono Mena… gli disse intercettando al volo uno sguardo intrusivo nella sua scollatura: si sentiva vulnerabile senza reggiseno e soprattutto esposta al confronto, visto l’approccio con il suo sedere.
No certo, rispose lui; lo so; tu sei molto diversa di lei: molto più affascinante. Mi piaci tantissimo.... aggiunse con timida audacia che le piacque. Aproffitando della congiuntura favorevole si chinò verso di lei e le cercò la bocca. Lei si scansò ignorando il tentativo e chiese con finta noncuranza: Ah davvero? Sarà il fascino della milf... commentò auto-ironicamente. Ma che milf... - fece lui sconsolato - sei veramente splendida....
-Ah sì? Insomnma mi porteresti a prendere un drink con i tuoi amici? chiese in tono caustico (sembravo una zitella, confessò il giorno dopo alla sua amica Elena).
La battuta l’imbarazzò; però rilanciò d’istinto: Ma certo! Farei un figurone!! Ti porterei al Red & Black a prendere un bel BlowJob: sono sicuro che lo berresti alla grande! Altro che quelle ragazzine che fanno le fighette. Lo sai come si beve?
No, disse lei ironica; sono fuori esercizio.
Seee - rispose ancora con tono scettico- è certo che non lo sai: è roba da ragazzi, da studenti... Sono drink da riti tribali, feste di celibato, così... Se vuoi te lo spiego.
Sentiamo , disse lei poggiando il mento sulla mano e guardandolo in viso. Era proprio un occhiulato col sess’appilglio, pensò nel suo arretrato slang Anni Settanta; tonico, dinoccolato, con mani lunghe ed eleganti, una leggera barba morbida sul viso, occhi scuri intensi, profondi e ridenti dietro le lenti.
Insomma, è uno shottino a tre strati, con liquore di caffè, amaretto e crema di whisky: sopra si mette un top di panna e si beve tutto d’un colpo, con le mani dietro la schiena, prendendo il cicchetto con tutta la bocca e reclinando la testa all’indietro, un solo colpo. Per questo si chiama Blowjob... spiegò.
Lei ascoltava divertita e interessata: Non lo conoscevo: è forte?
Beh, sì...ammise lui; saranno 30°. Sembra che sia nato tra fine Anni 80 ed i primi Anni 90 in Usa, nelle feste per ragazze di addio al nubulato. Ci sono anche diverse varianti, come far bere il bicchierino nella cintura dei pantaloni di un uomo, come se gli facessi un pompino, oppure bere prima lo shottino, poi aprire la bocca e ricevere il topping di panna, magari dal tuo ragazzo ...
Ahaha - rise lei di gusto; carino però. Ma che creatività sta’ generazione Zeta, commentò.
Beh - fece lui - alla fine viene da un rito antico del bere. Pare che gli olandesi avessero questo modo tradizionale di bere, lo chiamavano la testata, in cui prima si beve una birra e poi uno shottino di rum, bevuto senza mani: così ti devi abbassare e sembra che dai davvero una testata...
Risero ancora. Poi cadde un breve silenzio, improvviso ed insolente come una sfida: “Allora? Che volete fa’?”
Lei trovò la soluzione scrutando prima il cielo sempre più scuro e poi i panni sempre più agitati dal vento.
Bisognerà raccoglierli propose a malincuore come se parlasse a sé stessa: prima che venga a piovere.
Lui sembrò mortificato da quel brusco ritorno alla realtà, tanto che lei d’istinto lo prese per mano: Vieni ad aiutarmi sù così fai qualcosa - e lo tirò dietro le lenzuola stese.
Erano profumate di vento; sembravano quasi una quinta teatrale complice e protettiva che li avvolse subito.
Lui le mise subito le lunghe mani sulla vita snella, stringendola in un cerchio fermo e carezzevole. Aveva belle mani pensò lei e le sapeva usare, il dinoccolato. Quel tocco mancava a Ernesto, suo marito, pensò anche molestamente; come altro del resto…
Lui le cercò ancora la bocca ma lei preferì ancora sottrarsi affondando tra le sue braccia ed aspirando l’odore del suo petto e del suo corpo. Tenendola sempre per la vita lui la sollevò e la fece roteare; girarono su sè stessi, avvogendosi ancora più nelle lenzuola. Le girava la testa per il movimento e anche per i sensi briscamente risvegliati dal vento e dalle mani forti di lui sui suoi fianchi. Anche il il profumo di biancheria e dei loro corpi congiurava a creare un mixing inebriante; era un bel drink sensoriale, non a strati come nello shottino, ma con-fuso.
