giovedì 16 aprile 2020

GENNY - PARTE 1



Da oggi presentiamo un nuovo racconto hard a puntate che ci terrà compagnia nelle prossime settimane.
L’autrice è la mia nuova amica Noemi Conte (nessuna parentela con Tippy! Trattasi di mera coincidenza).
Noemi ha scritto una lunga storia che sicuramente piacerà a voi tutti.
Come ho sempre pensato la mente della donna è ben più sporca di quella dell’uomo e questa ne è l’ennesima conferma..

Donato 



GENNY PARTE 1
Quel ragazzo aveva qualcosa che mi metteva a disagio, era la prima ripetizione di latino che gli impartivo, solo perché Gastone, mio figlio, aveva insistito tanto;
non so cosa ci trovasse in quel tipo, aveva uno sguardo duro, quasi cattivo, nonostante i suoi 17 anni scarsi.
Mi guardava con uno sguardo quasi di sfida e mi sembrava anche che cercasse di guardare nella scollatura della camicetta che io tenevo comunque sempre ben abbottonata.
Avevo avuto Gastone a 19 anni e quindi i miei 36 anni me li portavo bene, anzi troppo nel senso che il mio fisico era molto prorompente al contrario della mia indole molto timida e quindi cercavo sempre di nascondere quanto potevo la curva imponente dei miei seni (una quarta) e la sporgenza del mio sedere che mi ha sempre creato grande imbarazzo.
Avevo rinunciato all’insegnamento per stare dietro a Gastone, ma devo ammettere che fu un po’ una liberazione perché quelle poche supplenze che avevo fatto mi avevano traumatizzato a causa degli sguardi dei ragazzi in piena tempesta ormonale che mi spogliavano con gli occhi.
Ecco cosa mi metteva a disagio: Artemio mi stava riportando a quelle sensazioni dalle quali ero fuggita sposandomi e mettendo su famiglia.
La lezione stentava a decollare, lui rispondeva alle mie domande ma continuava a fissarmi con quello sguardo inquietante e più di una volta col gomito era riuscito a sfiorarmi un seno con fare casuale, ma lo sguardo che seguiva quegli “incidenti” era molto eloquente; per fortuna pur essendo da soli nello studio, avevo lasciato la porta aperta e sentivo mio marito nell’altra stanza che parlava al telefono per lavoro e questo mi rassicurava.
Artemio era comunque agitato, non stava fermo un attimo e si alzò per prendere una cosa nello zaino facendo un movimento molto più complicato di quello che sarebbe servito e riuscì ad appoggiare la parte davanti dei suoi pantaloni per un attimo neppure così breve, sulla mia spalla.
Questa cosa mi fece un effetto che non avrei mai immaginato, in quanto potei sentire chiaramente il calore e la durezza di ciò che mi stava toccando, ma ancora di più perché mi accorsi che era qualcosa di una grandezza incredibile, non poteva essere possibile!!
Sentii il sangue affluire alle guance che in un attimo sentii roventi anche perché vedevo che lui stava scrutandomi attentamente per cogliere ogni minima reazione.
Per fortuna si sedette e allontanò quella mostruosità da me, ma non si infilò per bene sotto al tavolo (eravamo messi sullo stesso lato della scrivania) incominciò a sistemarsi il davanti dei pantaloni in continuazione e io con la coda dell’occhio potevo notare tutti i suoi movimenti anche se facevo di tutto per non farmene accorgere, anzi cercavo proprio di non guardare in quella direzione.
Il tempo non passava mai ed io cominciavo a perdere lucidità al punto che persi il segno della versione che stavamo facendo più di una volta.
Ad un certo punto, con la scusa di chiedere cosa significava una parola, che era nella pagina alla mia sinistra (lui sedeva alla mia destra), si sporse per indicarla strusciando col braccio sinistro sul mio petto e rimanendoci molto più del lecito.
Io da una parte ero contenta di non dover più vedere quella cosa che si era gonfiata a dismisura nei suoi pantaloni, d’altro canto non potevo rimanere in quella posizione permettendogli di sentire la consistenza del mio seno e cosa più grave il capezzolo che a dispetto del mio disagio, si stava dotando di vita propria e stava diventando duro e sporgente.
I capezzoli erano un’altra parte del mio corpo che mi imbarazzava tantissimo: bastava un cambio di temperatura e spuntavano come due chiodi facendomi vergognare da morire.
Mi spostai da quel contatto un po’ più bruscamente del dovuto e lui si rimise al suo posto ma con i pantaloni deformati oltre limite del ridicolo.
Eravamo praticamente alla fine della lezione quando si alzò di scatto:
“Prof, posso andare un attimo in bagno?”
La mia risposta non fu immediata perché questa volta alzandosi mi aveva quasi appoggiato la patta sul viso, mi stava chiaramente facendo delle avances ed era anche minorenne il che mi metteva nella situazione di non poter neanche accusarlo di molestie perche avrebbe potuto girare la situazione al contrario inventandosi di essere lui la vittima!!!
“la….la seconda porta a destra….va i pure…”
Ma prima di andare rimase ancora qualche secondo con il membro a meno di tre centimetri dal mio viso seppur separato dalla stoffa dei pantaloni, impossibilitata ad alzarmi per non urtare quella protuberanza.
Poi finalmente andò lasciandomi sola con i miei pensieri incapace di reagire a quella violenza psicologica con mio figlio e mio marito in casa e soprattutto spaventata a morte dalle reazioni del mio corpo che si era risvegliato improvvisamente da un letargo durato anni.


