Oggi vi proponiamo un racconto scritto da un nostro affezionato lettore EDWARD BIZCOTTO, molto intrigante ma anche tra il nostalgico e delicato. La tematica incestuosa è affrontata in maniera soft con una narrazione che sa di ricordo e confessione. Non sappiamo se Edward si sia immaginato tutta una stuzzicante fantasia erotica o se quello che ha scritto sia invece ispirato al suo vissuto, magari potreste chiederglielo trai commenti una volta letto questo suo FRATELLO & SORELLA. Ringrazio il nostro amico autore e vi lascio quindi alla lettura di questi suoi giochi all'inizio innocenti, ma che riga dopo riga, vedrete, diventano sempre più proibiti...
- Dai raccontami qualcosa di strano, ma piccante…una cosa che non hai mai raccontato a nessuno, voglio io l’esclusiva… - disse ridendo la biondina che quella sera mi ero portato a casa dopo una festa tra amici… Eravamo entrambi un po’ brilli, non proprio ubriachi, però seduti sul divano di casa a notte fonda ci eravamo messi a ridere, scherzare e flirtare in maniera ironica… Guardandola meglio, il suo sorrisetto, il suo taglio di capelli mi ricordarono lei, mia sorella…e fu in quel momento che decisi di raccontarle di quei giochi innocenti accaduti molti anni fa…
Il primo ricordo che ho di questi incontri risale a quando eravamo ragazzini, non so nemmeno quanti anni avessimo.
A casa abbiamo sempre avuto una piscina di quelle fuori terra, che montiamo ogni estate, ed è il teatro di un po’ di questi avvenimenti.
Un pomeriggio, dopo aver fatto il bagno in piscina, siamo andati a far la doccia insieme. Non era un’occorrenza strana, eravampiccoli e siamo cresciuti insieme. Del tutto normale, per fratello e sorella di quell’età.
Dopo esserci lavati, nel vederci nudi, abbiamo iniziato a parlare di quello che vedevamo nei film e del sesso (probabilmente senza usare quella parola, non la conoscevamo ancora). Di come sembra che ai grandi piaccia stare nudi e abbracciati.
Lei propone quindi di provare a “strusciarci”, e spinge il suo pube verso il mio. Io imito il gesto, appoggiando il mio pene sul suo monte di Venere, e ci strofiniamo l’uno sull’altra… non per molto, finché non ci stacchiamo ridendo dopo poco. Siamo giunti a una conclusione: non capiamo cosa ci trovino di interessante i grandi in questa cosa. Però è l’inizio di qualcosa di interessante e formativo…
Da quell’evento, negli anni successivi, ha preso luogo un nuovo gioco: nei pomeriggi caldi e noiosi ci rifugiavamo nella camera fresca e buia. Ci raccontavamo storie, inventavamo situazioni con le sue bambole… finché lei non decide di entrare nel grande armadio a muro, dicendo: “aspettami qua”.
Poco dopo sento una voce provenire dall’interno: “Apri!”
Io apro, e la vedo rannicchiata per terra, con i vestiti ripiegati per bene accanto a lei. Lei, ovviamente, nuda e con un sorriso giocherellone.
“Sono nuda!” dice, aprendo le braccia e le gambe, rivelando i suoi seni acerbi e il ventre liscio. Continua a ridere ed esce dall’armadio. “Ora tocca a te!”
Non me lo faccio ripetere due volte. Non c’era malizia, in quel gioco, solo desiderio di provare qualcosa di nuovo e misterioso.
Lei mi chiude nell’armadio e inizio a spogliarmi. C’è buio ed è piccolo, e la cosa è stranamente piacevole. Una volta nudo è il mio turno di dire “Apri!”, e mia sorella obbedisce. Io non mi nascondo, a differenza sua, sono già aperto a mostrarmi completamente. Ridiamo alla situazione assurda, osservando curiosi i rispettivi corpi nudi. Poi esco dall’armadio e riprendiamo a giocare come prima, rivestendoci lentamente.
