Care lettrici e cari lettori, oggi vi presento il racconto del mio carissimo amico GERMANO GARAU.
Per chi non lo conoscesse, Germano è sopratutto un bravissimo disegnatore, illustratore e fumettista, ma sa anche scrivere molto bene e questo racconto che mi ha inviato ne è la prova.
E' un suo racconto erotico che teneva dentro un cassetto da tempo, un'idea rimasta un po' in sospeso, a metà, perché non sapeva come concluderla. Io l'ho un pochino aiutato a trovare una chiusa, un finale e adesso è venuto fuori PERCHE' NON RISPONDI? che vi invito a leggere, perché trovo sia molto eccitante nella sua "semplicità" , ma anche realistico come situazione sexy, non esagerata, ma intrigante, con un'atmosfera sottilmente morbosa...
Il disegno che vedete sopra e che fa da "cover" al racconto, è ad opera dello stesso Germano, che ringrazio. Anche l'altro bel disegno che vedrete leggendo il racconto è firmato da lui, mentre le altre immagini fotografiche che fanno un po' da cornice sono prese dal web...
Poi se siete curiosi di conoscerlo meglio vi rimando all'intervista che mi rilasciò tempo fa in occasione della pubblicazione di un suo fumetto dedicato a YRA di cui era autore anche della sceneggiatura e che potrete rileggere CLICCANDO QUI ...
Perché
non rispondi?
Avevo
cambiato casa da meno di un anno, e ancora non mi ero reso conto di
quanto fosse esposta al calore estivo...
I giorni galoppavano, agosto
doveva essere già iniziato, mi pare, e diventava sempre più
difficile tenere l'appartamento al riparo dalla luce solare e
dall'afa. Per questa ragione chiesi alla mia ragazza di raggiungermi
solo nel tardo pomeriggio, quel venerdì, in modo da poter usare le
ore più calde per riposare e poi fare una bella doccia prima del suo
arrivo, avremmo poi potuto organizzarci per la cena e la serata.
Angelica.
Era un piccolo scrigno di bellezza, perennemente sorridente alla
vita. Quel sorriso, che lei esprimeva stendendo le labbra fino a
gonfiare le guance e liberare i denti bianchissimi, era prodotto
anche con gli occhi, profondi e scurissimi, che s'incurvavano e
diventavano una sottile linea scura dalla quale si intuiva la
presenza di uno sguardo infinitamente amorevole e divertito.
Gli
impegni quotidiani ci tenevano distanti per quasi tutta la settimana
e l'arrivo del week-end era atteso da entrambi come da bambini si
aspettava la notte di Natale. Quindi capirete quanto fossi felice
quando sentii il campanello suonare esattamente mentre mi stavo
chiudendo la cintura sui vestiti appena messi, una precisione
inusuale (per entrambi) che mi evitò di farmi trovare ancora in fase
preparatoria ma anche di restare ad attenderla sudando nei tessuti.
Entrò
in casa piano, muta in quella penombra che cercavo disperatamente di
mantenere. Così, senza una sola parola, fece un passo avanti
portandomi un bacio sulle labbra con un unico e leggero movimento.
Ricordo la fatica che facevamo a stare lontani: il piacere che
provavo quando la riabbracciavo era pari solo al piacere che mi
faceva vedere lei altrettanto inebriata e felice. Chiusi la porta e
la luce si abbassò ulteriormente, aumentando quell'idea di silenzio
da preservare.
Aveva
un vestitino estivo di cotone blu scuro molto lungo con un motivo a
fiorellini bianchi, senza cintura, un'ampia scollatura quadrata e le
maniche corte sbuffate. La adoravo, sapeva quanto fossi appassionato
del poter infilare le mani tra quei panneggi a cercare la sua pelle,
lungo le sue curve. Far scorrere i polpastrelli su di lei cercandola
in mezzo a quei drappeggi era un'attività che mi dava un piacere
strano di cui non mi saziavo mai....
La scollatura era bellissima, i grossi seni restavano lievemente strizzati dentro, quasi fino al confine delle bellissime areole tonde che ormai conoscevo ma che ritrovavo ogni volta con lo stesso sbalordito entusiasmo. Sembrava che la punta di quelle tette meravigliose spingesse per ritrovare la libertà negata e io ero l'eroe che glie l'avrebbe ridata sempre. Che bello averla addosso, con quel favoloso profumo di biscotto e le curve gioiose.
