lunedì 24 giugno 2019

I RACCONTI: PERCHE' NON RISPONDI?


Care lettrici e cari lettori, oggi vi presento il racconto del mio carissimo amico GERMANO GARAU
Per chi non lo conoscesse, Germano è sopratutto un bravissimo disegnatore, illustratore e fumettista, ma sa anche scrivere molto bene e questo racconto che mi ha inviato ne è la prova. 
E' un suo racconto erotico che teneva dentro un cassetto da tempo, un'idea rimasta un po' in sospeso, a metà,  perché non sapeva come concluderla. Io l'ho un pochino aiutato a trovare una chiusa, un finale e adesso è venuto fuori PERCHE' NON RISPONDI? che vi invito a leggere, perché trovo sia molto eccitante nella sua "semplicità" , ma anche realistico come situazione sexy, non esagerata, ma intrigante, con un'atmosfera sottilmente morbosa...
Il disegno che vedete sopra e che fa da "cover" al racconto, è ad opera dello stesso Germano, che ringrazio. Anche l'altro bel disegno che vedrete leggendo il racconto è firmato da lui, mentre le altre  immagini fotografiche che fanno un po' da cornice sono prese dal web...
Poi se siete curiosi di conoscerlo meglio vi rimando all'intervista che mi rilasciò tempo fa in occasione della pubblicazione di un suo fumetto dedicato a YRA di cui era autore anche della sceneggiatura e che potrete rileggere CLICCANDO QUI  ...








Perché non rispondi?


Avevo cambiato casa da meno di un anno, e ancora non mi ero reso conto di quanto fosse esposta al calore estivo... 
I giorni galoppavano, agosto doveva essere già iniziato, mi pare, e diventava sempre più difficile tenere l'appartamento al riparo dalla luce solare e dall'afa. Per questa ragione chiesi alla mia ragazza di raggiungermi solo nel tardo pomeriggio, quel venerdì, in modo da poter usare le ore più calde per riposare e poi fare una bella doccia prima del suo arrivo, avremmo poi potuto organizzarci per la cena e la serata.
Angelica. Era un piccolo scrigno di bellezza, perennemente sorridente alla vita. Quel sorriso, che lei esprimeva stendendo le labbra fino a gonfiare le guance e liberare i denti bianchissimi, era prodotto anche con gli occhi, profondi e scurissimi, che s'incurvavano e diventavano una sottile linea scura dalla quale si intuiva la presenza di uno sguardo infinitamente amorevole e divertito.
Gli impegni quotidiani ci tenevano distanti per quasi tutta la settimana e l'arrivo del week-end era atteso da entrambi come da bambini si aspettava la notte di Natale. Quindi capirete quanto fossi felice quando sentii il campanello suonare esattamente mentre mi stavo chiudendo la cintura sui vestiti appena messi, una precisione inusuale (per entrambi) che mi evitò di farmi trovare ancora in fase preparatoria ma anche di restare ad attenderla sudando nei tessuti.
Entrò in casa piano, muta in quella penombra che cercavo disperatamente di mantenere. Così, senza una sola parola, fece un passo avanti portandomi un bacio sulle labbra con un unico e leggero movimento. Ricordo la fatica che facevamo a stare lontani: il piacere che provavo quando la riabbracciavo era pari solo al piacere che mi faceva vedere lei altrettanto inebriata e felice. Chiusi la porta e la luce si abbassò ulteriormente, aumentando quell'idea di silenzio da preservare.
Aveva un vestitino estivo di cotone blu scuro molto lungo con un motivo a fiorellini bianchi, senza cintura, un'ampia scollatura quadrata e le maniche corte sbuffate. La adoravo, sapeva quanto fossi appassionato del poter infilare le mani tra quei panneggi a cercare la sua pelle, lungo le sue curve. Far scorrere i polpastrelli su di lei cercandola in mezzo a quei drappeggi era un'attività che mi dava un piacere strano di cui non mi saziavo mai....