Quelle lenzuola che l’avvolgevano la facevano sentire più protetta e sicura di quanto non fosse in realtà. Il corpo di lui (- a proposito- chiese a bruciapelo: - come ti chiami? ; Riccardo, rispose lui ridendo - e tu? - Sara, disse ridendo anch’essa), le dava invece una leggera euforia che aveva l’effetto di attrarlo a sua volta, quasi famelicamente.
Mentre continuavano a pomiciare ridendo, ansanti e storditi., lui d’un tratto disse: C’è un altro shottino sai , che vorrei bere con te.
Ah sì? Quale? - fece lei curiosa.
E’ il Killer Pussy Shot, - spiegò tenendola ben stretta per la vita m cercando un contatto più globale col suo corpo, al quale lei non si sottrasse. Le sue mani assaporavano la curva dei suoi fianchi con delicata ma minuta esplorazione.
E sarebbe? - chiese sempre più presa e curiosa.
- E’ un mixing di grappa, rum, tre tipi di vodka, due succhi di frutta e granatina; si serve con fetta di limone ripiegata dentro il bicchiere e cristalli di sale sul bordo. Quel mix acido-salino e quel fruttato-forte ti danno alla testa... Proprio come tu a me adesso, aggiunse a bassa voce, mangiandola con gli occhi.
E come si beve? - chiese lei.
Prima assapori la bocca del bicchiere, bagnata di succo di lime e sale; poi prendi in bocca la fettina di limone ripiegata, la mordi e la assapori, poi butti giù d’un fiato tutto lo shottino. Ha un gusto sapido ed agrumato, poi arriva l’exploit di fuoco, moderato dalla morbidezza fruttata e dalla granatina dolce….
Uhmmmm fece lei provocatoria, socchiudendo gli occhi. Sembrava un barman l’occhialuto, ma sapeva toccare le corde giuste con le sue sinestesie verbali e sensoriali. Riaprì gli occhi e trovò i suoi ad aspettrala. Le sembrò di trovarsi in un altro mondo; sprofondando lo sguardo nel suo gli passò una mano tra i capelli, assoporandone la massa ribelle. Poi con sicurezza glieli afferrò spingendogli la testa giù, in basso e verso il suo ventre: - Fammi sentire come lo bevi, Riccardo - sussurrò. Non le sembrò la sua voce.
Lui scivolò subito ai suoi piedi, le sue mani si infilarono sotto la gonna. Le sentì risalire sulle cosce fino ai fianchi, calde e sicure. Trovò le mutandine e gliele sfilò facendole abilmente arrotolare sulle cosce fino a farle cadere alle caviglie. Lei l’aiutò a liberarsene sollevando i piedi uno alla volta, ma perdendo i sandali che si sfilarono anch’essi. Le sue mutandine, invece, appena toccarono terra furono rapite da un colpo di vento malandrino che le portò via come bianche ali di gabbiano, pensò poeticamente, guardandole sparire in alto. Anche quella le sembrò una metafora dei suoi troppi tabù e divieti, volati via in quel pomeriggio ventoso di una giornata speciale.
Riccardo, in ginocchio, cacciò la testa tra le sue gambe aperte; con le mani suoi suoi fianchi la fece appoggiare al muro del lavatoio e si inabissò sotto la sua gonna. Si inebriò del profumo e della peluria artisticamente rasata della sua figa per un intenso, brevissimo istante. Poi, con misurata voracità avvicinò le proprie labbra alle sue labbra e la baciò, assaporandola a lungo. Il suo naso esplorò i misteriosi sentori e le profumate morbidezze della sua vulva, che si avvertivano leggere ma persistenti, tanto da dargli alla testa. Sara si sollevò la gonna arrotolandola intorno ai fianchi, cercò e trovò un buon radicamento dei piedi nudi sul pavimento del terrazzo ed affondò le dita nei capelli ricci e scomposti di lui. Aprì ancora di più le gambe, quasi spingendogliela in bocca, come se volesse sprofondare nel suo viso. Lui accolse con devozione la vulva aperta e palpitante, affascinato e stordito dalla sua energia e vitalità. La sua lingua cominciò alacramente ad esplorarne l interno, senza sosta ma senza fretta, gustandone il vellutato e misterioso mondo carnale che celava. Iniziò il suo sapiente lavoro orale, governato attivamente da lei e dal suo corpo più intimo che dialogava con la bocca di lui in una costante e sempre più complice intesa.