La prima volta andò così, ma il gioco continuò per diverso tempo e ogni volta diventavamo più audaci: quando l’armadio veniva aperto assumevamo pose sempre diverse, in modo da mostrare le nostre nudità da più angoli possibili, e ci fermavamo a guardare e studiare i nostri corpi. Man mano che il gioco andava avanti, il mio corpo reagiva sempre di più: smisi di nascondere la mia erezione (al tempo non sapevo ancora definire esattamente cosa la causava), e lei la guardava interessata, curiosa. Si divertiva quando facevo muovere e saltare il pene, e osservava il glande, che veniva coperto oppure scoperto dal prepuzio. Diverse volte ha avvicinato la mano, con chiaro intento scientifico, ma non è mai arrivata a toccarlo…
Più avanti, ormai cresciuti, nostro papà ci ha regalato la nostra prima foto/videocamera digitale. Abbiamo iniziato a usarla per fare piccoli video stupidi, come fanno normalmente i ragazzini, finché a entrambi non viene una bella idea: “e se la nascondessimo in bagno”?
Il gioco era semplice: uno dei due entrava in bagno, iniziava a registrare un video e nascondeva la camera. Poi l’altro entrava, e iniziava a spogliarsi e a lavarsi, come avrebbe fatto normalmente. Una volta finito, ci mettevamo in camera da letto a riguardare i video, ridendo come solo dei fratelli sanno fare.
Inizialmente ci impegnavamo molto a nascondere la videocamera, così come a comportarci il più naturalmente possibile. Il risultato era un video abbastanza noioso, in cui si vedeva poco e nulla. Allora, di tacito accordo, abbiamo iniziato a lasciare la camera più in vista: appena coperta da un asciugamano, oppure in un cassetto semiaperto… l’altro così poteva vedere da dove sarebbe stato ripreso, e comportarsi di conseguenza. I suoi spogliarelli divennero più lenti e intriganti: se la camera era in alto, lei metteva in mostra la scollatura appena accennata, levandosi poi il reggiseno proprio davanti ad essa. Se era in basso, si piegava verso il nascondiglio, togliendosi le mutandine senza coprire nulla. In quel periodo iniziavano a spuntare i primi peli pubici, ed ogni occasione era buona per mostrare che stavamo crescendo…
Lo stesso facevo io: una volta trovai la videocamera appoggiata proprio sul water, coperta appena da un asciugamano, puntata verso il bidet. Mi tolsi le mutande direttamente nel suo campo visivo, e mi sedetti sul bidet. Il pene non era ancora in erezione, ma quando iniziai il lavaggio, lentamente si induriva. Lo scappellavo bagnandolo con acqua e sapone, facendo attenzione a non coprirlo, mostrandolo del tutto alla videocamera. Finito, mi rivestii e andai in camera come al solito, portandole la camera. Lei mi stava aspettando ansiosa, sul letto in mutandine e reggiseno, e iniziammo a guardare i video.
Partimmo dal suo: avevo nascosto la videocamera sotto il lavandino, e guardammo insieme le sue mutandine cadere, e per il resto del tempo stette nel bagno completamente nuda, mostrando da più angoli il suo fondo-schiena sodo e il suo sesso pubescente. Non staccò gli occhi dallo schermo neanche un secondo, e quando iniziò il mio video si avvicinò ancora di più.
Mi fece una sola domanda: “Ti piace di più coperto o scoperto?”, riferendosi al prepuzio sul glande. Le dissi solo “prima uno e poi l’altro”, sentendo una nuova erezione montare nei boxer.
