giovedì 5 dicembre 2024

UNA STORIA TUTTA INVENTATA (GERMANO GARAU)

 





Germano Garau, che a questo blog ha spesso regalato splendide illustrazioni è un'artista che ammiro moltissimo, ma è soprattutto un carissimo amico di lunga data. Stavolta ha deciso di punto in bianco di dedicarmi un racconto erotico. Con UNA STORIA TUTTA INVENTATA Germano si è immaginato una mia giornata. Il tutto è avvenuto durante un suo viaggio in treno di ritorno verso Torino, città dove lui vive. Probabilmente si annoiava e fermo proprio alla stazione di Bologna gli sono venuta in mente. Fu così che la sua testolina ha iniziato a fantasticare ed è nata la storia che leggerete di seguito. Come il titolo suggerisce la vicenda è di pura fantasia, la Tippy che leggerete mi somiglia in parte, ma quello che combina non è ispirato a fatti reali. Pensate che nella prima bozza Germano mi faceva bere una Coca Zero, che se c'è una bibita che proprio mi fa schifo è quella con quel suo dolcificante acido che ti rimane in bocca come retrogusto per tutta la giornata. Sappiate che Tippy è intollerante a tutte le bevande zero zuccheri, non offritemele mai!
Quella è stata l'unica cosa che l'ho pregato di correggere, per il resto ho lasciato totale  libero sfogo alla sua bizzarra fantasia e devo dire che il racconto che è venuto fuori, anche se molto lontano da quello che ho fatto o che farei nel reale, è comunque ben scritto, stuzzicante e piacevole da leggere. Non poteva però non disegnare qualcosa ispirato al suo racconto e quindi oltre alla prosa ci ha omaggiati anche della bella illustrazione che vedete sopra e fa da "cover" al suo scritto. Aspettiamo adesso i vostri commenti, io i miei li ho già fatti, ma per chiudere un sentito "Grazie Germano" ci sta tutto...





Una storia tutta inventata


Quando Tippy uscì dalla redazione segreta del suo blog era ormai sera, aveva cenato con due tramezzini e un tè verde, se l'era portati dietro sapendo già che la riunione di redazione per fare il punto dei fumetti in uscita sarebbe stata un po' lunga e che ancora avrebbe dovuto terminare di correggere la trascrizione dell'intervista rilasciatale la settimana precedente da Barbara Moose, simpatica ex-attrice porno
francese che, sebbene fosse ormai nonna, aveva ancora certi aneddoti in grado di far fare il segno della croce a tante zoccolette della miglior Z-gen.
Salvato che ebbe il file avviò il back-up e si preparò, mancava un quarto alle nove. Uscì dando tre giri di chiave alla vecchia porta in legno che dava direttamente sulla strada, pioveva, le luci del quartiere si riflettevano sulle pozzanghere in un turbinare di cerchietti sfarfallanti al tocco delle gocce che precipitavano al suolo a un ritmo
costante. Aprì l'ombrello automatico con un clic del pulsante e s'incamminò in direzione del ponte che sovrasta via del Faggiolo, dopo esservi passata sotto avrebbe svoltato verso la stazione, da lì avrebbe preso il sottopasso, poi ancora il passaggio sotto l'autostrada e da lì tutta dritta fino a casa: Borgo Panigale è tutto un passar sotto qualcosa.