La scollatura era bellissima, i grossi seni restavano lievemente strizzati dentro, quasi fino al confine delle bellissime areole tonde che ormai conoscevo ma che ritrovavo ogni volta con lo stesso sbalordito entusiasmo. Sembrava che la punta di quelle tette meravigliose spingesse per ritrovare la libertà negata e io ero l'eroe che glie l'avrebbe ridata sempre. Che bello averla addosso, con quel favoloso profumo di biscotto e le curve gioiose.
Hai deciso cosa fare?” mi chiese mentre avevo il volto infilato dentro al suo petto a combattere per portarlo all'aria aperta. Ero già mezzo ubriaco di lei e non le risposi subito. La afferrai per le chiappe e la portai sul divano. Lì le tirai fuori i seni dalla scollatura e mi beai di quell'immagine splendente afferrandoli e avvicinandoli l'uno all'altro. Lei mi baciò dapprima la guancia e poi tutto il viso con la delicatezza di un pulcino che, zampettando assieme ai suoi fratelli, pigola nell'aia. Scese sul collo e sul petto. Io avevo già un'erezione pronta ad abbattere con un tocco anche un muro di mattoni. Era tutto così fottutamente giusto e meraviglioso da sembrare impossibile.
Ricordo che nelle ore precedenti avevo pensato a qualcosa da fare con lei prima di cena, ma qualunque cosa fosse ora s'era persa nello spazio come una cometa.
Prima mi aprì la camicia e poi, continuando a sbaciucchiarmi un centimetro dopo l'altro prese a tastare con la mano il rigonfiamento dei miei pantaloni, lo stringeva e lo scorreva come a volerne ripercorrere la sagoma per assicurarsi che non ne mancasse qualche parte. Quando fu certa di questo cominciò ad armeggiare con la lampo, riuscì ad abbassarla con qualche movimento e vi infilò dentro la sua mano cicciotta, dalle unghie curate ma corte e sulle quali metteva solo uno strato di lucido trasparente. Trovò immediatamente il prigioniero scalpitante e lo afferrò. Col pugno ben stretto intorno riuscì dopo un po' a tirarlo fuori. Lo guardò compiaciuta, conscia di essere lei la fautrice del cambiamento strutturale di quel coso: il fatto che per l'ennesima volta il mio corpo non potesse nascondere il potente piacere che provava nel vederla e il grande desiderio di possederla era il complimento più lusinghiero che potesse ricevere. E se lo godeva come testimonianza della sua irresistibile attrattiva carnale. Prese a far scorrere la pelle morbidissima su e giù per la canna di quel trofeo lentamente. Le piaceva soprattutto vedere ricomparire il glande gonfio e teso portando in giù il pugno, mi disse. Ogni tanto alzava lo sguardo verso di me e io sentivo che la quantità di sangue che continuava ad affluire verso il membro era la stessa che fino a poco prima stava nel mio cervello a portare ossigeno ai miei pensieri. A un certo punto smise di muovere la mano, ora teneva la presa salda alla base e avvicinò la bocca alla punta, prima cominciò a strusciarla sulle labbra distrattamente poi prese a leccarla con la punta della lingua seguendo il profilo circolare. A un tratto suonò il cellulare che tenevo nella tasca giusto nel momento in cui lei aveva allargato le labbra e stava portando dentro la bocca tutto quello che riusciva a far stare di quel pezzo di carne, suonò a pochi