giovedì 28 maggio 2020

SISSY - UNA STRANA VENDETTA (SECONDO EPISODIO)



Dopo il primo episodio presentato due settimane dalla mia splendida socia Tippy tornano le avventure della lolita Sissy scritte dalla bravissima Letizia Amore.
Personalmente amo moltissimo lo stile di scrittura di Letizia che a mio avviso è nello stesso tempo elegante ed eccitante.
La nostra Letizia ha una fantasia fervida ed inesauribile e vi assicuro che ci darà molto di cui divertirci ed eccitarci.
Oggi comunque prosegue l'escalation di Sissy che si troverà sempre più spinta ad assecondare i suoi desideri di giovane ragazzina alle prese con le prime esperienze.
Commentate!

Donato


SISSY EPISODIO SECONDO: UNA STRANA VENDETTA





Camminavo altezzosa, passo lungo, deciso, ancheggiavo spudoratamente, ostentando sicurezza e mi compiacevo nel sentire gli sguardi avidi degli uomini che incrociavo, carichi di tangibile desiderio. Sapevo dov'era sceso dal bus, quindi sebbene credessi in cuor mio, fosse un impresa probabilmente impossibile, decisi di cominciare la mia ricerca da lì. Salii sul primo bus che passava, per mia fortuna era quasi vuoto, c'erano solo tre persone, due delle quali, scesero la fermata sucessiva, non avrei sopportato, vestita in quel modo, la calca. Seduto di fronte a me, c'era un giovane prete, forse un seminarista, visto che doveva avere circa vent'anni. Fissava imbarazzato le mie cosce, il seno, i capezzoli, che, non avendo indossato sotto la camicetta semitrasparente, un antiestetico reggiseno, svettavano impertinentemente, divertita cercavo di incrociare il suo sguardo, per vedere la sua timida reazione. Sfuggente, timido, cercava di nascondere il suo interesse, decisi di fargli un regalo e incrociando le gambe, lasciai che potesse vedere la mia figa. Il suo sguardo incredulo, sbigottito, fu come una sveglia. Mi resi conto che, mentre mi vestivo, ancora frastornata, mi ero dimenticata la cosa più importante, lo slip! In quel momento mi divertì quell'errore e la situazione che aveva generato. Fingevo di guardare fuori, per evitar che troppo in imbarazzo distogliesse lo sguardo, mi stavo eccitando, poggiai una mano su una coscia, tenendolo sotto controllo, dalla sua immagine riflessa sul finestrino. Lentamente la mia mano scivolò tra le cosce, volevo farlo sbavare e poco dopo cominciai a giocar con le dita tra le labbra grondanti della mia fichetta. Come ipnotizzato deglutì a secco, lo fissai e passandomi laida, la lingua tra le labbra gli sorrisi, mi fissò rispondendo timidamente al mio flirt. Ero arrivata, mi alzai, la minigonna sedendomi si era sollevata, non la sistemai, sul bus eravamo solo noi due, quindi ponendomi davanti alle porte, gli offrii la vista del mio culetto quasi nudo. Scesa dal bus mi guardai attorno, dovevo capire se in zona vi fossero uffici, o se dovevo cercarlo girando nei vari negozi. Iniziai a guardarmi attorno, sentii il cuore battere all'impazzita, era lui, stava entrando nel centro commerciale, dovevo raggiungerlo, sapevo che se lo avessi perso di vista, ritrovarlo in quel posto, sarebbe stato difficilissimo. Purtroppo mi sfuggì, quando entrai, stava già al piano superiore, dovevo fare presto, sulle scale mobili, nonostante i tacchi, feci rapidamente gli scalini due a due, ma fu inutile, non lo vedevo più, in compenso la mia attenzione fu attirata da un paio di scarpe stupende e un commesso niente male. Entrai nel negozio e chiesi di provarle, mi divertì molto la servile galanteria, con la quale cercava di adularmi, gli chiesi maliziosamente, di aiutarmi a misurarle. Lui non aspettava altro, di certo, aveva la speranza di guardarmi le mutandine e non immaginava la sorpresa che lo aspettava. Allungai la gamba, muovendo contemporaneamente anche l'altra, per lasciargli vedere bene la mia fichetta nuda, divenne paonazzo, deglutì a secco, quindi mentre mi domandava se mi piacevano, rivolse lo sguardo a terra per non balbettare. Si, mi piacevano moltissimo, mi piaceva moltissimo anche lui, quell'aria da bravo ragazzo un po' timido e impacciato, mi eccitava da morire, ma in quel momento non era lui che mi premeva sedurre, volevo la mia rivincita, vedere quell'uomo sbavare ai miei piedi. Andai alla cassa e mentre pagavo lo vidi passare, mi vide anche lui e riconoscendomi, mi sorrise spavaldamente. Uscii con il mio sacchetto in mano e lo seguii, fingendo di non riconoscerlo, credetti di esser riuscita nel dissimulare il mio intento, perché lo vidi vagamente indispettito. Mi fermai davanti alle vetrine di una nota marca di biancheria intima, in esposizione c'erano dei completini che avrebbero risvegliato un morto. Aspettavo silenziosamente che mi abbordasse, pregustando il dolce sapore della vittoria, lo avrei snobbato, schernito, lasciato a bocca asciutta, quel maniaco presuntuoso e borioso. Probabilmente, molto più esperto di me, temeva, giustamente che la mia fosse una trappola, si fermò poco più avanti, guardava senza, mal celatamente, perdermi di vista, le vetrine di un negozio di abbigliamento. Dovevo farlo capitolare, averlo ai miei piedi, passandogli davanti, mi squadrò da capo a piedi, entrai nel negozio, mentre giravo tra le corsie, mi teneva d'occhio, non gli interessava nascondersi e quando, mi vide puntare verso le cabine di prova, con dei vestitini in mano, accelerò per raggiungermi. Stava infilandosi nella mia trappola, o almeno così ingenuamente credevo io, già ma cosa volevo veramente da lui, cos'avrei fatto una volta lo avessi avuto ai miei piedi, come vendicarmi, come riscattarmi!? Questi pensieri, queste domande non mi sfioravano minimamente, volevo che mi sbavasse dietro, ingenuamente non avevo considerato quali potevano essere le conseguenze del mio comportamento. 