Rimasi lì seduta incapace di alzarmi non so per quanto tempo cercando di capire che cosa stava succedendo, quando Artemio si affacciò alla porta senza entrare dicendo:
“Grazie prof, raggiungo Gastone in camera sua, senta ho usato un asciugamano, gliel’ho lasciato sulla lavatrice”
E finì la frase con uno sguardo enigmatico….
“certo certo, vai pure tanto per oggi abbiamo finito…”
Rotto l’incantesimo che mi immobilizzava mi alzai di corsa e andai in bagno a sciacquarmi la faccia per cercare di riprendermi un attimo.
Arrivata in bagno chiusi la porta e vidi subito l’asciugamano sulla lavatrice e lo presi per metterlo nei panni da lavare ma……era tutto bagnato di non so cosa….oddio…non può essere……istintivamente lo portai vicino al naso……era quello che temevo.
Quell’odore mi procurò improvvisamente un senso di disgusto ma contemporaneamente una fitta mi colpì al bassoventre mentre i capezzoli si ergevano come punteruoli sul davanti della camicetta…ma cosa diavolo mi stava succedendo??
Mi guardai allo specchio: ero tutta rossa le labbra già piuttosto pronunciate di natura erano gonfie, i capezzoli visibilissimi, sembravo una di quelle…..decisi di farmi una doccia ed iniziai a spogliarmi ma non smisi di guardare la mia immagine mentre lo facevo. Tolsi la camicetta rimanendo in gonna e reggiseno che era molto leggero trasparente di pizzo nero; mi sa che con quella “mise” avrei fatto impazzire parecchi uomini a cominciare da quello stronzetto che mi aveva ridotto così.
Mi tolsi il reggiseno e ammirai le mie mammelle piene e per nulla cadenti, certo che avevo un corpo che ispirava sesso e a parte una volta al mese quei 10 minutini tiepidi era praticamente inutilizzato.
Mi sorpresi anche a pensare che l’uccello di mio marito, l’unico che avessi mai visto, non era assolutamente delle dimensioni che avevo intuito poco fa….che vergogna, stavo facendo dei pensieri veramente sporchi…….
Mi spogliai del tutto ammirando la curva dei miei fianchi e mi girai contorcendomi per guardarmi il sedere, costante fonte del mio imbarazzo che oggi, per la prima volta apprezzavo per quello che era: un gran culo.
Il getto della doccia non bastò a placarmi ed iniziai ad accarezzarmi il seno torturandomi con una certa rabbia i capezzoloni che mi erano sempre sembrati spropositati, ma più li torturavo e più l’eccitazione saliva mentre una mano scendeva in basso tra le gambe sulla mia passerina completamente bagnata (e non solo dalla doccia).

Ne strinsi le labbra dall’esterno con le dita schiacciando così la clitoride tra loro ed immediatamente in un secondo venni con degli scatti di bacino mordendomi le labbra per non urlare.