centimetri dalla cosa più bella del mondo. Sapendo che nulla sulla faccia della Terra aveva più importanza di me e lei, in quel frangente decisi che presto, chiunque fosse, sarebbe potuto andare a rompere i coglioni a qualcun altro e lasciai suonare. Dopo qualche secondo però Angelica sollevò piano la testa dall'oggetto della sua attenzione e mi sussurrò:”Passerai per scortese, perché non rispondi?” e se lo rimise ben bene in bocca succhiando. Colsi la sfumatura e incuriosito presi il telefono. “Lela” fu il nome che comparve sul display.
Lela era un ragazza con cui ebbi una storia anni prima, parecchi anni prima, alla fine delle superiori. Non era successo nulla di scopereccio, mi lasciò prima di arrivarci perché le girava così, ma aveva preteso che restassimo amici. Non la sentivo in realtà da tre o quattro anni. Tant'è che sgranai letteralmente gli occhi quando lessi il suo nome:“Com'è possibile” pensai “che chiami proprio durante un fantastico pompino e che l'esecutrice di questo sia presa bene che io risponda pur non sapendo chi sia”.
Risposi con entusiasmo: “Ciao Lela! Quanto tempo: non sai che PIACERE!” Angelica non conosceva il nome ma comprese immediatamente il quadro generale e ne fu particolarmente eccitata infatti prese a succhiare come se volesse staccarmi il cazzo e portarselo via per ricordo, guardandomi in faccia per vedere se raccoglievo la sfida di riuscire a mantenere la telefonata senza farmi beccare. E io raccolsi quella sfida, eccome.
Lela era un po' triste. Pensai “Ecco un'altra che si fa fottere da qualche stronzo e poi chiama me per vomitarmi addosso le sue cazzate...”. Infatti esordì subito dopo, senza troppi giri di parole, dicendo “Tu sei sempre stato così gentile e presente, invece il mio fidanzato è egoista e geloso”. Eravamo al telefono da 40 secondi dopo anni e già attaccava a raccontarmi i cazzi suoi come fossi il suo analista.
Cominciò a dirmi che con la scusa dei suoi spazi non si fa sentire per giorni e che è un fanatico di calcio. Intanto l'altra mi mungeva il cazzo come non mai.
Senti Lela, ma ti piace ancora fare cosacce col rischio di farti beccare?” le dissi brutalmente interrompendo quel fiume di lagnanze. “Ma che dici, dai...” ma senza mollare l'osso continuai: “Eh, sì, ti ricordi sul treno per Budapest, quando mi stavi seduta tra le braccia nello scompartimento con gli altri...”, “Ti coprivi col mio giubbotto dicendo che avevi freddo e sotto il giubbotto prendevi le mie mani e te le infilavi nei jeans, ti ricordi?” “Ti eccitava che potessero scoprirci da un momento all'altro mentre...”cercò di fermarmi dicendo “È passato tanto tempo, perché tiri fuori 'ste cose?”. Avrei voluto dirle cosa avevo veramente tirato di fuori in quel momento e invece continuai: “Che c'entra il tempo, è un bel ricordo di noi due, con chi dovrei parlarne? Mi son sempre chiesto che avresti fatto se fosse caduto il giubbotto, tutta sbottonata, con la mia mano infilata in mezzo?”. A quel punto cambiò registro, tornare a quel momento non le dispiaceva affatto anche se cercava di stare un po' sulle sue. Si lasciò scappare “Sì, è vero era tremendamente eccitante. Non so cosa avrei fatto, forse sarei scappata per la vergogna”...