Il nome del drink, in fondo, a leggerlo bene, parlava chiaro. Il colpo di figa assassina arriva d’un tratto e d’improvviso, come l’orgasmo femminile appunto; diretto, istantaneo. Un’ esplosione vitale della pussy , scossa violentemente dall’orgasmo. Lui l’aspettava vivendo intensamente ogni attimo di quel lungo e devoto lavoro orale che lo preparava. Le sue mani sul suo culo e le sue cosce la attiravano possessivamente a sé, mentre lei gli artigliava i capelli spingendogli la vulva sul viso, come se volesse divorarlo. Fu così che sentì arrivare il colpo assassino dalla misteriosa e segreta profondità di Sara. Era un’ energia prorompente che si annunciò con spasmi crescenti e continui, una spirale originata da un’ invisibile centro orgasmico. Riccardo l’accolse famelicamente, il viso interamente bagnato di succo di venere e della propria stessa saliva. Forse era questo l’elisir d’eterna giovinezza, pensò: altro che lo shortino, come lo storpiavano i suoi ignorantelli amici borgatari.
Il miracolo dell’orgasmo di lei lo lasciò stupito, ammirato ed grato per averlo in qualche modo co-prodotto, quel silente piacere femminile che lei lasciò trapelare appena – come sanno fare solo le donne – in un leggerissimo, lungo sospiro. Forse era stata la chimica dell’incontro, come dicono le donne, ma lui preferiva pensare ad una più sottile attrazione creata dall’improvvisa e imprevista vicinanza dei loro corpi e delle loro anime.
Quando la tempesta di spasmi cessò, Sara scivolò a terra in ginocchio davanti a lui e gli cercò la bocca.
Si baciarono avidamente. Aveva un sapore buonissimo, pensò lei; un mix di sentori e profumi che si univano nelle loro bocche. Quando– a fatica – si staccarono l’una dall’altro, lei era luminosa e lui raggiante.
Restarono poco in quella luce incantata perché negli occhi di lei comparve quasi subito un desiderio di reciprocità o se volete, di restituzione che tradusse con la metafora dello shottino.
- Adesso tocca a me farmi il mio cicchetto….
- Sìii Sara, fece lui con una spontaneità che la fece sorridere: - è l’ora del tuo blowjob….
Cercò la zip dei suoi jeans, la fece scorrere fino in fondo, fece saltare il bottone di rame ed i jeans scivolarono giù alle ginocchia. Lei gli abbassò gli slip, liberando un fallo fieramente eretto.
- L’ho notato subito, confessò con imbarazzante sincerità : -è un bell’esemplare, vero? Direi un calibro 25…
-Ventiquattro, corresse lui con finta modestia.
- Ecco... appunto ... - disse lei e con un gesto deciso e quasi casuale, afferrò un plaid steso ad asciugare, ormai asciutto, e lo tirò giù, sul pavimento.
- A me in ginocchio non pace farlo - spiegò : -così staremo più comodi tutti e due.
- Certo - accettò lui subito distendentosi sull’improvvisata alcova.
Si distese al suo fianco, ammirando il fallo sfrontamente eretto: - Però... sembra proprio grande, mormorò.
– Non per una donna... come te... concluse senza nessuna enfasi, e lei colse tutta la sua ammirazione.
- Tu lo farai alla grande il tuo shottino, disse sicuro : - fino al topping con la panna.
- E il flambè non ce lo mettiamo...? aggiunse lei ironica.
Uhmmm ... - mugolò Riccardo: - ma quello è il B52!!
- Me lo spieghi un’altra volta, fece lei mentre si chinava verso lui che aspettava impaziente. Chinò lentamente la testa e posò le labbra su quel turgido desiderio verticale, ammirandone la scultorea bellezza. Poi socchiudendo lentamente gli occhi lo incorporò con amorosa voracità.