La scollatura era bellissima, i grossi seni restavano lievemente strizzati dentro, quasi fino al confine delle bellissime areole tonde che ormai conoscevo ma che ritrovavo ogni volta con lo stesso sbalordito entusiasmo. Sembrava che la punta di quelle tette meravigliose spingesse per ritrovare la libertà negata e io ero l'eroe che glie l'avrebbe ridata sempre. Che bello averla addosso, con quel favoloso profumo di biscotto e le curve gioiose.
“Hai
deciso cosa fare?” mi chiese mentre avevo il volto infilato dentro
al suo petto a combattere per portarlo all'aria aperta. Ero già
mezzo ubriaco di lei e non le risposi subito. La afferrai per le
chiappe e la portai sul divano. Lì le tirai fuori i seni dalla
scollatura e mi beai di quell'immagine splendente afferrandoli e
avvicinandoli l'uno all'altro. Lei mi baciò dapprima la guancia e
poi tutto il viso con la delicatezza di un pulcino che, zampettando
assieme ai suoi fratelli, pigola nell'aia. Scese sul collo e sul
petto. Io avevo già un'erezione pronta ad abbattere con un tocco
anche un muro di mattoni. Era tutto così fottutamente giusto e
meraviglioso da sembrare impossibile.
Ricordo
che nelle ore precedenti avevo pensato a qualcosa da fare con lei
prima di cena, ma qualunque cosa fosse ora s'era persa nello spazio
come una cometa.
Prima mi
aprì la camicia e poi, continuando a sbaciucchiarmi un centimetro
dopo l'altro prese a tastare con la mano il rigonfiamento dei miei
pantaloni, lo stringeva e lo scorreva come a volerne ripercorrere la
sagoma per assicurarsi che non ne mancasse qualche parte. Quando fu
certa di questo cominciò ad armeggiare con la lampo, riuscì ad
abbassarla con qualche movimento e vi infilò dentro la sua mano
cicciotta, dalle unghie curate ma corte e sulle quali metteva solo
uno strato di lucido trasparente. Trovò immediatamente il
prigioniero scalpitante e lo afferrò. Col pugno ben stretto intorno
riuscì dopo un po' a tirarlo fuori. Lo guardò compiaciuta, conscia
di essere lei la fautrice del cambiamento strutturale di quel coso:
il fatto che per l'ennesima volta il mio corpo non potesse nascondere
il potente piacere che provava nel vederla e il grande desiderio di
possederla era il complimento più lusinghiero che potesse ricevere.
E se lo godeva come testimonianza della sua irresistibile attrattiva
carnale. Prese a far scorrere la pelle morbidissima su e giù per la
canna di quel trofeo lentamente. Le piaceva soprattutto vedere
ricomparire il glande gonfio e teso portando in giù il pugno, mi
disse. Ogni tanto alzava lo sguardo verso di me e io sentivo che la
quantità di sangue che continuava ad affluire verso il membro era la
stessa che fino a poco prima stava nel mio cervello a portare
ossigeno ai miei pensieri. A un certo punto smise di muovere la mano,
ora teneva la presa salda alla base e avvicinò la bocca alla punta,
prima cominciò a strusciarla sulle labbra distrattamente poi prese a
leccarla con la punta della lingua seguendo il profilo circolare. A
un tratto suonò il cellulare che tenevo nella tasca giusto nel
momento in cui lei aveva allargato le labbra e stava portando dentro
la bocca tutto quello che riusciva a far stare di quel pezzo di
carne, suonò a pochi centimetri dalla cosa più bella del mondo.
Sapendo che nulla sulla faccia della Terra aveva più importanza di
me e lei, in quel frangente decisi che presto, chiunque fosse,
sarebbe potuto andare a rompere i coglioni a qualcun altro e lasciai
suonare. Dopo qualche secondo però Angelica sollevò piano la testa
dall'oggetto della sua attenzione e mi sussurrò:”Passerai per
scortese, perché non rispondi?” e se lo rimise ben bene in bocca
succhiando. Colsi la sfumatura e incuriosito presi il telefono.