...Cercando d'essere gentile e confidenziale continuai: “E con questo qua che invece preferisce andare allo stadio non le fai più queste cose? Tanto lo so che o le fai con lui o le fai con qualcun altro...”. “ Ma dai” cercò di svincolarsi poco convinta “Non sono mica una troia...”, a quel punto misi la mano sulla testa di Angelica, le infilai le dita tra i lunghi e vaporosi capelli neri e risposi: “Mannò che non sei una troia, solo che ti piace giocare, a me piacciono le ragazze a cui piace giocare. Ad esempio perché non mi fai uno squillo la prossima volta che c'è lui? Ti potrei richiamare. Non ti piacerebbe fargli credere che sono tua madre mentre lui te la sta leccando?”. A quel punto mi morsi la lingua “Merda, ho esagerato” pensai, e per qualche secondo il silenzio si stirò come un elastico senza fine, poi lei riprese a parlare con un tono di voce più basso “Sei un porco... ma tu lo faresti davvero?”, “Certo che lo farei, sarebbe bellissimo, sarebbe come esserti accanto mentre godi, come se facessi l'amore con tutti e due contemporaneamente...”. In effetti era un'ideuzza niente male e per un attimo mi sembrò come se a leccare e succhiare il mio cazzo ci fossero due bocche al posto di una, ero in tiro come non mi era mai capitato prima.
... e lo faresti anche adesso?”
Non avevo più un neurone libero, quelli più svegli erano dietro a questa conversazione surreale, i più duri continuavano a pompare sangue al cazzo, tutti gli altri avevano smesso ogni attività, avevano preso i pop corn e si stavano gustando l'evento.
Lui adesso è di là, sta giocando... mettiamo che ti squillassi tra qualche minuto... cosa faresti?”, “Credo che conterei fino a dieci e poi ti richiamerei”. Senza dire altro chiuse la telefonata. Guardai giù, incontrai lo sguardo di Angelica, ancora col cazzo in bocca, se lo tolse piano e disse “Sei proprio un buon amico, bravo... e adesso?”. Le presi il viso, mi sporsi su di lei e la baciai. Le afferrai le tettone incorniciate dal vestito e lei si spinse, offrendole orgogliosa ad agevolare il mio smanacciare. Avevo come la sensazione che non fossimo mai vissuti l'uno senza l'altra, che il passato in cui non eravamo insieme in realtà non esistesse. “Cazzo, che gran puttana che sei... ti amo”.
E lei? Anche lei è puttana così?”, “Sì, ma non lo ammette, crede che essere puttana sia un male... ma dentro ha la figa che le frigge.” Continuava a maneggiare incessante il cazzo: con la sinistra stringeva la base mentre con la destra scorreva sulla cappella, sentivo le sue dita passare una dopo l'altra sul bordo.
Anche la mia sta friggendo, sai?”
Già stavo per spingermi a buttarglielo dentro di gran prepotenza quando squillò il telefono che avevo appoggiato tra i cuscini. Lo guardai incredulo.
Be', mi sa che ci siamo....” disse prima di rinfilarsi in bocca quel cazzo che sembrava ormai voler scoppiare. Il cellulare tornò in stand by, indicando la chiamata persa. Lo presi, guardai gli occhi di Angelica, maliziosamente complici, e cercai di far passare ancora qualche secondo, dopodiché richiamai. Lasciò squillare a lungo, prima di rispondere, poi sentii di nuovo la sua voce: “Mamma ciao, stavo giusto pensando a te”...