Un’altra volta io misi la videocamera proprio sul bidet. Impossibile da non vedere, ma ormai faceva parte del gioco. Quando fu il mio turno, lei mi fece trovare un’altra sorpresa: sopra alla telecamera, i suoi slip. Una volta fuori dai boxer, il mio pene stavolta era veramente duro. Proseguii le abluzioni e, una volta finito, indossai le sue mutandine, ovviamente troppo piccole per contenere il mio sesso, specialmente eretto, che mostrai con gusto alla telecamera. Mi diressi nella nostra stanza, indossando solo i suoi slip, e la trovai sul letto, stavolta completamente nuda, che mi aspettava...
“Guardiamo?”
Il suo video era estremamente erotico: era seduta sul bidet con le gambe aperte, e le dita si muovevano lente e insaponate sul suo sesso. Anche sul letto teneva le gambe aperte, ma non osava toccarsi. Il suo respiro era però pesante, e di tanto in tanto lanciava un’occhiata al mio membro che fuoriusciva dal suo intimo.“Ti è piaciuta la mia sorpresa?”
Il mio video era iniziato, e sul piccolo schermo la mia mano si muoveva distratta sulla mia asta.
“Sì, molto…”
Non riuscivo ancora a masturbarmi davanti a lei, ma mi sedetti dietro di lei, a gambe aperte, appoggiando il mio ventre alla sua schiena. Il mio sesso strusciava contro di lei, che rideva ma non si spostava, mentre guardava la mia mano insaponare il mio cazzo, e in seguito i miei tentativi di nasconderlo, eretto, nei suoi slip.
“mmm...e poi vi masturbavate in privato ognuno per conto proprio?”
La ragazza a cui sto raccontando queste storie mi fa questa domanda. Io sì, mi masturbavo quasi tutte le sere, specialmente quella volta indossando i suoi slip. Venni sul piccolo pezzo di stoffa, copiosamente, ma poi li buttai per evitare che nostra madre potesse capire qualcosa. Mia sorella non mi chiese mai che fine avessero fatto: forse aveva intuito, dato che mi masturbavo in camera che condividevo con lei, in un letto a castello. Sicuramente mi sentiva, mentre mi facevo le seghe, anche se cercavo il più possibile di fare silenzio...
Non conosco invece le sue abitudini masturbatorie, ma almeno una volta l’ho intravista toccarsi in bagno, seduta sul water e rivolta verso la porta socchiusa: aveva le gambe aperte e la bocca spalancata, mentre si penetrava con un dito e si toccava il clitoride con l’altra mano. Stetti lì finché non concluse, e quando si alzò mi feci trovare fuori dalla porta del bagno. Non ci scambiammo parole, ma entrambi sapevamo che l’altro sapeva.
Mi masturbai immediatamente dopo, nello stesso bagno, lasciando anche io la porta socchiusa. Non so se quella volta mi guardò, ma ho lasciato spesso la porta socchiusa mentre mi toccavo, e so per certo che lei mi ha visto, più volte…
In quello stesso periodo, in cui avevamo scoperto il significato della parola “sesso”, abbiamo iniziato un altro gioco, nel teatro della piscina:
“giochiamo che mi spingi sottacqua?”
Era nato innocentemente: in acqua, a sorpresa le saltavo addosso, cercando di spingerla sotto. Una sorta di lotta ad armi impari, dato che regolarmente vincevo io.
Evidentemente le piaceva la sensazione di venir sopraffatta, tanto che molto spesso non si ribellava nemmeno, e si faceva spingere sotto senza opporre resistenza… e io ho iniziato ad approfittarmene. Non la spingevo giù solo con le mani, ma con l’intero corpo, mentre le sue braccia e le sue gambe si attorcigliavano a me. Io la prendevo e la rigiravo con facilità, schiacciandola sul fondo della piscina. Mi strusciavo su di lei, sul suo fondoschiena, e lo stesso faceva lei le poche volte che finiva sopra di me. Il mio sesso era duro sotto il costume, e lei trovava sempre un modo di toccarlo, sfiorarlo o strusciarvisi… finché un giorno particolarmente caldo non mi spinsi all’estremo: mentre lei era sotto di me, ridente, con una mano sul mio fondo-schiena che teneva premuto il mio bacino contro il suo ventre, non sentii una forte scarica elettrica dopo l’ennesima spinta: mi ero venuto nel costume. Lei continuò a stringermi a sé, ridendo, mentre il mio pene emetteva sperma a fiotti, impregnando la sottile stoffa che ci separava.