Le piaceva camminare sotto la pioggia, le sembrava che tutto assumesse un che di alieno e affascinante e che lei stessa divenisse aliena alla sua amata/odiata Bologna.La pioggia aveva anche il potere di renderla più creativa, come se in essa si sciogliessero tutti i legacci morali che la costringevano a una vita rispettabile rendendo possibile qualunque fantasia. Da quando a quasi 13 anni scoprì il cazzo e le sue
proprietà ricreative ebbe modo di fare parecchie esperienze e maturò la sensazione che quella fosse l'unica cosa cui non si sarebbe mai assuefatta, c'era poco da fare: con un cazzo a disposizione non ci si annoiava mai. La passione per l'erotismo l'aveva cominciata a sentire già qualche annetto prima, un po' giochicchiando coi suoi compagnucci di scuola, nel buio della sala audiovisivi o dietro il sipario del piccolo teatro, rigorosamente di nascosto, dove c'era stato qualche bacetto e un paio di toccatine; ma anche coi fumetti che lo zio teneva nascosti, male, nel baule ai piedi del letto. La casa dello zio era attigua alla sua e lei poteva andarci quando voleva anche se lui era a lavoro, e così scoprì quei giornaletti vecchissimi e ingialliti, con storiacce sporche e pieni di parolacce: fu amore a prima vista. Da ultimo era stata fondamentale la presenza di Francy, la ragazza che a volte le faceva da babysitter e l'aiutava nei compiti. Era un po' punk e non aveva paura di niente, Francy, era cazzutissima e a Tippy piaceva da matti passare il tempo con lei, sapeva che nessun pensiero era eccessivo o vergognoso quando ne parlava con lei. E fu proprio Francy, prima della gita alle ville venete, a spiegarle un po' di cose che trovò subito interessantissime e che non vedeva l'ora di provare in prima persona. Tippy le aveva raccontato d'aver già limonato con Vanja ed essersi lasciata palpare le piccole tettine e che tutto questo le era piaciuto tantissimo, così Francy le spiegò più precisamente un
po' di cose che avrebbe potuto fare con lui quando fosse stato il momento, nulla a che vedere con quelle storielle noiose e grigie su pene, vagina e tanti sentimenti che sua mamma aveva cercato di instillarle, ma piuttosto come smanettare, succhiare e farsi introdurre il suo simpatico cazzetto ben duro in ogni santo buchino offerto da Madre Natura. Le parlò anche in toni entusiastici di quando lui avrebbe raggiunto il picco del piacere e avrebbe emesso rapidi schizzi di sperma sottolineando quanto fosse importante che questo non accadesse mentre le era dentro.