“Lela” fu il nome che comparve sul display.
Lela
era un ragazza con cui ebbi una storia anni prima, parecchi anni
prima, alla fine delle superiori. Non era successo nulla di
scopereccio, mi lasciò prima di arrivarci perché le girava così,
ma aveva preteso che restassimo amici. Non la sentivo in realtà da
tre o quattro anni. Tant'è che sgranai letteralmente gli occhi
quando lessi il suo nome:“Com'è possibile” pensai “che chiami
proprio durante un fantastico pompino e che l'esecutrice di questo
sia presa bene che io risponda pur non sapendo chi sia”.
Risposi
con entusiasmo: “Ciao Lela! Quanto tempo: non sai che PIACERE!”
Angelica non conosceva il nome ma comprese immediatamente il quadro
generale e ne fu particolarmente eccitata infatti prese a succhiare
come se volesse staccarmi il cazzo e portarselo via per ricordo,
guardandomi in faccia per vedere se raccoglievo la sfida di riuscire
a mantenere la telefonata senza farmi beccare. E io raccolsi quella
sfida, eccome.
Lela
era un po' triste. Pensai “Ecco un'altra che si fa fottere da
qualche stronzo e poi chiama me per vomitarmi addosso le sue
cazzate...”. Infatti esordì subito dopo, senza troppi giri di
parole, dicendo “Tu sei sempre stato così gentile e presente,
invece il mio fidanzato è egoista e geloso”. Eravamo al telefono
da 40 secondi dopo anni e già attaccava a raccontarmi i cazzi suoi
come fossi il suo analista.
Cominciò
a dirmi che con la scusa dei suoi spazi non si fa sentire per giorni
e che è un fanatico di calcio. Intanto l'altra mi mungeva il cazzo
come non mai.
“Senti
Lela, ma ti piace ancora fare cosacce col rischio di farti beccare?”
le dissi brutalmente interrompendo quel fiume di lagnanze. “Ma che
dici, dai...” ma senza mollare l'osso continuai: “Eh, sì, ti
ricordi sul treno per Budapest, quando mi stavi seduta tra le braccia
nello scompartimento con gli altri...”, “Ti coprivi col mio
giubbotto dicendo che avevi freddo e sotto il giubbotto prendevi le
mie mani e te le infilavi nei jeans, ti ricordi?” “Ti eccitava
che potessero scoprirci da un momento all'altro mentre...”cercò di
fermarmi dicendo “È passato tanto tempo, perché tiri fuori 'ste
cose?”. Avrei voluto dirle cosa avevo veramente tirato di fuori in
quel momento e invece continuai: “Che c'entra il tempo, è un bel
ricordo di noi due, con chi dovrei parlarne? Mi son sempre chiesto
che avresti fatto se fosse caduto il giubbotto, tutta sbottonata, con
la mia mano infilata in mezzo?”. A quel punto cambiò registro,
tornare a quel momento non le dispiaceva affatto anche se cercava di
stare un po' sulle sue. Si lasciò scappare “Sì, è vero era
tremendamente eccitante. Non so cosa avrei fatto, forse sarei
scappata per la vergogna”...
...Cercando d'essere gentile e
confidenziale continuai: “E con questo qua che invece preferisce
andare allo stadio non le fai più queste cose? Tanto lo so che o le
fai con lui o le fai con qualcun altro...”. “ Ma dai” cercò di
svincolarsi poco convinta “Non sono mica una troia...”, a quel
punto misi la mano sulla testa di Angelica, le infilai le dita tra i
lunghi e vaporosi capelli neri e risposi: “Mannò che non sei una
troia, solo che ti piace giocare, a me piacciono le ragazze a cui
piace giocare. Ad esempio perché non mi fai uno squillo la prossima
volta che c'è lui? Ti potrei richiamare. Non ti piacerebbe fargli
credere che sono tua madre mentre lui te la sta leccando?”. A quel
punto mi morsi la lingua “Merda, ho esagerato” pensai, e per
qualche secondo il silenzio si stirò come un elastico senza fine,
poi lei riprese a parlare con un tono di voce più basso “Sei un
porco... ma tu lo faresti davvero?”, “Certo che lo farei, sarebbe
bellissimo, sarebbe come esserti accanto mentre godi, come se facessi
l'amore con tutti e due contemporaneamente...”. In effetti era
un'ideuzza niente male e per un attimo mi sembrò come se a leccare e
succhiare il mio cazzo ci fossero due bocche al posto di una, ero in
tiro come non mi era mai capitato prima.
