giovedì 3 dicembre 2020

LE MEMORIE DI ANNA 2 - RIMINI Parte 4 di 4 (By Monika)

 


 

 

Si conclude oggi il secondo ciclo della serie "le Memorie di Anna" scritta dalla bravissima e intrigante Monika.

Non voglio fare commenti perchè la storia parla da sè.

Anna è un personaggio apprezzatissimo dai lettori del blog e non possiamo che augurarci di ricevere presto dalla nostra Monika la stagione 3!

Donato


Le memorie di Anna 2 - "Rimini" p. 4 (di 4)

Dopo l'esperienza della cantina, in quel mese non toccai una lira dello stipendio, come se dovessi ancora investirlo in buona parte per l'affitto: quel denaro sembrava non appartenermi.
Mai avrei pensato che per arrivare a conquistare uno straccio di indipendenza sarei dovuta passare per quella stanza.
Alla signora Gina domandai se conosceva il padrone della pensione Conchiglia, e mi rispose che era amica della moglie, la signora Melissa: "Una donna tanto cara", concluse.
Se avesse saputo chi era davvero la "cara signora Melissa", e cosa le piaceva fare...
Non avevo più visto Davide, e, da un certo punto di vista, la ritenni la cosa migliore.
Avevo rivisto invece Rita, a cui raccontai tutto.
Dopo avermi ascoltata, mi abbracciò e, prima di salutarmi, disse: "Non sembra che tu voglia mollare. E non me ne stupisco", aggiungendo poi una frase che non riuscii ad intendere del tutto: "Comunque, non sarai più sola".
Arrivò la data di scadenza dell'affitto, quello d'inizio dicembre: si era già in clima natalizio ma a me toccava il secondo giro nella cantina dell'ormai famigerata pensione Conchiglia.
Mi vestii come la volta precedente e mi avviai giù per le scale.

L'idea di poter controllare quella situazione - un'illusione da sciocca ragazzina, quella che ancora ero -, mi era già passata e ora avevo solo paura... come pensare di reggere per mesi? 
Io non ero Rita, non potevo sostenere cose del genere: avevo voluto provarci e mi ero schiantata.
Tornarmene a casa era di sicuro la cosa più sensata da fare, ma il pensiero di dover stare lì ancora per chissà quanto mi impediva di prendere quella decisione: era stupido orgoglio? Immaturità? Ero pazza?
Forse tutto questo insieme.
Una volta entrata nella stanza mi si chiuse lo stomaco: gli uomini presenti erano quasi una ventina e non pochi con il cartoncino rosso in mano.
Uno aveva anche un cane al guinzaglio, e ogni genere di pensieri mi affollarono la mente!
Nel mucchio notai diverse facce viste il mese prima, tra cui il feticista dei piedi, ma riconobbi anche uno nuovo: era l'elegante signor Massimiliano, un altro ospite della pensione che avevo incontrato due o tre volte per i corridoi e che mi aveva rintronato con discorsi coltissimi sulla Filosofia, sulla Bibbia o su altre questioni simili, rimanendo forse deluso dalle mie distratte risposte.
Era di sicuro venuto ad apprendere come può essere una porzione dell'inferno, e lo stava facendo accarezzandosi la patta del pantalone e tenendo tra le dita un cartoncino giallo.
In fondo c'era poi un uomo molto alto, sicuramente di colore, che emergeva dal gruppo anche se era dietro gli altri.
L'Untuoso fece la solita presentazione, aggiungendo questa volta un appellativo nuovo: "La regina dei cazzi!".
Mi sentivo svuotata, come un involucro senz'anima, ma avevo ancora in testa l'enigmatica frase di Rita.

