Proseguono le avventure della povera Genny (ma non troppo..) concupita da molti e abusata da altrettanti..
Un saluto alla bravissima scrittrice Noemi Conte.
Donato
GENNY PARTE 6
Mentre mi
accingevo ad andarmene, finalmente con le chiavi in mano, mi sentii arpionare
per una natica e poi:
“ogni volta che esce o entra di casa si ricordi di chiedermi se può venire a salutarlo” disse indicandosi il membro ancora non completamente a riposo “ e deciderò se e come giocare col suo corpo procace e voglioso”
Finì la frase con un sonoro sculaccione e finalmente uscii da quella che incominciai a considerare la “stanza delle sevizie”
A casa corsi subito sotto la doccia, come se potessi, con l’acqua, lavarmi anche la coscienza, ma purtroppo non era così.
Di tutte le cose avvenute negli ultimi giorni, quella di stamattina era stata la più degradante in assoluto, senza contare che adesso quotidianamente avrei dovuto inchinarmi ai voleri di quel vecchio porco. (come se non bastassero Artemio e Rocco!!!)
Ma la cosa che più mi atterriva era il modo in cui il mio corpo reagiva a tutto ciò, e scoprire che più degradante fosse la situazione in cui mi trovavo e più un piacere perverso ed inarrestabile si impadroniva di me.
Perfino adesso che mi infilavo le dita nel buchetto del sedere per cercare di sciacquare via lo sperma di Vittorio, i mie capezzoli si ergevano indisponenti.
La doccia comunque mi restituì un minimo di serenità, che però fu immediatamente distrutta dal suono di un sms in arrivo.
“sei riuscita a riavere le chiavi?”
“si” risposi laconicamente sperando (invano) di non dover scendere in particolari.
“dove te l’ha messo l’uccello?”
(maledetto…..)
“dappertutto…..” risposi con vergogna ma anche un po’ di cattiveria illudendomi di poterlo ferire almeno un po’”
“ho sempre saputo che eri una grande troia ma lo sei ancora di più di quanto immaginassi e sei anche venuta vero?”
(ma non bastavano le umiliazioni che avevo subito???)
“si”
“e dove era il suo cazzo quando sei venuta?”
“nel sedere” scrissi rassegnata
“e sei venuta senza neanche toccarti vero?”
“si”
“confermo sei più zoccola di quanto credevo fosse umanamente possibile, ci vediamo alle 15,30 al centro commerciale, metti una gonna molto corta e senza mutande, non fare la furba: se non è abbastanza corta ti faccio andare in giro col culo di fuori….. la parte di sopra la puoi decidere te….aspettami facendo su e giù sulle scale mobili”
Entrai in agitazione, anzi terrore puro: uscire come mi era stato detto era per me una prova troppo dura, io a stento sopportavo gli sguardi degli uomini quando camminavo coperta il più possibile….
Mentre mi disperavo e cercavo una via d’uscita da questa situazione da incubo arrivò un altro messaggio:
“dimenticavo, non ti azzardare a prendere la macchina: vieni in autobus!”
Fu il colpo di grazia, le mani cominciarono a tremare e le gambe mi cedettero al punto che dovetti sedermi.
Dopo parecchio tempo mi alzai e, per cercare di riprendermi, mi misi a pulire e cucinare col cuore a mille e quando tornò Gastone ero ancora molto agitata, anche se riuscivo a dissimularlo abbastanza bene.
Fortunatamente Alex sarebbe rimasto fuori a pranzo, quindi una situazione difficile in meno da gestire, ma poi mi resi conto che rimanere a tu per tu con mio figlio non sarebbe stato facile.
Mi tornava in mente la scena della sera prima e mi immaginavo dall’esterno vista coi suoi occhi: inginocchiata ed oscenamente esposta alla sua vista mentre succhiavo l’uccello (anche se speravo ancora che fosse stata solo una mia impressione e non avesse visto niente)
I dialoghi tra noi furono abbastanza nella norma, ma il suo sguardo mi sembrava diverso, mi pareva che guardasse le mie tette in continuazione (avevo ancora indosso la vestaglina senza mutande), ma forse era solo una mia impressione dovuta al senso di colpa.