Attese quella gita con eccitazione e non esattamente per le ville. Alla fine era successo più o meno tutto come le aveva descritto Francy, peccato solo che fosse durato così poco. Al suo ritorno a Bologna sentiva d'essere esplosa in una persona nuova e non vedeva l'ora di raccontare a Francy tutti i più succosi dettagli di quel suo formale incontro col cazzo. La potè incontrare un paio di giorni dopo il suo rientro e le volle spiegare ogni cosa, a cominciare da come dovettero organizzarsi a evitare la passeggiata serale che i professori facevano fare ai ragazzi dopo cena: tutti sembravano entusiasti di poter andare fuori, per le strade della città, col buio, ma lei e Vanja s'erano inventati una storta e un mal di pancia per poter stare in albergo; sapevano di non avere molto tempo e lui la raggiunse in camera non appena tutti
misero il culo fuori dall'hotel. E poi cominciò a parlarle di quanto ce l'avesse già durissimo appena cominciarono a fare lingua-in-bocca e lo sentì contro di sé.
Rabbrividiva ricordando le mani di lui che s'infilavano sotto la maglia fino ad accarezzarle i capezzoli che già da un po' mostravano di non esser più quelli di una bimba e sporgevano quasi gridando da maglie e camiciette e per i quali sua madre le aveva acquistato il primo reggipetto. E poi le raccontò ancora del momento eccezionale in cui gli abbassò insieme i pantaloni della tuta e i boxer e il suo uccello
scattò in fuori all'improvviso, le si era stampata nella mente l'immagine di quel membro dritto e svettante dalla pelle chiarissima. Seguendo le dritte di Francy l'aveva afferrato nel mezzo e ne aveva fatto scorrere la pelle fino a farne fiorire il bel glande rosa. Lui l'aveva fissata con lo sguardo tra il compiaciuto di sé e lo stupito di lei. Senza
dire parola la giovane Tippy aveva cominciato a ripetere il movimento su e giù ciclicamente e Vanjia socchiuse gli occhietti celesti e aprì lievemente la bocca in uno stato molto simile all'estasi di certi santi e madonne visti nelle chiese. Le piaceva stringere in mano quell'affare. Giocherellarci, e vedere lui in quello stato. Anche lei sentiva un gran calore invaderle la faccia e la sensazione di non aver più il pieno
controllo di tutto il suo corpo, in particolare delle gambe che non riusciva più a tener  chiuse. Da principio tentò di tirarsi giù i leggings con la sola mano sinistra, il tessuto tecnico le fasciava il corpo come una seconda pelle e non riusciva, così fu costretta a mollare la presa sul cazzo per alzarsi e tirarli giù con entrambe le mani assieme agli
slip. Lui fu investito dall'immagine divina del suo culo tondo dalla pelle sfacciatamente perfetta di preadolescente, tonico e bianco; quando poi si girò, Vanja potè vedere la cosa più bella del mondo: tra l'ombelico e le cosce di Tippy si disegnava una Y perfetta con un piccolo accenno di peli rossicci e sottili nel mezzo, nella sua geometria
semplice era nascosta tutta la verità della razza umana e lui ne fu ipnotizzato e divorato. Ora Tippy potè aprire ben bene le gambe e flettere il bacino in avanti offrendo in pieno la sua splendida fichetta, lui non ebbe esitazioni nell'allungare la mano e toccarla; riprese a baciarla e con gli occhi chiusi assaporava al tatto la morbidezza scivolosa di tutte le sue labbrine. Tippy godeva, era come quando lo
faceva da sola ma meglio, era come se qualcosa la divorasse dentro ed era meraviglioso. Gli afferrò di nuovo il cazzo che sembrava ora più grosso e più duro di prima, e riprese a menarglielo su e giù stringendolo con forza. Avrebbe voluto provare a succhiarglielo un po', come le aveva descritto e mostrato Francy, ma la sua mente era diventata leggera come una nuvola e incapace di ragionare. Non ci fu alcun dialogo romantico, niente poesia, campane, cuoricini o petali di rose ma solo lei che gli disse “Dài, mettimelo”, lui neanche riuscì a rispondere, si mise goffamente in posizione su di lei e con foga glielo spinse contro ma non riusciva a trovare di preciso dove fosse l'entrata, gli corse in aiuto lei, prese di nuovo il cazzo duro in mano afferrandolo come una torcia elettrica e lo indirizzò in mezzo alla sua fessura, a quel punto Vanja protese in avanti il bacino e spinse tutto sé stesso dentro di lei. Francy l'aveva preparata a quel momento ma andò diversamente: non sentì nessun dolore, nessuno strappo, né sangunamento, solo lui che istintivamente le faceva scorrere il
cazzo dentro avanti e indietro con la foga di un animale, era bellissimo. Ripensando al pericolo che corsero, entrambi vergini, incapaci di dominarsi, senza protezione, avrebbe potuto accadere il peggio. Per fortuna anche lui non doveva essere propriamente un idiota e in qualche modo sapeva di dover uscire per tempo, e così
fece: d'un tratto si tirò fuori, sostenendosi con il braccio sinistro, prese a segarsi furiosamente sopra di lei, appena pochi colpi, poi, con il volto contratto, sfogò il suo orgasmo con tre schizzi di sperma in rapida successione, il più forte dei quali le accarezzò una guancia, gli altri li sentì sul seno e sul ventre. Lo raccolse con le dita e lo ispezionò: com'era strano, grumoso come gelatina laddove l'amica le aveva parlato di gocce e di liquido, solo più in là avrebbe scoperto che è una caratteristica frequente nella sborra giovanile. Lui, stravolto, s'accasciò affianco a lei col fiatone. Poco dopo dovettero rivestirsi di corsa e lui ritornò in camera sua, mentre sentivano le voci dei compagni avvicinarsi nei corridoi.