Come la volta scorsa, mi diressi verso la poltroncina blu sollevandomi il vestito, mi accomodai, aprii le gambe e iniziai a masturbarmi davanti a tutti.
Occhi ed espressioni si fecero subito rapaci, ma il primo a muoversi fu l'uomo alto notato prima.
Era un tipo sui quarant'anni, insolitamente elegante, che sarebbe spiccato anche in ben altri contesti e non solo in mezzo a quei buzzurri.
Dopo aver consegnato il suo cartoncino, di color rosso, si avvicinò e si inginocchiò davanti a me, dicendomi: "Ciao Anna, permetti?"
Abbassò la testa e cominciò a leccarmi la vagina, in un modo a dir poco incredibile!
Era da molto tempo che non sentivo delle sensazioni simili, di sicuro da quella volta con Simona nella cascina dei miei due cugini.
Non riuscii a trattenermi ed emisi un gemito di puro godimento, facendo mugolare di desiderio anche molti dei presenti.
Il cunnilingus durò diverso tempo, e, pur se faticavo a crederci, ero io a tenere la testa di quel tipo ferma in mezzo alle mie cosce.
Mi fece poi alzare, mi accompagno sul materasso presente in mezzo alla stanza e mi spogliò, con delicatezza ma completamente.
Lo fece anche lui, mostrando un fisico invidiabile e, soprattutto, il suo sesso! 
Io spalancai gli occhi e rimasi probabilmente con la bocca aperta: non avevo mai visto un pene di quelle dimensioni!
Non era eccessivamente largo (anche se...) ma era la lunghezza a togliere il fiato: saranno stati almeno 30 centimetri!
L'idea di essere penetrata da quel coso mi spaventò, e non poco, l'uomo se ne accorse subito e mi sussurrò ad un orecchio: "Stai tranquilla, non sentirai alcun dolore. Io sono molto bravo a fare l'amore. Fidati, vedrai che ti piacerà. Non pensare agli altri ma guarda solo me. Il mio nome è Jean-Luc. Sono un amico di Rita".
Quel tono di voce, così incredibilmente profondo e calmo, il nome di Rita e quella frase, priva di qualsiasi tipo di insulto e aggressività, in qualche modo mi rassicurarono.
Nella sala c'era un assoluto silenzio e notai che, a differenza della volta scorsa, nessuno si era calato la zip dei pantaloni: di sicuro il confronto con l'affare mostrato da Jean-Luc sarebbe stato impietoso.
- "Inumidiscilo bene con la bocca", disse, e io mi prodigai a farlo, pur su quella misura fuori scala... poi mi fece stendere supina sul materasso, si infilò un preservativo (che non arrivava a coprirlo del tutto), mi allargò le gambe tenendomi le caviglie con le sue mani, e quindi mi penetrò, muovendosi con delicatezza.
In effetti, anche perché buona parte di quell'arnese restava ancora fuori da me, cominciai a provare piacere, non riuscivo più a nasconderlo, e l'oscillazione dei miei fianchi permise poi una sua entrata più sostanziosa.
Gli occhi degli altri uomini sembravano voler uscire dalle orbite... in quella cantina, di certo nessuno aveva mai visto una ragazza godersi davvero una scopata.
Le posizioni variarono, e Jean-Luc mi prese alla pecorina e poi, mettendosi in piedi, mi tenne su con le sue braccia, facendomi salire e scendere su quel palo che sentivo praticamente fino in gola!
Alla fine, senza più controllo, con le gambe spalancate e tremanti, urlai: "Sììììì! Spingi così! Montami! Vengo! Sto venendo!", abbracciandolo forte. 
Erano le prime parole dette da me in quella stanza, e, in un certo senso, erano anche una vittoria.
Mi concesse tutto il tempo per assaporarmi l'orgasmo, e io restai lì, aggrappata alle sue grandi spalle e al suo collo, con quello scettro nero dentro di me; poi mi rimise a terra, in ginocchio davanti a lui, e poco dopo arrivò al suo di appagamento, togliendosi il preservativo ed eiaculandomi in bocca una quantità esagerata di sperma, impossibile da ingoiare tutta e infatti mi ricoprì parte della faccia, colando poi su mani, seno e gambe.
Ero senza fiato e mi girava la testa... mai avrei immaginato che in quel posto, ormai temuto, potesse accadermi una cosa del genere!
Ora però toccava agli altri... io ero inginocchiata sul materasso ma Jean-Luc era rimasto lì, in piedi, vicino a me.
Nessuno osò dire nulla a quel colosso, né fare un passo avanti.
Il messaggio era chiaro e sembravano averlo capito tutti: ero sua.

Il gruppo di uomini cominciò a lasciare la stanza, e fu solo in quel momento che riconobbi un altro dei presenti: Davide.
In mano aveva un cartoncino rosso: un senso di profondo disprezzo mi emerse nei suoi confronti!
Ecco perché aveva rifiutato di ospitarmi a casa sua, voleva approfittare degli incontri organizzati dall'Untuoso per poter avere finalmente quello che gli avevo negato: l'esperienza del sesso anale.
Se ne andò a testa bassa, fulminato dalle mie occhiate, e scomparve per sempre dalla mia vita.

L'Untuoso, pur se un po' spiazzato dall'andamento della serata, rimase comunque contento dell'incasso che tutta quella gente gli aveva portato in cassa, e quindi, sempre con quel suo fare mellifluo, ci lasciò da soli.
Jean-Luc si rivestì, mi aiutò a pulirmi (ironizzando sull'abbondanza del suo seme, cosa che mi strappò anche un sorriso) e fece rivestire anche me, e poi, sempre con quella sua voce avvolgente, disse: "Devo dirti un paio di cose, ragazza. Siediti un attimo, per cortesia".

