martedì 25 maggio 2021

LE MEMORIE DI ANNA 3 - MILANO parte 5: "Il signor Ludovico e Ludovico II"(by Monika Monika)

 

Ci avviamo oramai alla conclusione del ciclo finale de "Le memorie di Anna".

In questa penultima puntata la bravissima Monika ci conduce in una situazione inedita - e a tratti disturbante - che ad ora non si era ancora vista nè in questa serie nè nel blog (mi pare....).

Non aggiungo altro.

Donato



 Circa due settimane dopo, Franco mi telefonò avvertendomi che l'ultimo mio incontro sarebbe stato per il sabato successivo - quindi mancavano ancora tre giorni - ma non fornendomi nessun altro dettaglio.
Io chiamai subito Simona, che mi disse che anche lei era stata avvertita ma che, a differenza del mio incontro, le aveva dato informazioni sul suo: sarebbe stata una coppia, sempre di anziani, con cui avrebbe dovuto passare la giornata.
- "Forse mi ha scambiato per una badante", ironizzò, e riuscimmo entrambe a farci anche una risata.
Arrivò sabato, e poco dopo essere tornata a casa dal lavoro, verso le 8 si sera arrivò la chiamata di Franco: sarebbe passato fra un'ora a prendermi, chiedendomi di indossare un abbigliamento un po' provocante ma senza eccedere.
Nonostante il freddo di novembre, accettai, scegliendo un completo nero in pelle, collant e scarpe con tacco a spillo.
L'appuntamento era stato fissato per le 10, in una villetta un po' isolata che si affacciava sul naviglio della Martesana.
Franco arrivò puntuale, il tragitto fu relativamente breve e né io né lui dicemmo una parola.
Una volta arrivati, Franco suonò il citofono ed entrammo nel portone.
Ad accoglierci si presentò un tipo che definire folkloristico non rende l'idea: era molto alto, allampanato, un po' scoordinato nei movimenti, con addosso solo con una lunga e pacchiana vestaglia nera con bordi d'oro, dei calzini lunghi, sempre neri, delle scarpe di stoffa, tipo pantofole, nere anche quelle, e, come se non bastasse, portava occhiali da sole, anche a quell'ora.
Appena entrati, chiese subito a me e a Franco di usare le pattine, perché non voleva rovinare il parquet, che poi sua madre si sarebbe lamentata.
La cosa mi sembrò tanto ridicola quanto imbarazzante... ma evitai ogni commento.
La villa era vecchiotta, malmessa e anche abbastanza tetra; le stanze interne erano mal illuminate e nel corridoio c'erano solo piccole lampade che emanavano una luce vagamente verdognola.
Arrivati in un salone, anche quello piuttosto buio, mi sembrò di essere tornata indietro nel tempo, per come tutto esprimeva un'idea di fine 1800, tra mobili, soprammobili, vasi, quadri e persino centrini sui tavoli e sui divani.
Venni invitata ad accomodarmi su una poltrona, mentre Franco era restato sulla porta.
- "Allora", disse infine il nostro ospite, "Tu ti chiami Anna. E' vero?".
- "Sì, Anna".
- "Bene. Questa sera sarai invece la Signorina Anal. Ti piace come nome?".
- "Originale, direi", ma a quel punto stavo facendo fatica a non ridergli in faccia.
- "Originale, sì. Me lo dicono in tanti che sono un tipo originale".
- "Immagino", dissi.
In quel momento si bloccò di colpo, restando rigido e in piedi davanti a me.
- "Mi prendi in giro? Fai dell'ironia?", chiese bruscamente, evidentemente irritato.
- "No, no... non mi permetterei mai", risposi un po' inquieta, che la voglia di ridere mi era passata.
- "Ah... meglio così. Non mi piace l'ironia".
E ci credo, pensai... di regola è un segnale di intelligenza, e questo qui non sembrava averne molta.
- "Io mi chiamo Ludovico... il cognome non deve interessarti... ma per stasera, e soprattutto per te, sarò il signor Nerchia dura. E' chiaro?", disse ancora.
- "Sì... sì. Il signor Nerchia dura".
- "Brava. Mi dice Franco che a te piace molto prenderlo nel culo. E' vero?".
Sapevo che ero lì per il sesso, ma lo stomaco mi si chiuse comunque.
- "Sì, mi piace", dissi.
- "Bene. Alzati in piedi e solleva la gonna", ordinò.
Una volta in piedi e alzata la gonna, lui mi fece girare, appoggiare le mani sulla poltrona dove ero prima seduta e quindi piegare a 90°, abbassandomi le mutandine fino alle ginocchia.
Aprì poi una scatola presente su un tavolo ed estrasse un plug anale di metallo, di quelli con il codino in pelliccia.
Mi inumidì l'ano con un po' di saliva e poi, senza troppi complimenti, mi spinse dentro l'oggetto!
Io non riuscii a trattenere un piccolo grido, al che, posizionatosi di fronte a me, dietro lo schienale della poltrona, mi domandò: "Sentito male?".
- "No... no," mentii.
- "Brava cagnetta! Visto? Ora hai anche la coda!", rispose.
"Chi è stato il primo a sodomizzarti?", chiese ancora e senza esitazioni.