“...
e lo faresti anche adesso?”
Non
avevo più un neurone libero, quelli più svegli erano dietro a
questa conversazione surreale, i più duri continuavano a pompare
sangue al cazzo, tutti gli altri avevano smesso ogni attività,
avevano preso i pop corn e si stavano gustando l'evento.
“Lui
adesso è di là, sta giocando... mettiamo che ti squillassi tra
qualche minuto... cosa faresti?”, “Credo che conterei fino a
dieci e poi ti richiamerei”. Senza dire altro chiuse la telefonata.
Guardai giù, incontrai lo sguardo di Angelica, ancora col cazzo in
bocca, se lo tolse piano e disse “Sei proprio un buon amico,
bravo... e adesso?”. Le presi il viso, mi sporsi su di lei e la
baciai. Le afferrai le tettone incorniciate dal vestito e lei si
spinse, offrendole orgogliosa ad agevolare il mio smanacciare. Avevo
come la sensazione che non fossimo mai vissuti l'uno senza l'altra,
che il passato in cui non eravamo insieme in realtà non esistesse.
“Cazzo, che gran puttana che sei... ti amo”.
“E
lei? Anche lei è puttana così?”, “Sì, ma non lo ammette, crede
che essere puttana sia un male... ma dentro ha la figa che le
frigge.” Continuava a maneggiare incessante il cazzo: con la
sinistra stringeva la base mentre con la destra scorreva sulla
cappella, sentivo le sue dita passare una dopo l'altra sul bordo.
“Anche
la mia sta friggendo, sai?”
Già
stavo per spingermi a buttarglielo dentro di gran prepotenza quando
squillò il telefono che avevo appoggiato tra i cuscini. Lo guardai
incredulo.
“Be',
mi sa che ci siamo....” disse prima di rinfilarsi in bocca quel
cazzo che sembrava ormai voler scoppiare. Il cellulare tornò in
stand by, indicando la chiamata persa. Lo presi, guardai gli occhi di
Angelica, maliziosamente complici, e cercai di far passare ancora
qualche secondo, dopodiché richiamai. Lasciò squillare a lungo,
prima di rispondere, poi sentii di nuovo la sua voce: “Mamma ciao,
stavo giusto pensando a te”...
“Bene,
allora vuol dire che non c'hai impiegato tanto a distrarlo dai
giochi...”
“No,
infatti... sarà il caldo, ad alcuni fa questo effetto...”
“Può
essere. Oppure sarà la figa umida... dimmi, te la sta leccando?”
“Sì...
mamma”
“Non
dev'essere facile stare al telefono mentre qualcuno ti lavora lì in
mezzo...” guardavo la mia ragazza che nel frattempo aveva
cominciato a masturbarsi. Seduta di lato, sul tappeto, aveva
spalancato le gambe e scostato il perizoma liberando ben bene la
figa, aveva labbra piccole e di un bellissimo rosa pesca che spiccava
in mezzo alla striscia di pelo nero. Non riuscivo a vedere bene ma il
luccicare dei riflessi dava l'impressione che si fosse seduta su un
crème
caramel. Faceva scorrere i polpastrelli su e giù fuori controllo e
ritmicamente sporgeva il bacino in avanti come se stesse cercando il
cazzo che al momento era impegnato altrove. Ero in Paradiso. Non
c'era altra spiegazione: ero morto, e siccome ero stato tutto sommato
una brava persona, il Signore, o chi per lui, mi aveva aperto le
porte di una realtà fatta di solo godimento, senza tempo, senza
regole e senza colpe.
La voce di Lela:“Sì, non...
non so”
“È
bello sentirti così, sembra che lui ci sappia fare, stai
ansimando...”
“No
mamma, è... è che sto spostando dei vasi”
“Brava.
Gli è venuto già duro?...”