Nei giorni successivi provai più volte a chiamare Rita, che rispose in sola occasione e velocemente dicendo che in quel momento era impegnata e che non poteva parlare ma che non dovevo più preoccuparmi di nulla e che sarebbe passata presto a trovarmi.
Sentirla mi rasserenò e, per il resto, fu un mese di lavoro fruttuoso e alla fine raggiunsi i miei per le festività natalizie, che passarono abbastanza serenamente.
Tornata a Rimini nei primi giorni dell'anno successivo, l'Untuoso, implacabile, organizzò subito un nuovo appuntamento in cantina per l'affitto del mese.
Quando arrivai, a mezzanotte in punto, la stanza era però vuota, con visibile disappunto del proprietario (lui guadagnava sui presenti e non sulle prenotazioni, che pure c'erano, anche se meno della volta precedente).
La mia presenza lì mi garantiva comunque il non pagamento dell'affitto, quindi, senza dire una parola, mi accomodai sulla poltrona e mi misi in attesa.
Non si presentò nessuno.
Dopo un'ora mi alzai, e visto che anche lui aveva capito che qualcosa non aveva funzionato, me ne tornai nella mia camera.

La sera successiva andai da Jean-Luc, come mi aveva chiesto di fare.
L'indirizzo che mi aveva lasciato portava ad una grande casa bianca, isolata e quasi coperta dagli alberi, praticamente  dall'altra parte della città rispetto alla pensione Conchiglia.
C'erano diversi uomini a controllare l'edificio e l'entrata, ma nessuno ostacolò il mio ingresso e lui mi venne incontro facendomi accomodare in salotto.
- "Avevi ragione", gli dissi, "Le cose sono andate come dicevi".
- "Te lo avevo detto. Se metto sotto controllo una cosa, quella cosa risponde ai miei comandi. E quella pulciosa pensione è ora sotto il mio controllo".
- "Nella cantina non hai risposto a nessuna delle mie domande, anche su Rita, quindi non potevi pretendere che ti credessi sulla parola. Ho avuto non poche dimostrazioni di quanto poco vale quella degli uomini. Mi dispiace di aver dubitato della tua, però", dissi.
- "In quella cantina ti ho detto il necessario. Il resto dovevi verificarlo con i fatti".
- "E' solo che... non so nulla di te... cioè, cos'è questo posto? Perché ci sono tanti uomini di guardia?"
- "Credimi, ragazza, è meglio se di certe cose resti all'oscuro".
- "Avresti potuto fermare tutto anche senza partecipare a quel festino?"
- "Forse sì, ma l'umiliazione di quella gente era un tassello determinante per far funzionare la cosa, quindi dovevamo "esibirci" davanti a tutti. Loro avrebbero potuto scoparti, ma nessuno ti avrebbe fatto godere più di me. Per molti uomini questo è un punto d'orgoglio. Inoltre, sei una ragazza stupenda, e avevo voglia di fare sesso con te, anche pagando. In più, avevi preso la tua decisione e dovevi ben capire cosa comportava. Hai fatto un passo più lungo della gamba e una lezione la meritavi. Ora però sei libera".
- "Mmm... capisco... cioè, no, non capisco, ma non credo che cambi qualcosa. Penso che potresti avere decine di ragazze come me. Comunque sono qui, come eravamo rimasti d'accordo. E non mancherò anche nei prossimi mesi".
- "No, non ragazze come te, e sì, ora sei qui... ma, come detto, non sei costretta. Se vuoi e vorrai venire a letto con me, devo sentirti dire che ne hai desiderio. Altrimenti puoi andare. Non cambierà nulla nei nostri accordi".
Quell'uomo emanava qualcosa che andava oltre il semplice fascino... ci pensai un attimo, poi dissi: "Sì, desidero fare l'amore con te".
Jean-Luc dimostrò di nuovo di essere un amante meraviglioso, portandomi più volte all'orgasmo!
Fare sesso con lui era straordinario!
Era un uomo piuttosto bello e dimostrava un'accesa sensibilità, ma era anche innegabilmente triste: la tristezza gliela si leggeva negli occhi.
Azzardai qualche domanda, per sapere qualcosa in più su di lui, ma riuscii a carpire solo vaghe informazioni.
Era nato in Algeria ma era cresciuto in una cittadina francese, Ghenf, posizionata sul mare, come Rimini, e aveva fatto il soldato di professione.
Dopo alcune esperienze di guerra, forse anche come mercenario, aveva cambiato molti mestieri.
Non aggiunse altri dettagli, confermando un mio sospetto sul fatto che fossero cose poco legali.
La sua ritrosia, però, la lessi anche come una volontà di protezione nei miei confronti.
E ora avevo anche una certezza in più: l'armadio di metallo presente nella cantina, qualunque cosa contenesse, sarebbe rimasto chiuso, e inutilizzati i bracciali di cuoio fissati con le catene al muro.