Era stato un mio zio... praticamente violentandomi, ma la cosa sapeva ovviamente di morboso e qui già tutto lo era, quindi scelsi di barare: "Un fidanzato".
- "Bene... bene... Posso offrirti qualcosa? Hai sete? Fame? C'è una ciotola per te lì a terra", disse indicandomela.
- "N... no, grazie".
- "No, grazie, signor Nerchia dura. Vero che devi rispondere così?".
- "Vero, signor Nerchia dura", domandandomi dove Franco pescasse tutti questi casi umani.
- "Va bene... ora mettiti dritta, Signorina Anal... gira un po' su te stessa e poi spogliati".
Lo feci, chiedendomi a che cosa era servito vestirmi in quel modo.
Mi fece tenere addosso solo il corpetto in pelle, i collant e le scarpe.
- "Sei una creatura stupenda, Signorina Anal. O, come si dice in questi tempi volgari; sei proprio una bella figa".
Mi girò intorno per un po', palpandomi le natiche e accarezzando la mia "coda", per poi bruscamente ordinare: "Seguimi! Anche tu, Franco. Sai che mi piace che tu assista a quello che faccio con le ragazze e i ragazzi che mi porti. Cammineremo su tappeti, quindi potete lasciare qui le pattine".

Ci incamminammo per un corridoio molto lungo e sempre in ombra; lui davanti, poi io, completamente nuda a parte il corpetto, le calze, le scarpe e quell'affare nell'ano, e Franco dietro di me.
Scendemmo poi per una corta scaletta di legno arrivando in uno scarno salottino, con un pavimento non piastrellato e dove erano presenti una poltrona e un grosso puff, entrambi in pelle nera, un armadio nero, una lunga serie di maschere tribali in legno appese al muro e una porta di metallo. 
- "Vieni con me, Signorina Anal", disse, portandomi davanti alla fila di maschere.
- "Dimmi... quale ti piace di più? E quale ti spaventa di più?", mi chiese mentre mi palpava il culo e toccava la coda.
Le guardai tutte e una strana sensazione cominciò a nascermi dentro: io non volevo stare lì... c'era qualcosa di molto sbagliato in quel posto, ancora più di quelli dove Franco mi aveva già portato, il che era tutto dire, e cominciavo davvero a essere spaventata.
Dopo un po', vedendo che non rispondevo, il padrone di casa si spazientì; tolse la mano dalle mie natiche e mi tirò una scoppola dietro la testa, facendomi male.
- "Allora?! Vuoi rispondere o no?".
Guardai Franco, vedendo che anche lui era abbastanza teso... poi ne indicai due, una più colorata e una completamente nera: "Questa è quella che mi piace di più, mentre questa è quella che mi spaventa di più".
- "Bene", disse Ludovico, prendendo quella nera: avrei dovuto immaginarlo da me che la domanda era a senso unico.

Indossò quindi la maschera senza neanche togliersi gli occhiali, andò poi verso l'interruttore della luce, la spense e di colpo la stanza fu illuminata solo da una cupa luce rossa.
Come lui potesse ora vedere qualcosa attraverso occhiali e maschera non riuscivo ad immaginarlo; in quel momento ebbi la netta sensazione che quell'uomo fosse completamente pazzo.
Mi portò al centro della stanza e mi fece inginocchiare davanti alla poltrona, poi andò verso l'armadio, che era alle mie spalle, lo aprì e prese qualcosa.
Si accomodò in poltrona, proprio di fronte a me, si aprì la vestaglia, con una mano si abbassò le mutande, mostrando il pene, completamente floscio.
- "Ora, devi raccontarmi cosa senti quando prendi un vero cazzo nel culo. E non mentire. Me ne accorgo se menti, Signorina Anal. E se menti, ti prendi un colpo di questa sulle tue piccole mammelline", disse, facendomi vedere cosa aveva preso dall'armadio, ovvero un frustino in stile sadomaso, quello che in gergo chiamano flogger.
- "Su, che aspetti? E guardami la maschera mentre parli!".
Avevo la testa completamente vuota... mi sentivo sperduta... non sapevo che dire e iniziai a improvvisare: "Io... mi sento piena. Sì, ecco... piena", poi mi venne in mente l'esperienza avuta a Rimini con Jean-Luc e mi concentrai su quella: "Molti uomini non sanno come far godere una donna in quel modo, preoccupati solo a raggiungere il proprio appagamento, ma per alcuni, invece, il sesso anale è una specie di rito. Un'arte, si potrebbe dire".
- "Sì, vero", Ludovico annuì con la testa... poi si alzò, prese un'altra cosa dall'armadio e tornò verso di me mettendomela al collo: era un collare di pelle nera a cui era attaccato un lungo laccio, tipo guinzaglio.
A quel punto, disse: "Mettiti a quattro zampe, come la cagnetta che sei, e continua a raccontare come ti senti quando te lo picchiano nel culo".