Mi staccai in fretta, col fiatone, rimanendo immerso nell’ acqua fino alle spalle e coprendomi con le mani....
“Che hai? Già finito il gioco?” si imbroncia e si alza, l’acqua che le arriva fino ai fianchi.
“Ti sei divertito solo tu…” si dirige alla scaletta ed esce dalla piscina. Ho l’impressione che agiti il suo culetto più del necessario, mettendolo in mostra, fino ad andare a sdraiarsi sui lettini a fianco. Si accarezza la pancia, proprio nel punto dove il mio pube poggiava, proprio lì dove sono venuto…
Tutto ciò però non è che un preambolo al gioco più osè fra tutti quelli che abbiamo ideato.
Un’estate, durante una vacanza al mare con la famiglia, abbiamo scoperto una caratteristica particolare della camera in cui dormivamo noi due: con le finestre e la porta chiusa diventava buia, completamente. Non entrava uno spiraglio di luce, e perciò…
“Mosca cieca!”
Uno dei due entrava e si nascondeva, e in seguito l’altro doveva cercarlo. Semplice, no?
Ma questo evento non sarebbe entrato nel racconto se non ci fosse una svolta tabù: il cercatore doveva trovare la preda solo usando il tatto. E, ovviamente, quando trovava qualcosa che poteva essere la preda non bisognava accendere subito la luce e gridare “trovato!”, ma invece bisognava continuare a toccare, per assicurarsi di avere in pugno la persona giusta.
E man mano che il gioco proseguiva diventavamo più audaci: essendo estate, anche in casa si stava col costume. Le dita, che inizialmente sfioravano il corpo dell’altro, presero a toccare con insistenza i punti nascosti dal tessuto. Sentii per la prima volta i capezzoli di mia sorella turgidi sotto il reggiseno, così come il suo morbido sedere. Lei stava sdraiata sul letto, in attesa silenziosa del mio tocco, oppure in piedi dietro alla porta… più di una volta, toccandola, l’ho sorpresa con le mani infilate negli slip del costume.
A mia volta, mi facevo trovare pronto per lei, sdraiato a faccia in su: le sue mani spesso partivano dal ventre, giocavano con l’elastico del costume e poi proseguivano sul rigonfiamento, che sotto al suo tocco leggevo diventava turgido e ben delineato.
Fu ancora una volta lei ad alzare l’asticella del gioco. Toccava a me fare il cercatore, e non ci misi molto a trovarla: le mie dita si posarono sui suoi capelli, rannicchiata accanto al comodino. Come al solito, non mi fermai lì, ma mi sedetti anche io in terra, facendo passare le mani prima sul suo viso, e poi sul suo petto… dove trovai una sorpresa. Stavolta non c’era il costume. Il suo seno era morbido sotto le mie mani, e passai diverso tempo a toccarlo in tutte le sue parti, senza che lei muovesse un muscolo.
“Ora tocca a me nascondermi.”
Tacitamente lei uscì dalla stanza, e io mi levai immediatamente il costume. Rimasi in piedi accanto alla porta completamente nudo, e lentamente mi masturbavo. Lei entrò, e la fioca luce del corridoio rivelò la completa assenza del suo costume. Rimasi fermo e in silenzio, mentre la mia mano continuava a muoversi lentamente sul mio membro. Non ci volle molto prima che le sue mani raggiungessero il mio petto, e da lì scesero verso il basso. Smisi di masturbarmi, rimanendo col pene eretto e appena bagnato in attesa delle sue dita. Lo toccò piano, sfiorandolo appena, facendo passare le dita lungo tutta l’asta
“Sei qui.”