Era pieno, duro ed elastico insieme; aveva una cappella piena, tonda, avida e prepotente. Era da tempo che non assaporava quell’ inebriante golosità che provava; forse dai mitici tempi dell’università. Scoprì nell’esperienza che lo desiderava molto quel blowjob, senza preoccuparsi troppo di essere anche brava. Con sfrontatezza si impossessò del suo fallo ed iniziò a domesticarlo sapientemente e voracemente, gustandone la pienezza e la plasticità da scultura classica. La sua lingua ne seguiva le nervature, ne scopriva i sapori, il suo naso percepiva i suoi odori, e le labbra la circonferenza ben tornita, la verticale, flessuosa altezza. Era un’esperienza che definire orale sembrava decisamente riduttivo. Il lavoro orale femminile era complementare a quello maschile, pensò la sera accanto a suo marito che dormiva. La bocca della donna infatti solletica, adula, lecca per esaltare ed esasperare la sensorialità acuta del fallo, portarlo al culmine per poi spomparlo con una profonda suzione che ne estrae – quasi con violenza – il seme, scatenando così il piacere che prorompe dall’interno e dal cervello; un climax amministrato magistralmente da una bocca di donna come per domesticare e ridurre quell’ orgogliosa ed eretta verticalità fallica, trasformarla in pigra morbidezza da biscia addormentata. Viceversa l’uomo succhia e penetra la vulva per scatenarne gli spiriti animali che, come una spirale potente attivata dal sapiente lavoro orale maschile, prorompono prepotenti, richiamati dalle profonde forze uterine e femminili. Yin e Yang, in effetti combattono e colludono insieme nel rapporto sessuale vero, mostrando le loro infinite combinazioni dinamiche, le virtuose performance create dall’eros che è forza culturale e non solo drive naturale. Quando il fallo si fece prepotente invadendone la cavità orale con crescente desiderio, prese a spomparlo con vergognosa voracità. Non credeva di saperlo fare così, da baddass girl. Si scoprì invece abile e determinata nel produrre quell’esplosione che le avrebbe felicemente riempito la bocca rendendola più libera e viva.
Aveva sentito parlare, tra colleghe, del blowjob brutale, quello che i romani antichi chiamavano irrumatio; una specie di coito orale che ti sbatte come un fuscello, causandoti una sorta di stordimento. Ma lì,con Riccardo, era lei il tornado; una potente forza naturale che il fallo magnum di lui sembrava accrescere (misteri dell’ interazione tra Yang e Yin) donandole un’ energia che riconvertiva in suzione profonda, ritmica e potente.
La sua bocca, come una ventosa sul fallo di lui, produceva un sottofondo sonoro (da sex sound) fatto di indecenti rumori, parole sporche e mugolii, che l’eccitavano molto. Quella full immmersion sensoriale totale le mancava; ma la cosa che più la sorprendeva era quel suo stare in situazione come ci fosse sempre stata. Con consapevolezza lo spompò fino in fondo, con escursioni sempre crescenti e veloci, fino ad ottenere imperiosamente la spumeggiante esplosione accompagnata da un grido soffocato di lui che le vibrò fin dentro la pussy.
Era come se l’avesse accoltotutto dentro di lei pensò mentre sentiva schizzare, denso copioso, il suo sperma caldo, che accolse voracemente fino all’ultima goccia. Aveva la bocca piena di lui: ne ingoiò uno shottino, conservandone però una parte per lui. Sollevando la testa con la bocca ben chiusa, cercò i suoi occhi acuti e brillanti, si avvicinò al suo viso e si chinò sulla sua bocca. Lui sembrava aspettarla famelico per condividere il mix ormai indstinguibile di topping e saliva sua e di lei. Si baciarono lungamente, senza fine. Quando si separarono cominciavano a cadere le prime gocce di pioggia. Raccolsero
- Certo, rispose ironica- ruberò il toppino dorato e la mini nera a mia figlia e ci metterò sopra il mio blazer avorio, che ne dici?
Splendida !
Un flash improvviso le venne in mente, forse evocato da tutto quel parlare di drink e mixing.
Sai che ti dico? Ti porterò io a bere in un posto che conosco e dove vado insieme con le mie amiche.
Uhmmm rispose lui incuriosito. E cosa mi farai bere?
E’ questo l’esperimento: conosci il Negroni punk, vero?
Sì, certo, rispose lui interessato.
Ecco: è una mia variante che mi è venuta in mente adesso, come il look rubato a mia figlia ma miscelato con qualcosa di mio. Lo guardò ridente: faccio mettere due cannucce di acciaio nel bicchiere centrale, dove ci va il gin, affiammato con l’assenzio. Poi, uno per uno, versiamo dentro tu il Campari ed io il Vermouth e beviamo prima che i due liquori trabboccano dal bicchiere affiammato: Che ne dici?
Grande!! Esclamò lui felice come un adolescente dinanzi alla sua invenzione fiammeggiante.
Nel frattempo, aggiunse Sara facendogli con un’ultima carezza- non farti troppi blowjob e Pussy Killer Shot : fanno male se esageri… e si allontanò senza voltarsi, raggiungendo la porta della terrazza. Sulla soglia le arrivò la sua risposta.
Stai tranquilla Sara, non berrò fino al nostro Negroni per due di tua invenzione. Mi raccomando, non mancare; non perdere l’esercizio.....
Si voltò lasciandogli un lungo sorriso e scomparve.
1 commento:
Bel racconto, dei tre ambientati sulla terrazza lo metto al secondo posto come preferenza, dopo quello della spadaccina che ritengo il migliore. Complimenti all'autore.
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