Però quando provai un paio di volte mentre portavo la roba in cucina e quindi gli davo le spalle, a girarmi di scatto, lo sorpresi a guardarmi il sedere!!
Comunque gli dissi che dovevo uscire e mi rispose con uno sguardo strano, allora decisi che qualsiasi cosa avessi indossato nel pomeriggio, l’avrei messa in garage, così né lui né Vittorio avrebbero visto in che condizioni mi sarei conciata.
Presi una gonna nera corta che mi aveva regalato Alex ma che non avevo mai avuto il coraggio di mettere, e la infilai in borsa; poi mi vestii con una camicetta bianca con reggiseno e mutandine bianche di pizzo (anche quella parure non l’avevo praticamente mai messa), la gonna blu sopra il ginocchio e le scarpe con appena un po’ di tacco, senza calze visto che era estate.
Uscii un’ora prima viste le varie tappe che avrei dovuto fare e scesi un’altra volta tremante le scale di casa dovendo fermarmi nella “stanza delle sevizie”
“buon giorno Vittorio, le ho riportato le chiavi di riserva”
“buon giorno signora Genny, c’è qualcosa che deve chiedermi?”
Iniziava il calvario….
“ehm….volevo sapere….se…posso venire a…salutare”
“salutare chi?”
Sogghignò lo stronzo
“io…cioè…il suo….uccello”
“ahh vuole vedere di nuovo il mio cazzo?”
“no…io…cioè…si”
“si decida, lo vuole vedere o no?”
“si…io…..lo voglio vedere”
“bene venga dentro che l’accontento”
Entrai tremante in quella guardiola e lui scendendo dallo sgabello sul quale si appollaiava di solito mi disse:
“ho un po’ da fare e deve passare parecchia gente, ma per non deluderla le permetterò di inginocchiarsi qui sotto e di baciarmelo per una decina di minuti…è contenta?”
Ovviamente la risposta doveva essere una sola ed infatti:
“si….. grazie…”
Mentre mi inginocchiavo nella penombra sotto il piano d’appoggio mi disse:
“faccia tutto lei che sta arrivando gente”
Come un automa gli slacciai la cintura e gli calai le mutande facendo schizzare fuori come una molla quel pisellone strano.
Al riparo dal suo sguardo la cosa mi pareva più facile ed ebbi anche la possibilità di osservarlo con calma.
La cappella era veramente spropositata rispetto al resto che pure era piuttosto massiccio, mi domandavo come avessi potuto accoglierlo nel mio culetto.
Il ricordo di quella penetrazione mentre guardavo l’attrezzo che l’aveva compiuta, mi procurò una fitta al bassoventre.
Aprii la bocca per infilarlo ma rallentai il movimento, raccontando a me stessa che volevo farlo soffrire, ma la cruda verità era che adoravo quel momento, mi faceva impazzire sentire quella cosa calda, vibrante e odorosa entrarmi in bocca; anelavo il contatto della lingua e del palato con la cappella; mi piaceva il cazzo da impazzire era inutile girarci in torno: amavo fare i pompini era bellissimo, Artemio aveva ragione!!! Ero una grandissima zoccola.
Sentii come in lontananza Vittorio che parlava con qualche condomino mentre me lo infilava di colpo fino in gola oppure me lo toglieva all’improvviso facendomi scattare in avanti per non perdere il ciucciotto che calmava le mie ansie.
Sempre mentre parlava, prese le mie mani che erano avvinghiate a quel nodoso ramo d’ulivo e le poggiò sulle sue palle enormi lasciandole lì finchè istintivamente iniziai a massaggiarle dolcemente mentre suggevo quel randello bollente.
Ormai perlomeno con me stessa avevo smesso di mentire e strusciavo le cosce tra loro in piena eccitazione, facendomi forte del fatto che tanto lui non poteva vederlo.
Sicuramente lo stavo facendo impazzire, ma la realtà, per me devastante, era che io godevo perlomeno come lui a fare quella cosa che fino alla settimana scorsa mi ripugnava.
Il suo orgasmo non mi prese di sorpresa, ormai stavo incominciando a capire come funzionavano gli uomini, e riuscii ad ingoiare tutto fino all’ultima goccia, mentre le mutande che per fortuna avrei dovuto togliere erano completamente inzuppate dalla mia eccitazione.