Qualche giorno dopo venne in negozio Rita, dicendomi che si era assentata così a lungo per lavoro.
Lo disse sorridendo e facendo l'occhiolino, e quindi capii che stava bene.
Io le raccontai quello che era accaduto, ma era già al corrente di tutto: Jean-Luc lo aveva davvero mandato lei.
Si erano conosciuti in Francia, molto tempo prima, ma non c'era mai stato un coinvolgimento sessuale tra di loro, anzi, lui la considerava come una sorella e di certo, per lei, lui è stato il fratello, il padre, e l'amico vero che le erano sempre mancati e che in non poche occasioni la aveva aiutata a togliersi dai guai.
- "E' la prima volta che gli chiedo di fare una cosa del genere, ma sapevo come sarebbe andata a finire, perché lo conosco e credo di aver capito un po' anche te. Lui è bravissimo a leggere dentro le persone, e, anche se forse non te lo dirà mai, ha già capito chi sei, e in un modo che nemmeno i tuoi genitori sapranno mai. Se ha visto in te quello che ho visto io, avrai la sua protezione per sempre. O almeno, finché resterà vivo. Jean-Luc ha sofferto molto nella sua vita, e ha fatto cose atroci in guerra. Ma anche lui è morto lì. Quello che vedi oggi è un uomo che tenta solo di riaccendere qualche scintilla di vita dentro se stesso, e lo fa con grande fatica. La sua parte oscura è profonda e non gli darà mai tregua, ma lotta per tenerla a bada. Non volevo che si approfittasse di te in quella cantina, ma in quello non mi ha ascoltato. E' severo con gli altri, come con se stesso", disse.
Restai in silenzio per un po', pensando a lui.
Poi chiesi: "Che cosa avete visto in me?".
- "Una luce, Anna. Che nessuno potrà oscurare, a parte te stessa", mi rispose.

Le parole di Rita mi restarono dentro come una lama e me le facevo girare e rigirare di continuo nella mente.
Trovavo più corrispondenza con lei e Jean-Luc, pur se erano figure di realtà ai margini, perché li sentivo sinceri e affidabili, che verso molte persone ritenute "rispettabili"... non era facile mettere i tasselli al posto giusto, farsi un'idea non dico corretta ma almeno sensata del mondo.

Passò un altro mese, e il rito della cantina doveva svolgersi come da copione.
Ci furono delle prenotazioni ma non arrivò nessuno: le minacce degli emissari di Jean-Luc erano sempre efficaci.
Io mi presentai nel solito modo, ma se non fosse che non potevo dimostrare di conoscere i perché di quelle defezioni, mi sarei portata anche da leggere.
L'Untuoso sembrava sull'orlo di una crisi di nervi, e vederlo in quello stato mi diede non poca soddisfazione: aveva perso il controllo delle cose e per cinque mesi anche l'affitto della mia stanza.
Quelle situazioni si ripeterono infatti fino a maggio, ovvero alla scadenza del mio impegno con il negozio della signora Gina.
Nessuna delle festicciole organizzate nella cantina della pensione Conchiglia ebbe più l'esito sperato, tranne l'ultima, dove si presentarono diversi uomini di Jean-Luc, mandati però per dare una lezione ai proprietari, che vennero entrambi sodomizzati.
A vederli nei giorni seguenti, sembrava che, tra i due, quello più tranquillo, anzi, quasi felice, fosse proprio lui, il signor Gian, l'Untuoso.