Entrai nel camerino, eccitatissima, sicura mi stesse seguendo, desiderando e spudorata, lasciai considerevolmente aperta la porta del piccolo spogliatoio. Guardai nello specchio assicurandomi che mi stesse spiando, sbavando, nella mia mente immaginai il suo cazzo indurirsi nei pantaloni, iniziai a spogliarmi. Dapprima la camicetta, si avvicinò alla porta socchiusa, mantenendo comunque una certa distanza, per non farsi scoprire dai commessi, lo tenevo in pugno, l'ora della vittoria era vicina e sentivo un gran caldo fra le cosce. Mentre mi sfilavo la minigonna, mi piegai bene in avanti, con le gambe serrate, mi piegai sino a terra, per mostrargli la fichetta ed il buco del culo, quel buchino che sul bus aveva profanato con un dito, in quel modo lo persi di vista. Sentii la serratura della porta del camerino scattare e subito dopo una mano, la sua mano, le dita tra le labbra bagnate della mia fichetta. Ecco proprio quello che non avevo previsto, era dietro di e così com'era successo sul bus, non riuscii ad oppormi, ero alla sua mercé, cosa mi succedeva, perché non ero in grado di resistergli!? Ero tesa, preoccupata, a differenza della volta precedente, sebbene fossimo comunque in un luogo pubblico, li dentro quel piccolo vano, eravamo solo io e lui. Sentii un dito prepotente, deciso, scivolare fra le chiappette e penetrare, senza garbo, a fondo nel mio culetto, gemetti a denti stretti, temendo ci potessero scoprire, faceva male, ma mi piaceva, non capivo cosa ci fosse in lui che mi stregava, ma mi piaceva sentirmi trattata come una troia. Poggiai le mani sullo specchio, rimanendo piegata in quel modo osceno, sentii la zip dei suoi pantaloni scendere e riflesso nello specchio vidi il suo cazzo duro. Non avevo modo, metro di paragone, per poter giudicare se fosse grosso o no, era il primo che vedevo, ma a me pareva davvero enorme. Mi fece inginocchiare ed obbediente, quando lo mise davanti alla mia bocca, tirai fuori la lingua e lambii la violacea cappella tesa. Ad oggi, credo che quello sia uno dei cazzi più grossi che abbia mai visto, o forse è solo l'immagine che ne ho nei ricordi, ma quando me lo spinse in bocca, dovetti spalancare le labbra più che potevo, per farlo entrare tutto. Mi scopò rudemente in bocca, lo sentivo entrare e uscire dalla mia bocca, me lo spingeva sino in gola, quasi soffocandomi, nonostante fossi "obbligata", fu una sensazione, un esperienza stupenda, ad un tratto lo sentii vibrare, ero troppo inesperta per capire cosa stesse per succedere, pensai che fosse una reazione dovuta alla mia bravura, ma di quale bravura vagheggiavo!? Dio, com'ero ingenua, colta di sorpresa, quando la sua sborra inondò la mia bocca, dovetti per non soffocare ingoiare tutto. Mi alzai, ero eccitatissima, confusa, accaldata, ma allo stesso tempo mi sentivo tremendamente umiliata, avrei voluto dargli uno schiaffo, ma quando incrociai i suoi occhi mi bloccai, mi fece girare, obbediente, chiusi gli occhi, poggiai le mani sulla porta, inarcando la schiena, il culo in dietro e le gambe larghe. Sentii la sua lingua scaltra, lambire la mia figa, il clitoride. Mi sciolsi letteralmente, quella situazione mi costrinse ancora una volta a mordermi le labbra, rischiavamo di farci scoprire, avrei voluto gemere con tutta la forza che avevo, mentre godevo come una vera troia. Lui continuava a leccarmi la figa, intrufolando la lingua, tra le grandi labbra, suggendo il nettare del mio piacere, quando quella punta impertinente e sagace, si intrufolò nel mio culetto, mi accasciai sconvolta sui gomiti, con la faccia sciacciata sulla porta, la mia fichetta sbrodolava piacere, sentivo i miei umori colare sulle cosce tremanti. Riusciva a farmi sentire e comportarmi come una puttanella in calore, aveva su di me un potere incredibile. Mi accasiai a terra, aveva ancora il cazzo duro, ed io morivo dalla voglia di farmi scopare, lo presi nuovamente in bocca, insaziabile, lo succhiai avidamente, ma mi fermò. Speravo volesse prendermi, speravo volesse sbattermelo dentro, sverginarmi, farmi godere come una troia, la sua troia. Lo guardai speranzosa, lasciva, piena di voglia, ma il suo sguardo duro mi gelò. Mi fece rivestire, contrariata, ma obbediente mi ricomposi, scelse un vestitino molto sexy. Era molto corto, attillato e sfacciatamente vistoso,