“Non
so mamma, da qui non.... e tu? Tu come stai?” La voce cominciava un
po' a tremarle
“Come
sto? Vuoi sapere come sto o se mi è venuto duro? Ti piacerebbe
sapere che mi è venuto duro ad ascoltarti godere?”
“...
”
Sentivo
che si vergognava da morire ma che non riusciva a staccarsi da quella
sensazione turbinante, poi trovò la forza di rispondere:“Sì”.
“Sì”
dissi “È gonfio e duro. Ho dovuto tirarlo fuori. Ti piace sapere
che sono col cazzo di fuori mentre stiamo al telefono?” era ormai
su una zattera senza timone in balia di un'eccitazione travolgente:
“Sì, mamma dimmi, ti... ti sento”
“E
lo so che mi senti, sono qui che me lo sto smanettando e mi immagino
che tu sia qui, mi piacerebbe che fossi qui a succhiarmelo. Lo prendi
in bocca, ogni tanto?”
“No,
cosa dici? Io non... be' sì, qualche volta, solo qualche volta”
Immaginarla
a succhiar cazzi era sempre stato un sogno, aveva una bocca con
labbra carnose adatte a far lavori di prestigio, certamente avrebbe
potuto far sparire anche nerchie di grosso formato e mi chiedevo chi
invece avrebbe mai potuto resistere senza scaricarle una sborrata
fino in gola... lei, sempre così carina e dolce, che andava ad
aiutare i bambini in parrocchia a fare i compiti.
Angelica
sentì che ormai non ero più capace di trattenere l'eccitazione, al
pensiero del mio uccello tra le labbra di quell'altra mentre il tipo
le leccava la figa, sentii l'orgasmo montare come una locomotiva a
vapore allora prese a segarmi con forza, quasi con ferocia. Dissi
ancora al telefono:”E non vorresti avere in bocca anche il mio,
adesso? Dimmi che me lo stai succhiando mentre lui crede che sia tua
madre... ”
Mentre
mi rispondeva “Sì, mamma, mi piacerebbe averti qui, vorrei che
venissi” esplosi in un orgasmo che mi sembrò mi trascinasse fuori
dal corpo, vidi il primo sbrincio del mio sperma fare un lungo salto
dalla punta del cazzo fino all'attaccatura dei capelli di Angelica e
come un lungo serpente si posò sul suo viso dividendolo curiosamente
a metà lungo il naso e le labbra fino al mento, divertita e
compiaciuta sorrise mentre altre perle si lanciavano verso di lei
raggiungendo le guance e poi i capelli in cui rimanevano aggrappate
magicamente, gli ultimi schizzi le scivolarono giù a raggiungere
quelle bellissime tette di cui ero letteralmente schiavo. Prese a
spalmarsi tutto sul viso usando il cazzo come un pennello per il
trucco fino a rimetterselo in bocca aspettando che perdesse
l'erezione.
Sì,
se Lela mi avesse richiamato sarebbe andata certamente così, forse
lui non smise di giocare o lei si accontentò dell'idea che la
telefonata avrebbe potuto esserci. Non la cercai, né lei cercò più
me. Angelica era la complice perfetta che ogni uomo dovrebbe poter
trovare, almeno una volta nella vita, per dire a se stesso d'aver
vissuto. E se poi altre cose ci portarono via l'uno dall'altra poco
importa, vuol dire semplicemente che non doveva essere, ma quando
ripenso a lei spero sempre che qualcuno se la stia scopando bene così
come le piaceva.
Germano Garau
7 commenti:
Che Garau fosse un bravo e promettente autore di fumetti lo avevamo capito. Che sapesse anche scrivere bei racconti erotici ancora no. Tanti complimenti
Bravo Germanone!
Questo racconto me lo sono goduto: adesso telefono alla mia ex per salutarla ;-)
Tante grazie Anonimo, sono felice che ti sia piaciuto.
Tante grazie Ponty, fammi poi sapere com'è andata, magari ci scappa un altro raccontino ben pepato!
Complimenti anche da parte mia. Ben scritto e molto eccitante.
Grazie Isidoro, ne sono felice.
Complimenti vecchio amico, gran bella sorpresa!
EB
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