Iniziò poi a camminare per la stanza tenendo il guinzaglio in mano, costringendomi a seguirlo a gattoni mentre parlavo: "Io... beh, ho conosciuto un uomo che era straordinario in tal senso. Aveva un pene notevol...", e qui Ludovico mi interruppe ridendomi in faccia!

- "Pene", disse ancora ridendo, "Ma come parli? Si chiama CAZZO", disse urlando, " E così lo devi chiamare!".
- "Si, certo signor Nerchia dura", replicai prontamente, poi prosegui: "Dicevo... aveva un cazzo notevole, e questo, di regola, può essere un limite nella penetrazione anale, ma lui riusciva a trovare sempre i tempi giusti, permettendo all'ano di dilatarsi bene per poi affondarlo dentro, centimetro dopo centimetro. A quel punto scompare qualsiasi frizione che provoca dolore e si sente solo un profondo piacere che parte dalle viscere e inonda il corpo, arrivando alla gola,  mozzando il respiro, e poi al cervello, come una scossa elettrica. Essere posseduta così è qualcosa di diverso... di... di selvaggio, ecco... sentire il desiderio di un uomo in quel modo per me è stata una vera scoperta nel sesso".
A quel punto si fermò, restando in silenzio e a fissarmi mentre si menava l'uccello, che restava sempre moscio.
Proprio per quello temetti di non aver detto cose adeguate alla sua richiesta, invece, dopo un po', rispose: "Era davvero grande il cazzo di quell'uomo?".
- "Sì. Di sicuro il più grande che ho visto".
- "E ne hai visti tanti?".
Ben più di quelli che avrei voluto, in realtà, ma risposi solo: "Sì, signor Nerchia dura".
- "E te lo sei goduto a lungo, quel cazzone", disse con un tono che sembrava tradire dell'invidia.
- "Con quell'uomo ho avuto una breve relazione", se così si poteva chiamare, "Ma intensa da quel punto di vista".
- "Capisco", rispose, aggiungendo poi con un po' di stizza: "Franco mi ha detto che sei brava anche a fare i pompini. Allora adesso succhiami il pene, Signorina Anal. Vedi di farmelo diventare molto duro".
I percorsi mentali di quel tipo erano imprevedibili come il suo modo di esprimersi, ma volevo solo che quella situazione finisse al più presto e quindi mi misi in ginocchio davanti al suo membro, iniziando a muoverglielo con la mano e a leccargli la cappella.
Mi ci misi d'impegno, ma dopo circa dieci minuti non c'era nessun cenno di erezione.
Il soprannome che si era dato era alquanto fuori luogo.
Come offeso, mi trascinò con energia al centro della stanza, facendomi strofinare le ginocchia sul pavimento ruvido e poi stendere con la pancia sopra il puff; solo allora mi resi conto che quel coso era fissato al pavimento e che, nella parte sottostante, aveva delle fasce di cuoio per legare i polsi, cosa che effettivamente accadde, quindi mi ritrovai così; prona e bloccata in quel modo.