Mi piaceva anche il sapore forte di quest’uomo che umanamente continuavo a detestare e mentre lo odiavo, ingoiavo il suo sperma con brividi di puro piacere.
Finito il lavoro, come una professionista navigata, lo ripulii coscienziosamente e gli tirai su le mutande e i pantaloni.
“posso andare ora signor Vittorio?”
“si, è stata molto brava, aspetti che controllo una cosa e poi potrà andare”
Con un movimento improvviso mi mise una mano tra le cosce e, scansando le mutandine, mi infilò due dita dentro la fica completamente bagnata facendomi emettere mio malgrado un lungo e forte gemito.
“come immaginavo … un lago …”
E togliendole da lì me le infilò in bocca.
Io con le guance viola non ebbi altra reazione se non quella di succhiargliele.
“adesso può andare” disse sfilandomi le dita di bocca repentinamente e lasciandomi per un attimo con la bocca socchiusa come chiedendo ancora qualcosa da succhiare, ma poi di scatto mi girai e fuggii via da quella stanza che metteva a nudo sempre di più la parte più perversa del mio essere.
Corsi fuori dove c’era una porticina che riportava giù nei garages senza passare dalle scale; raggiunsi il mio e vi entrai richiudendo il bandone alle mie spalle.
Acesi la luce e, guardandomi ad uno specchio posto sull’anta di un vecchio armadio, mi tolsi gonna e mutande che nascosi lì dentro e mi misi a fatica quella gonna strettissima e cortissima.
Il risultato fu drammatico: le mie cosce forse un po’ troppo tornite erano quasi tutte in vista e dietro la curva del mio sedere spuntava in maniera incredibilmente evidente, senza contare che la gonna copriva veramente a malapena la figa.
Provai a sedermi su una sedia di fronte allo specchio e vidi che si vedeva tutto!!
Sembravo una puttana in fase di adescamento.
Nel frattempo i miei capezzoli si erano eretti in maniera paurosa, come potevo uscire in quello stato?
Comunque mi feci coraggio e prendendo la ferma decisione di non sedermi da nessuna parte, uscii con le gambe che si piegavano dalla paura...Continua
“ogni volta che esce o entra di casa si ricordi di chiedermi se può venire a salutarlo” disse indicandosi il membro ancora non completamente a riposo “ e deciderò se e come giocare col suo corpo procace e voglioso”
Finì la frase con un sonoro sculaccione e finalmente uscii da quella che incominciai a considerare la “stanza delle sevizie”
A casa corsi subito sotto la doccia, come se potessi, con l’acqua, lavarmi anche la coscienza, ma purtroppo non era così.
Di tutte le cose avvenute negli ultimi giorni, quella di stamattina era stata la più degradante in assoluto, senza contare che adesso quotidianamente avrei dovuto inchinarmi ai voleri di quel vecchio porco. (come se non bastassero Artemio e Rocco!!!)
Ma la cosa che più mi atterriva era il modo in cui il mio corpo reagiva a tutto ciò, e scoprire che più degradante fosse la situazione in cui mi trovavo e più un piacere perverso ed inarrestabile si impadroniva di me.
Perfino adesso che mi infilavo le dita nel buchetto del sedere per cercare di sciacquare via lo sperma di Vittorio, i mie capezzoli si ergevano indisponenti.
La doccia comunque mi restituì un minimo di serenità, che però fu immediatamente distrutta dal suono di un sms in arrivo.
“sei riuscita a riavere le chiavi?”
“si” risposi laconicamente sperando (invano) di non dover scendere in particolari.
“dove te l’ha messo l’uccello?”
(maledetto…..)
“dappertutto…..” risposi con vergogna ma anche un po’ di cattiveria illudendomi di poterlo ferire almeno un po’”
“ho sempre saputo che eri una grande troia ma lo sei ancora di più di quanto immaginassi e sei anche venuta vero?”
(ma non bastavano le umiliazioni che avevo subito???)
“si”
“e dove era il suo cazzo quando sei venuta?”
“nel sedere” scrissi rassegnata
“e sei venuta senza neanche toccarti vero?”