Con Vanja le cose andarono bene ancora per un po' ma a quell'età “un po'” è già un limite temporale molto lungo e con l'arrivo dell'estate si trovò ad avere altri cazzi a cui pensare, tutt'altro che metaforicamente.
La pioggia continuava a cadere dando vividezza ai colori e faceva riflettere le luci sull'asfalto e sulle auto. Il suo picchiettare sulla tela tesa dell'ombrello le rievocava inspiegabilmente quei ricordi senza nessun collegamento logico, ma tant'era: la pioggia le fomentava nella testa e nel corpo fantasie erotiche a tinte forti. Chissà che fine aveva fatto Vanja. Era ormai arrivata sotto l'arcata del ponte e abbassò l'ombrello passandovi sotto, benché fossero pochi passi le avevano sempre fatto ridere le persone che continuavano a tener su l'ombrello pur entrando in posti coperti come portici o simili, e quindi cercava di farci sempre attenzione, per la paura di passare lei stessa per
distratta; uscendo nuovamente in strada lo ritirò su e nel fare questo si trovò, dopo la svolta, affianco a un uomo, seminascosto all'ombra della colonna, intento a pisciare.
Indossava una felpa verde con cappuccio e sotto il cappuccio un cappellino con visiera un po' consunto. Lì dove qualsiasi donna avrebbe allungato il passo per prendere il largo Tippy si fermò e dopo un paio di secondi per valutare la situazione si sporse in avanti per vedere meglio. L'uomo imbarazzato tentò di darle ancor più le spalle ma era chiuso tra la grande colonna quadra e una rete di recinzione e quindi non aveva margine di movimento. Con voce un po' tremante disse “Mi perdoni signorina, non avrei voluto ma non ce la facevo più, non mi giudichi male, Dio che vergogna...” ma Tippy non era affatto interessata a giudicarlo e rispose:”Ma no, non si preoccupi, anzi
mi permette di darle una mano?” L'uomo sgranò gli occhi mentre Tippy senza aspettare risposta si protese, graziosamente prese in mano l'uccello del signore e tenendolo ben scappellato gli sussurrò “Avanti, continui, mi faccia vedere come scorre...”. Ci volle qualche istante prima che riuscisse a rilassare nuovamente i muscoli e il flusso riprendesse ma poi lei non si lasciò sfuggire l'occasione di giocare a dirigere il getto qua e là sulla pozzanghera che la pioggia aveva formato sotto quell'ultimo vano tra le arcate del ponte. Quando la pressione della vescica s'abbassò e anche gli ultimi getti spinti a forza terminarono lei provò a scrollarlo un po', come sapeva che fanno i maschi, ma quel che ottenne non fu di liberarlo dalle ultime stille bensì di farlo ingrossare, in pochi attimi si trasformò da un piccolo coso molliccio in un bel cazzo quasi perfettamente eretto.

“O-ho, ma qui succede qualcosa...” disse ammiccado e quindi cominciò a masturbarlo, prima piano, fino a farlo diventare ben duro, e poi con ritmo sempre più sostenuto. L'uomo, incredulo, s'irrigidì, Tippy poteva sentire la sua eccitazione farlo vibrare, il cazzo aveva raggiunto una tensione impressionante, era come avere un mano un
ramo rivestito in morbidissima pelle, sentiva il bordo della cappella sul palmo della mano ad ogni passaggio e ben presto l'uomo gemette e dal cazzo partirono disordinatamente perle di sborra che raggiunsero la stessa pozzanghera di prima.
Tippy continuò a segarlo ancora qualche istante, poi lui se lo riprese in mano, era ancora duro, lo sbattè a mò di frusta un paio di volte e poi, a forza, lo rimise al suo posto flettendo indietro il culo per aiutare la manovra, tirò su la zip e dal pantalone continuava a sporgere l'ingombro del cazzo ancora teso. L'uomo si girò, guardò il volto
di Tippy e sorrise, lo stesso fece lei e disse:”Ciao zio, è sempre bello sai? Ci sarai domenica a pranzo?”, lui si limitò ad annuire prima di darle un bacio sulla fronte e riprendere a camminare fiancheggiando il ponte con le mani nelle tasche della felpa, lei proseguì dalla parte opposta per la sua strada...

Germano Garau


3 commenti:

Eros ha detto...

bellissimo racconto grazie Germano Garau per averlo condiviso e grazie per l info dei drink da NON offrire a Tippy , , ne terrò ben presente all' appuntamento con Lei :-)

Anonimo ha detto...

Ben scritto con un finale malizioso, ma un po' malinconico

Isi ha detto...

Bravissimo Germano!!! Eh... la Tippy ispira eccome, con lei non si "floppa" MAI!!!