Bene, allora vuol dire che non c'hai impiegato tanto a distrarlo dai giochi...”
No, infatti... sarà il caldo, ad alcuni fa questo effetto...”
Può essere. Oppure sarà la figa umida... dimmi, te la sta leccando?”
Sì... mamma”
Non dev'essere facile stare al telefono mentre qualcuno ti lavora lì in mezzo...” guardavo la mia ragazza che nel frattempo aveva cominciato a masturbarsi. Seduta di lato, sul tappeto, aveva spalancato le gambe e scostato il perizoma liberando ben bene la figa, aveva labbra piccole e di un bellissimo rosa pesca che spiccava in mezzo alla striscia di pelo nero. Non riuscivo a vedere bene ma il luccicare dei riflessi dava l'impressione che si fosse seduta su un crème caramel. Faceva scorrere i polpastrelli su e giù fuori controllo e ritmicamente sporgeva il bacino in avanti come se stesse cercando il cazzo che al momento era impegnato altrove. Ero in Paradiso. Non c'era altra spiegazione: ero morto, e siccome ero stato tutto sommato una brava persona, il Signore, o chi per lui, mi aveva aperto le porte di una realtà fatta di solo godimento, senza tempo, senza regole e senza colpe.
La voce di Lela:“Sì, non... non so”
È bello sentirti così, sembra che lui ci sappia fare, stai ansimando...”
No mamma, è... è che sto spostando dei vasi”
Brava. Gli è venuto già duro?...”
Non so mamma, da qui non.... e tu? Tu come stai?” La voce cominciava un po' a tremarle
Come sto? Vuoi sapere come sto o se mi è venuto duro? Ti piacerebbe sapere che mi è venuto duro ad ascoltarti godere?”
... ”
Sentivo che si vergognava da morire ma che non riusciva a staccarsi da quella sensazione turbinante, poi trovò la forza di rispondere:“Sì”.
Sì” dissi “È gonfio e duro. Ho dovuto tirarlo fuori. Ti piace sapere che sono col cazzo di fuori mentre stiamo al telefono?” era ormai su una zattera senza timone in balia di un'eccitazione travolgente: “Sì, mamma dimmi, ti... ti sento”
E lo so che mi senti, sono qui che me lo sto smanettando e mi immagino che tu sia qui, mi piacerebbe che fossi qui a succhiarmelo. Lo prendi in bocca, ogni tanto?”
No, cosa dici? Io non... be' sì, qualche volta, solo qualche volta”
Immaginarla a succhiar cazzi era sempre stato un sogno, aveva una bocca con labbra carnose adatte a far lavori di prestigio, certamente avrebbe potuto far sparire anche nerchie di grosso formato e mi chiedevo chi invece avrebbe mai potuto resistere senza scaricarle una sborrata fino in gola... lei, sempre così carina e dolce, che andava ad aiutare i bambini in parrocchia a fare i compiti.
Angelica sentì che ormai non ero più capace di trattenere l'eccitazione, al pensiero del mio uccello tra le labbra di quell'altra mentre il tipo le leccava la figa, sentii l'orgasmo montare come una locomotiva a vapore allora prese a segarmi con forza, quasi con ferocia. Dissi ancora al telefono:”E non vorresti avere in bocca anche il mio, adesso? Dimmi che me lo stai succhiando mentre lui crede che sia tua madre... ”
Mentre mi rispondeva “Sì, mamma, mi piacerebbe averti qui, vorrei che venissi” esplosi in un orgasmo che mi sembrò mi trascinasse fuori dal corpo, vidi il primo sbrincio del mio sperma fare un lungo salto dalla punta del cazzo fino all'attaccatura dei capelli di Angelica e come un lungo serpente si posò sul suo viso dividendolo curiosamente a metà lungo il naso e le labbra fino al mento, divertita e compiaciuta sorrise mentre altre perle si lanciavano verso di lei raggiungendo le guance e poi i capelli in cui rimanevano aggrappate magicamente, gli ultimi schizzi le scivolarono giù a raggiungere quelle bellissime tette di cui ero letteralmente schiavo. Prese a spalmarsi tutto sul viso usando il cazzo come un pennello per il trucco fino a rimetterselo in bocca aspettando che perdesse l'erezione.
Sì, se Lela mi avesse richiamato sarebbe andata certamente così, forse lui non smise di giocare o lei si accontentò dell'idea che la telefonata avrebbe potuto esserci. Non la cercai, né lei cercò più me. Angelica era la complice perfetta che ogni uomo dovrebbe poter trovare, almeno una volta nella vita, per dire a se stesso d'aver vissuto. E se poi altre cose ci portarono via l'uno dall'altra poco importa, vuol dire semplicemente che non doveva essere, ma quando ripenso a lei spero sempre che qualcuno se la stia scopando bene così come le piaceva.


Germano Garau


7 commenti:

Anonimo ha detto...

Che Garau fosse un bravo e promettente autore di fumetti lo avevamo capito. Che sapesse anche scrivere bei racconti erotici ancora no. Tanti complimenti

pontellino ha detto...

Bravo Germanone!
Questo racconto me lo sono goduto: adesso telefono alla mia ex per salutarla ;-)

Germano ha detto...

Tante grazie Anonimo, sono felice che ti sia piaciuto.

Germano ha detto...

Tante grazie Ponty, fammi poi sapere com'è andata, magari ci scappa un altro raccontino ben pepato!

Isidoro Bruno ha detto...

Complimenti anche da parte mia. Ben scritto e molto eccitante.

Germano ha detto...

Grazie Isidoro, ne sono felice.

Anonimo ha detto...

Complimenti vecchio amico, gran bella sorpresa!
EB