“si”
“confermo sei più zoccola di quanto credevo fosse umanamente possibile, ci vediamo alle 15,30 al centro commerciale, metti una gonna molto corta e senza mutande, non fare la furba: se non è abbastanza corta ti faccio andare in giro col culo di fuori….. la parte di sopra la puoi decidere te….aspettami facendo su e giù sulle scale mobili”
Entrai in agitazione, anzi terrore puro: uscire come mi era stato detto era per me una prova troppo dura, io a stento sopportavo gli sguardi degli uomini quando camminavo coperta il più possibile….
Mentre mi disperavo e cercavo una via d’uscita da questa situazione da incubo arrivò un altro messaggio:
“dimenticavo, non ti azzardare a prendere la macchina: vieni in autobus!”
Fu il colpo di grazia, le mani cominciarono a tremare e le gambe mi cedettero al punto che dovetti sedermi.
Dopo parecchio tempo mi alzai e, per cercare di riprendermi, mi misi a pulire e cucinare col cuore a mille e quando tornò Gastone ero ancora molto agitata, anche se riuscivo a dissimularlo abbastanza bene.
Fortunatamente Alex sarebbe rimasto fuori a pranzo, quindi una situazione difficile in meno da gestire, ma poi mi resi conto che rimanere a tu per tu con mio figlio non sarebbe stato facile.
Mi tornava in mente la scena della sera prima e mi immaginavo dall’esterno vista coi suoi occhi: inginocchiata ed oscenamente esposta alla sua vista mentre succhiavo l’uccello (anche se speravo ancora che fosse stata solo una mia impressione e non avesse visto niente)
I dialoghi tra noi furono abbastanza nella norma, ma il suo sguardo mi sembrava diverso, mi pareva che guardasse le mie tette in continuazione (avevo ancora indosso la vestaglina senza mutande), ma forse era solo una mia impressione dovuta al senso di colpa.
Però quando provai un paio di volte mentre portavo la roba in cucina e quindi gli davo le spalle, a girarmi di scatto, lo sorpresi a guardarmi il sedere!!
Comunque gli dissi che dovevo uscire e mi rispose con uno sguardo strano, allora decisi che qualsiasi cosa avessi indossato nel pomeriggio, l’avrei messa in garage, così né lui né Vittorio avrebbero visto in che condizioni mi sarei conciata.
Presi una gonna nera corta che mi aveva regalato Alex ma che non avevo mai avuto il coraggio di mettere, e la infilai in borsa; poi mi vestii con una camicetta bianca con reggiseno e mutandine bianche di pizzo (anche quella parure non l’avevo praticamente mai messa), la gonna blu sopra il ginocchio e le scarpe con appena un po’ di tacco, senza calze visto che era estate.
Uscii un’ora prima viste le varie tappe che avrei dovuto fare e scesi un’altra volta tremante le scale di casa dovendo fermarmi nella “stanza delle sevizie”
“buon giorno Vittorio, le ho riportato le chiavi di riserva”
“buon giorno signora Genny, c’è qualcosa che deve chiedermi?”
Iniziava il calvario….
“ehm….volevo sapere….se…posso venire a…salutare”
“salutare chi?”
Sogghignò lo stronzo
“io…cioè…il suo….uccello”
“ahh vuole vedere di nuovo il mio cazzo?”
“no…io…cioè…si”
“si decida, lo vuole vedere o no?”
“si…io…..lo voglio vedere”
“bene venga dentro che l’accontento”
Entrai tremante in quella guardiola e lui scendendo dallo sgabello sul quale si appollaiava di solito mi disse:
“ho un po’ da fare e deve passare parecchia gente, ma per non deluderla le permetterò di inginocchiarsi qui sotto e di baciarmelo per una decina di minuti…è contenta?”
Ovviamente la risposta doveva essere una sola ed infatti:
“si….. grazie…”
Mentre mi inginocchiavo nella penombra sotto il piano d’appoggio mi disse:
“faccia tutto lei che sta arrivando gente”
Come un automa gli slacciai la cintura e gli calai le mutande facendo schizzare fuori come una molla quel pisellone strano.
Al riparo dal suo sguardo la cosa mi pareva più facile ed ebbi anche la possibilità di osservarlo con calma.