La cosa non mi placò un granchè ma almeno riuscii a lavarmi cercando di non pensare a niente.
La prossima lezione sarebbe stata dopo tre giorni e in cuor mio decisi di dire a Gastone che ero arrugginita e non ero in grado di aiutare il suo amico: questa cosa non doveva più succedere!!!
Purtroppo ogni volta che ho provato ad avvicinarmi a Gastone per parlargliene il viso mi diventava di fuoco e cambiavo strada.
Le notti seguenti furono un tormento perché si era risvegliato qualcosa in me che non volevo accettare e mi dicevo che era sbagliatissimo ma l’immagine di quella patta gonfia unita all’odore di quell’asciugamano mi tormentavano.
Provai con finta casualità a farmi vedere seminuda da mio marito, ma niente, provai addirittura a farmi trovare sul letto fingendo di dormire facendo salire la sottoveste sulle natiche ed infilandomi le mutande il più possibile nel solco del sedere ma…..nessun risultato, non gli piacevo più?
Avevo sempre accettato i doveri coniugali quasi come un sacrificio, anche se un certo formicolio me lo procuravano ma adesso avevo tanta voglia di farlo e lui sembrava che non mi vedesse neppure.
Quella volta sotto la doccia mi ero masturbata per la prima volta in vita mia, ma non fu l’ultima perché nei giorni successivi ogni volta che facevo la doccia il mio corpo reclamava la sua dose di carezze che in brevissimo tempo mi portavano all’orgasmo.
Venne il fatidico giorno ed io ero tesa come una corda di violino, avrei voluto mettermi un cappotto di lana per non mostrare neanche un centimetro di pelle, ma non potevo dargli questa soddisfazione.
Alla fine mi vestii come l’altra volta, cioè una gonna sopra il ginocchio e una camicetta bianca ovviamente ben abbottonata ma non fino in cima sennò le tette strizzate si sarebbero notate ancora di più.
Artemio si presentò vestito con dei pantaloni di lino leggerissimi, mi salutò con un gran sorriso e si sedette per primo mettendosi sul lato opposto della porta visto che la scrivania era di profilo rispetto all’entrata.
Io mi sedetti accanto a lui non potendo evitare di pensare che quei pantaloni non avrebbero potuto coprire nulla questa volta.
Iniziai la lezione con le gote già in fiamme ogni volta che i suoi occhi si poggiavano su di me o sulla mia figura, cosa che accadeva praticamente sempre.
Come la volta scorsa si muoveva in continuazione e mi aveva già “involontariamente “ palpato le tette tre o quattro volte ed ogni volta in maniera meno fugace mentre io sentendomi morire vedevo quei maledetti traditori di capezzoli che spuntavano in maniera inequivocabile.
Mi piegai molto sul tavolo in modo da nasconderli più che potevo, ma lui prevenendo questa mossa appoggiò la mano sempre casualmente proprio dove stavo per appoggiare il chiodo appuntito col risultato di appoggiargli la tetta sul dorso della mano.
Divenni viola e mi scansai subito: “oopps scusa….”
“prego prof….è un piacere…ma……ha visto cosa mi ha fatto?….”
“cosa scusa non capisc…….”
Non riuscii a terminare la frase perché buttando l’occhio dove avevo cercato di non guardare fin dall’inizio, vidi un randello mostruoso grosso come il mio avambraccio completamente fuori dai pantaloni che evidentemente aveva tirato fuori da un po’ aspettando che lo guardassi.
Avrei dovuto fare qualcosa, andarmene, cacciarlo, non lo so qualsiasi cosa tranne quello che feci: rimanere lì con la bocca aperta senza riuscire né a muovermi né a parlare.
“prof se non chiude quella bocca con quelle labbra stupende non rispondo di me…..”
Mi ripresi un attimo……:
“ma cosa fai…sei impazzito?......metti via quel….quella…..insomma……”
“prof, l’altra volta non ha tolto gli occhi dal mio pacco tutta la lezione, allora ho pensato che volesse vederlo dal vivo…..ho pensato male???”
E mentre lo diceva se lo accarezzava scoprendo e ricoprendo quel glande immenso color viola.
Io ero disperata perché una parte di me debolissima voleva fuggire mentre una molto più forte era ipnotizzata da quel cilindro che pulsava vicino a me.
Lui aveva già capito che non avrei reagito e fece una cosa assurda per me in quel momento:
mi spinse la schiena in avanti facendomi appoggiare di nuovo le tette sulla scrivania e con un dito schiacciò un capezzolo da sopra la camicetta sul piano della scrivania.
Il dolore, il brivido elettrico che mi procurarono furono incredibili al punto che dovetti mordermi le labbra e serrare le cosce in un movimento che a lui non sfuggì.
“ma come siamo sensibili…….”
“ti prego……mi fai male…….”
“si ma mi sembra che non le dispiaccia……..”
Non solo non mi dispiaceva…. stavo per venire!!! Avrei pagato qualsiasi cosa per riuscire a nasconderglielo.