- "Il tuo racconto mi è piaciuto, sì... devo dire che probabilmente è davvero quello che senti quando qualcuno ti scopa il culo. Hai guadagnato punti in tal senso, Signorina Anal. Anche la tua abilità con la lingua è fuori discussione, non lo nego. Ma vedi... io mi eccito in un modo solo, cioè quando gli altri soffrono".
Detto quello mi diede una violenta frustata sulle natiche, facendomi sobbalzare e urlare dal dolore.
Quello stronzo andò di nuovo verso l'armadio, che ora avevo davanti agli occhi, prese un bavaglio per bocca, quello con la palla tipico dei giochi sadomaso, e me lo fissò così stretto che iniziai a respirare solo con il naso.
Poi si mise dietro di me dandomi due colpi di frustino, uno sui fianchi e un altro ancora sulle natiche!
Ero diventata una maschera di sudore, gli occhi mi lacrimavano per quello strazio, rendendo tutto sfocato, e rivoli di saliva che non potevo controllare mi uscivano dalla bocca.
Dall'armadio prese anche un grosso vibratore, ovviamente nero, e poi, abbassatosi davanti a me, disse: "Questo è uguale al cazzo di quel tipo? Vogliamo vedere se ti entra nel culo?", si diresse quindi alle mie spalle, mi tolse di colpo il plug di metallo e cominciò a spingermi dentro quel coso assurdamente sproporzionato, mentre io dimenavo la testa e le gambe, mugolando dal male che sentivo.
- "E' troppo grande, eh?", sogghignò sadicamente, affibbiandomi poi un'altra frustata sui fianchi.
- "Ma non ti preoccupare, ho un altro bel cazzo pronto per te! Questo ti entrerà di sicuro! E' quello giusto per le cagnette!", quindi aprì la porta di metallo dirigendosi in uno stanzino laterale.
In quel momento cercai disperatamente Franco con lo sguardo, ma non riuscii a vederlo.
Lo squilibrato invece torno subito, portando con sé un cane enorme.
- "Lui si chiama Ludovico II", disse, "Ludovico II, saluta la Signorina Anal! E tu, Signorina Anal, ricambia il saluto, che adesso Ludovico II ti scoperà per bene la tua morbida fichetta e ti riempirà del suo sacro seme".
- "Tu ti ricordi di lui, Franco, sì? Ti ricordi come urlava la verginella che mi portasti un po' di tempo fa?".
Al solo pensiero di un cosa simile io quasi impazzii dal terrore!

Iniziai a dimenarmi, ma senza ottenere nulla se non una nuova frustata.
Il cane venne posizionato dietro di me, ma proprio mentre stava per salirmi addosso sentii urlare: "BASTA!"
La bestia venne colpita da quello che a me sembrò un fortissimo calcio, tanto che si allontanò guaendo, e mentre Ludovico cercava di riprendersi dalla sorpresa balbettando: "Ma... ma... che cazzo fai?", un pugno lo colpì in piena faccia, facendolo finire in un angolo della stanza.
Davanti a me si presentò quindi Franco, mi tolse il bavaglio, il collare, mi liberò i polsi, mi prese in braccio di peso e mi portò via.
Si fermò un attimo nella stanza dove mi ero spogliata, mi fece sedere sulla poltrona, raccolse tutti i miei abiti mettendoli dentro una tovaglia tirata via da un tavolo, mi mise addosso il telo di cotone ricamato che copriva un divano, mi riprese in braccio e uscimmo da quella orribile casa.
Prima di entrare in macchina, al portone della villa apparve ancora Ludovico, con il naso fracassato e sanguinante, che urlava: "Sei un uomo finito! Sai cosa posso farti!".
- "Ma vaffanculo!", gli rispose Franco.
Durante il viaggio di ritorno in macchina, io, seduta sul sedile posteriore, ero riuscita parzialmente a rivestirmi, pur se molto scossa e intontita.
- "Dove... dove... dove hai mandato Simona?", chiesi.
- "Simona non è andata da nessuna parte", rispose, "La coppia con cui avevo combinato l'incontro ha cambiato programma e si dovrà rimandare".
- "Ed è vero?".
- "Sì. Ma la cosa finisce qui. Non ci saranno altri incontri. Del debito del suo negozio non si dovrà più preoccupare".
- "Perché?... Perché stai facendo questo?".
Non mi rispose, ma nel giro di poco arrivammo a casa sua.
Preparò la vasca da bagno, e io, sfinita, non mi feci ripetere l'invito ad entrarci.
Mi lavò lui e con delicatezza, poi, dopo avermi asciugata, mi fece stendere sul letto, medicandomi con una pomata le escoriazioni sulle ginocchia, oltre che quelle sui fianchi e sulle natiche prodotte dai colpi del frustino.

Infine mi diede la giacca di un suo pigiama, mi coprì con un lenzuolo e un caldo piumone.
Gli chiesi ancora: "Perché?... Perché l'hai fatto?", ma non attesi la risposta: il tepore delle coperte fece il suo effetto e io crollai nel sonno più profondo.



 

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Situazioni sempre inaspettate, con in questo caso anche l'aggiunta di un'ansia mai provata leggendo un racconto simile, e non solo per la situazione descritta, così buia e malsana, ma proprio per lo stato d'animo della protagonista, che ho avvertito molto. Il finale concede spazio a quelli che credo saranno interessanti sviluppi nel prossimo episodio, purtroppo l'ultimo.

Grazie da parte mia, MoniKa!

Sonia B.

Anonimo ha detto...

Un racconto davvero imprevedibile, puntata dopo puntata.
Questa serie mi mancherà!

Sebas

pierre ha detto...

Complimenti, un racconto davvero carino; ben scritto e che descrive una situazione intrigante