Ci rivestimmo in fretta, al buio. Io corsi in bagno a finire di masturbarmi, e fu uno degli orgasmi più belli di sempre. Il gioco continuò nei giorni successivi. Lei faceva finta di non notarmi, e poi appoggiava il suo sedere sul mio pene. Si muoveva appena, poi si girava. “Trovato”, diceva con voce roca.
Io mi masturbavo con una mano mentre cercavo con l'altra, e più di una volta rischiai di eiacularle addosso quando le mie mani trovavano le sue, affondate fra le sue gambe, oppure quando sfioravo il suo interno coscia già bagnato, e risalivo appena a sfiorare la sua femminilità. Anche lei si toccava, quando era il suo turno di cercare. Cercava di fare più silenzio possibile, ma non era possibile nascondere il suo fiato rotto e i suoni umidi che provenivano dall’oscurità.
La ragazza con cui sto chiacchierando, ormai con gli occhi sgranati, il fiatone e le gote rosse mi chiede con un sussurro:
“E sono rimasti sempre e solo giochi? Non avete mai osato spingervi a qualcosa di più…completo?”
Non siamo mai arrivati in fondo. A un certo punto, ormai maggiorenni, l’intesa era molto profonda: stare nudi insieme era normale, così come farsi la doccia insieme (per risparmiare acqua!)
Lei mi aveva visto in tutti gli stati: eccitato o rilassato, ubriaco e smanaccione… e lei non si sottraeva. Mi raccontava delle sue conquiste e delle sue esperienze, i primi ragazzi e anche i tentativi saffici. Era perfettamente conscia dell’effetto che le sue parole mi facevano, soprattutto quando descriveva il seno prosperoso delle sue amiche, o il sapore del loro sesso, oppure la sensazione di essere penetrata… le piaceva raccontarmi queste cose mentre eravamo insieme, in camera prima di dormire, oppure in bagno mentre ci preparavamo a fare la doccia. Sorrideva nel vedere l’erezione che mi provocava. A volte lo toccava con un dito, proprio sulla punta, raccogliendo il liquido lubrificante, e ci giocava con le dita, passandoselo sui capezzoli oppure leccandolo. In doccia le piaceva farsi guardare mentre si insaponava lentamente, passandosi le mani su tutto il corpo. Ridacchiava divertita e mi invitava a toccarmi: “non puoi uscire dalla doccia col pene in quelle condizioni! Fammi vedere come lo fai…” Io, ubbidiente, la guardavo e mi masturbavo di fronte a lei. Le piaceva farsi venire sulle mani, per saggiarne la consistenza e il sapore, per poi lavarci via a vicenda il frutto di questo peccato segreto. Ogni tanto si toccava anche lei, sotto la doccia, ma preferiva di gran lunga farlo a letto.
Con la luce soffusa la guardavo mentre apriva le gambe e faceva scivolare la mano fra le cosce, ad occhi chiusi. Non nascondeva il fiatone e i gemiti, e si preoccupava sempre di farmi sapere quando veniva e l’intensità dell’orgasmo. Oltre a questo, però, non siamo mai arrivati alla penetrazione fra di noi. Era un gioco, erotico ed eccitante, ma pur sempre un gioco: l’esperienza vera, tacitamente d’accordo, l’avremmo avuta con la persona giusta.
“…Sai devo confessarti una cosa…Io questi giochi non li ho mai fatti, ma da ragazzina ho sempre sognato di farli con mio fratello maggiore…Lui era un gran figo, ma pensava solo allo sport e alle ragazze più grandi, non avevamo quella complicità che avevate voi…Un po’ ti somiglia sai…quindi…realizzeresti un mio sogno? giocheresti ora con me, come se fossimo fratello e sorella? io poi realizzerò il tuo sogno di fare vero sesso con la tua sorellina…ti va fratellone?”
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