-:Questo te lo regalo io, ma se vuoi davvero esser la mia troia, devi indossarlo domani, senza mutandine, per venire a casa mia!:-,

quindi aprì la porta del camerino e uscì, aspettandomi. Ero furibonda, dentro di me pensavo che non gli avrei mai dato quella soddisfazione. Ero caduta nuovamente tra le sue braccia, ai suoi piedi e mi aveva ripagato trattandomi come una troia, si illudeva di potermi comprare, regalandomi un vestitino, in cambio del pompino che gli avevo fatto!? No, non gli avrei dato altre possibilità di umiliarmi. Alla cassa mi sorrise e pagò senza batter ciglio, nonostante il vestitino firmato, che aveva svelto, costasse un occhio della testa, quindi mi dette un bacio sulla guancia, mi sciolsi, non so come, ne perché, ma tutta la rabbia svanì,

-:Ci vediamo domani piccola!:-,

mi salutò, lasciandomi il suo biglietto da visita. Il mio orgoglio pretendeva vendetta, ma mi sentivo totalmente succube della sua forte personalità. Tornai a casa nuovamente sconvolta, mia madre mi aspettava per pranzare, quando mi vide, capì subito che qualcosa non andava, ma pensò che si trattasse di cose di scuola e preoccupata, non fece caso al mio abbigliamento così succinto, decisamente non adatto alla scuola. Nel pomeriggio, rintanata in camera mia, ripensavo a quello che era successo la mattina, cercando di dare un senso alle mie azioni.

Dopo cena, mi rintanai nuovamente in camera, l'unico posto off limits anche per mia mamma, tenevo in mano il biglietto da visita di Vittorio, lo guardavo e riguardavo, alla fine copiai il suo numero sulla rubrica del mio cellulare nuovo. Mi spogliai, ancora non avevo perso la speranza di soggiogarlo, quindi mi feci un selfie, oggi si dice così, all'epoca erano autoscatti, nuda, davanti allo specchio, fu difficile ma stetti molto attenta all'inquadratura, non volevo fosse una foto pornografica, doveva vedersi il mio corpo nudo, ma non le tettine e men che meno la fichetta, quindi gli inviai un mms. La risposta fu repentina, iniziai così una chat molto intensa, sebbene lui mi desse sempre risposte piuttosto secche e talvolta sgarbate, non riuscivo a mandarlo a quel paese. Dopo un paio d'ore, erano circa le undici, mi chiese una foto, voleva un selfie con le gambe aperte, in modo da vedere bene la fichetta, le tettine e la mia "faccia da troia" ho  risposto che era matto. Mi aspettavo una risposta, anche brusca, volgare, cattiva, ma almeno due parole, dopo oltre venti minuti di silenzio, ho ceduto e, seduta sul letto, davanti allo specchio, ho allargato le gambe e mi son fatta quel dannato scatto, a suo dire, era ormai troppo tardi, ora voleva che gli mandassi una nuova fotografia, a pecorina e con un dito nel culo. Dovevo mandarlo a cagare!? Si forse sarebbe stato giusto così, mandarlo a cagare, lui la sua boria, la sua arroganza, ma cedetti. Oramai aveva capito bene com'ero fatta e come fare, mi comandava a bacchetta, sebbene con difficoltà, feci la foto e gliela inviai. Era già passata la mezzanotte e dopo decine di fotografie pornografiche, mi dette la buonanotte, mi coricai e continuai a guardare le foto che mi aveva chiesto di mandargli, guardando la mia espressione vogliosa e lasciva. 

Ero frastornata, mi sentivo felice, sebbene questo fosse in totale contrapposizione con i sentimenti che con il suo comportamento mi scatenava dentro...

Letizia Amore

1 commento:

Giuliano ha detto...

sono le 23.22..dopo una giornata di lavoro sotto il sole..pensavo di essere stanco...pensavo..invece no...grazie sei stata una vera "letizia".