La cappella era veramente spropositata rispetto al resto che pure era piuttosto massiccio, mi domandavo come avessi potuto accoglierlo nel mio culetto.
Il ricordo di quella penetrazione mentre guardavo l’attrezzo che l’aveva compiuta, mi procurò una fitta al bassoventre.
Aprii la bocca per infilarlo ma rallentai il movimento, raccontando a me stessa che volevo farlo soffrire, ma la cruda verità era che adoravo quel momento, mi faceva impazzire sentire quella cosa calda, vibrante e odorosa entrarmi in bocca; anelavo il contatto della lingua e del palato con la cappella; mi piaceva il cazzo da impazzire era inutile girarci in torno: amavo fare i pompini era bellissimo, Artemio aveva ragione!!! Ero una grandissima zoccola.
Sentii come in lontananza Vittorio che parlava con qualche condomino mentre me lo infilava di colpo fino in gola oppure me lo toglieva all’improvviso facendomi scattare in avanti per non perdere il ciucciotto che calmava le mie ansie.
Sempre mentre parlava, prese le mie mani che erano avvinghiate a quel nodoso ramo d’ulivo e le poggiò sulle sue palle enormi lasciandole lì finchè istintivamente iniziai a massaggiarle dolcemente mentre suggevo quel randello bollente.
Ormai perlomeno con me stessa avevo smesso di mentire e strusciavo le cosce tra loro in piena eccitazione, facendomi forte del fatto che tanto lui non poteva vederlo.
Sicuramente lo stavo facendo impazzire, ma la realtà, per me devastante, era che io godevo perlomeno come lui a fare quella cosa che fino alla settimana scorsa mi ripugnava.
Il suo orgasmo non mi prese di sorpresa, ormai stavo incominciando a capire come funzionavano gli uomini, e riuscii ad ingoiare tutto fino all’ultima goccia, mentre le mutande che per fortuna avrei dovuto togliere erano completamente inzuppate dalla mia eccitazione.
Mi piaceva anche il sapore forte di quest’uomo che umanamente continuavo a detestare e mentre lo odiavo, ingoiavo il suo sperma con brividi di puro piacere.
Finito il lavoro, come una professionista navigata, lo ripulii coscienziosamente e gli tirai su le mutande e i pantaloni.
“posso andare ora signor Vittorio?”
“si, è stata molto brava, aspetti che controllo una cosa e poi potrà andare”
Con un movimento improvviso mi mise una mano tra le cosce e, scansando le mutandine, mi infilò due dita dentro la fica completamente bagnata facendomi emettere mio malgrado un lungo e forte gemito.
“come immaginavo … un lago …”
E togliendole da lì me le infilò in bocca.
Io con le guance viola non ebbi altra reazione se non quella di succhiargliele.
“adesso può andare” disse sfilandomi le dita di bocca repentinamente e lasciandomi per un attimo con la bocca socchiusa come chiedendo ancora qualcosa da succhiare, ma poi di scatto mi girai e fuggii via da quella stanza che metteva a nudo sempre di più la parte più perversa del mio essere.
Corsi fuori dove c’era una porticina che riportava giù nei garages senza passare dalle scale; raggiunsi il mio e vi entrai richiudendo il bandone alle mie spalle.
Acesi la luce e, guardandomi ad uno specchio posto sull’anta di un vecchio armadio, mi tolsi gonna e mutande che nascosi lì dentro e mi misi a fatica quella gonna strettissima e cortissima.
Il risultato fu drammatico: le mie cosce forse un po’ troppo tornite erano quasi tutte in vista e dietro la curva del mio sedere spuntava in maniera incredibilmente evidente, senza contare che la gonna copriva veramente a malapena la figa.
Provai a sedermi su una sedia di fronte allo specchio e vidi che si vedeva tutto!!
Sembravo una puttana in fase di adescamento.
Nel frattempo i miei capezzoli si erano eretti in maniera paurosa, come potevo uscire in quello stato?
Comunque mi feci coraggio e prendendo la ferma decisione di non sedermi da nessuna parte, uscii con le gambe che si piegavano dalla paura...Continua
1 commento:
molto intenso ..brava..l'ho letto dopo il mio allenamento quotidiano e credevo di essere stanco.....credevo..
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