Per fortuna lasciò la presa appena in tempo e io allontanai le tette da piano del tavolo ma così facendo ebbi di nuovo la possibilità di vedere quel bastone.
“toccalo!!” era passato al tu
“ma no…che dici…c’è Gastone e mio marito….”
“vorresti ma non lo fai solo perché ci sono loro?”
“no…io voglio dire…..”
“basta!!!”
Mi prese la mano e se la portò sul cazzo…….ero terrorizzata, poteva entrare qualcuno anche se stando tra lui e la porta forse avrei potuto nascondere la situazione, ma la paura peggiore era dovuta al fatto che mi piaceva, lo volevo toccare, ero felice.
Finalmente sentivo quella cosa che avevo sognato nelle notti precedenti: era immensa, era calda da morire, era liscia come la seta ma era dura come il marmo….ero soggiogata, senza la minima possibilità di reagire
Lui rimase li fermo gustandosi la scena di me che con le guance viola osservavo la mia mano sul suo scettro bollente come se non mi appartenesse.
In quel momento sentii dei passi e vidi mio marito che passando parlava al telefono buttando uno sguardo all’interno con un cenno di saluto.
Anticipando nuovamente la mia reazione Artemio mi serrò il polso impedendomi di ritrarre la mano in modo che Alex (mio marito) passasse mentre sua moglie teneva in mano un uccello proprio davanti a lui.
Ero disperata, in balìa di un ragazzetto e soprattutto in balìa del mio corpo che incurante delle proteste della mia mente, anelava quel contatto e perfino quella situazione depravata.
La mano che mi serrava il polso ammorbidì la presa e dette un piccolo impulso al mio braccio prima di lasciarlo, facendomi capire che dovevo muovermi.
Iniziai a scorrere lentamente in su e giù su quel palo di carne saggiandolo con le dita, come se il massaggio non fosse per il suo piacere ma fosse la mia mano a desiderare di essere massaggiata da quell’affare.
Tenevo le cosce talmente serrate da farmi male alle ginocchia, sentivo le mutandine che non contenevano più i miei umori che ormai mi bagnavano le cosce….che vergogna!!!
Artemio prese il telefonino e iniziò a farmi delle foto mentre io urlavo non farlo, ma l’urlo rimaneva dentro di me mentre all’esterno si vedeva solo una donna che obbediva silenziosamente e docilmente al suo padrone.
“Scopriti una tetta”
“ti…..ti…prego…no”
“vuoi che posti le foto su internet?”
“ti prego perché mi fai questo ”
Dissi quasi piangendo mentre però non smettevo di andare in su e in giù sul suo membro rovente.
“perché ti piace è questo il tuo ruolo: una zoccola sottomessa in attesa di ordini forza muoviti, e fallo con l’altra mano, non voglio che tu smetta di farmi la sega”
Come un automa con la mano destra sbottonai un paio di bottoni della camicetta e riuscii a tirar fuori il mio seno sinistro dal reggiseno.
Il capezzolo ovviamente era duro come l’uccello che stavo menando.
“E’ ancora più bella di quello che immaginavo” disse pastrugnandomela senza delicatezza e causandomi degli spasmi tra le gambe.
“guarda qua che chiodo!!”
Mi prese il capezzolo con due dita ed iniziò a tiralo, girarlo e stringerlo e avvenne quello che temevo……ebbi un orgasmo così intenso che quasi saltai sulla sedia.
Riuscii a malapena a vedere lui che mi faceva altre foto mentre continuavo a contrarmi negli spasimi dell’orgasmo.
“sto per venire, adesso mi alzo e sborro, se fossi in te, cercherei di prenderlo in bocca altrimenti ti riempio la faccia di sperma e per quanto so che ti piacerebbe, poi voglio vedere cosa racconteresti a tuo marito e tuo figlio così “conciata”
Io mi ero sempre rifiutata di farmi venire in bocca quelle rarissime volte che Alex era riuscito a convincermi a succhiarglielo ma adesso la situazione era drammatica, era la cosa meno rischiosa da fare e poi il piacere perverso che nasceva in me proveniva proprio dal fatto di essere dominata, ero disposta a tutto in quel momento, credo che avrebbe potuto chiedermi di uscire di casa nuda da come mi aveva ridotta psicologicamente.
Comunque si alzò di scatto avvicinando quella cappella enorme alla mia bocca mentre io la guardavo ipnotizzata da quell’occhio che era già bagnato di goccioline bianche.
Aprii la bocca al massimo e feci entrare metà di quella cappella abnorme sentendone la levigatezza e il calore appena in tempo per sentire una quantità enorme di roba dolce e salata allo stesso tempo che mi riempiva la bocca costringendomi ad ingoiare per non farla colare a terra, mentre lui spingeva quel fallo dentro la mia gola entrando con tutta la cappella facendomi quasi soffocare mentre deglutivo tutto e la mia vulva si contraeva all’unisono col suo cazzo in un orgasmo spontaneo senza che mi toccassi.


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