Non mancai mai agli incontri mensili con Jean-Luc, dove cercai, abbastanza futilmente, di scoprire qualcos'altro sul suo conto.
Ad aprile mi disse che sarebbe andato via, quel posto non lo riteneva più sicuro, ma, finché io sarei stata in città, a me avrebbero badato alcuni suoi uomini fidati.
L'ultima volta che feci l'amore con lui cercai di essere il più partecipe possibile, in ogni modo possibile, in ogni posizione possibile, godendo come poche altre volte in vita mia!
Quello che non avevo mai concesso a Davide lo proposi invece a lui, che non si fece pregare.
Mi misi quindi a quattro zampe: desideravo ferocemente sentirlo dentro ogni parte del mio corpo.
Era il quarto uomo che mi prendeva in quel modo, ma mai prima di allora quell'esperienza mi aveva procurato tale piacere.
Quando mi entrò dentro con quel suo enorme cazzo mi mancò letteralmente il fiato, e non so dire per quanto tempo: la sua resistenza fisica era pari al suo vigore, e quell'amplesso durò tantissimo.
Mi teneva per i capelli, tirandomi indietro la testa, e il rumore dei suoi fianchi che sbattevano con furore contro le mie natiche mi inebriava: mi sentii in balia di un predatore primordiale.
Dopo un po' lui iniziò a masturbarmi, amplificando se possibile ancora di più l'appagamento che sentivo!
Anche in quel caso Jean-Luc si rivelò superbo, portandomi a multipli orgasmi, mentre io non riuscivo che a dire: "Ancora, ti prego! Scopami ancora così!".
Prima di venire, lo estrasse ricoprendomi la schiena di sperma caldissimo, che raccolsi un po' con delle dita per gustarmelo ancora.
Non avrei voluto essere in nessun altro posto al mondo se non su quel letto umido dei nostri sudori e umori.

Solo verso l'alba tirammo il fiato, e provai a chiedergli: "Vuoi dirmi perché ti sei dato così da fare per me?"
- "Potresti risponderti anche da sola, ragazza", disse, "Hai mai fatto male a qualcuno? Io dico di no. I tuoi inferni non li riversi sugli altri ma te li porti dentro e li attraversi da sola, con tutte le eventuali conseguenze sulla tua pelle. Ammiro questo tipo di persone. Rita mi ha parlato di te, e per me quello è stato sufficiente. Volevo quindi risparmiarti alcune cicatrici, e in quella cantina te ne saresti fatte di molto vistose. Ti auguro di non infliggertene molte altre in futuro".
Non risposi... mi accovacciai solo tra le sue braccia, addormentandomi come una ragazzina.

Quando mi svegliai se ne era già andato ed ero consapevole che non lo avrei più rivisto.
La fitta al cuore che sentii mi sorprese... cosa dovevo ammettere? Che nei suoi confronti avevo sviluppato un interesse più profondo di quello che potevo credere?
Restai ancora molte ore in quel letto, annusando le lenzuola per sentire il suo odore.

Arrivò infine maggio, l'esperienza al negozio della signora Gina era terminata, ed ero comunque riuscita ad apprendere le basi di quel particolare mestiere.
Passai a trovare Rita ma non era in casa.
Le lasciai una rosa bianca appoggiata alla porta e un biglietto con scritto "Grazie" insieme al mio numero di telefono.
Non volevo in nessun modo perdere il contatto con lei, cosa che per fortuna non accadde: ci siamo poi riviste molte volte, ed è diventata una delle mie più care amiche.
Tornata dai miei, la prima cosa che feci fu di restituire i soldi a mia madre; ora potevo permettermelo.
Mi trovarono cambiata, un po' più tranquilla, almeno rispetto le mie solite insofferenze caratteriali; non mi sentivo in tal modo, ma le esperienze vissute a Rimini mi avevano comunque segnato, nel bene e nel male.
Cercai un appartamento in affitto ma invece trovai un annuncio di lavoro in un altro negozio di decorazione, questa volta a Milano.
Preparai le valige, ma, prima di partire, stipulai un preciso accordo per una stanza in affitto in una pensione nota e molto affidabile. 


 

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Un finale degno di questa storia, così intenso e così pieno di situazioni, personaggi e dialoghi che restano bene in mente! Davvero tanti complimenti, MoniKa, e attendo già da ora la trasferta milanese di Anna!!

Anche se qui scompare, io spero tanto di poter rivedere Jean-Luc, come anche Rita!

Sonia B.

Anonimo ha detto...

Un breve ma intensissimo racconto, capace di suscitarmi non poche emozioni, sia erotiche (alcuni passaggi sono notevoli) che emotive, perché diversi dettagli sulla vita dei personaggi (Rita su tutti, ma anche Jean-Luc in quest'ultimo episodio) mi sono parsi davvero inaspettati, almeno in questo genere di storie, per come l'autrice ha deciso a proiettare i drammi del mondo reale nelle sue trame di fantasia.
Su quest'ultimo punto evito di chiedere quanto c'è di inventato o di vero nelle vicende che Monika racconta, ma la curiosità è comunque forte.

In ogni caso, la ringrazio per questa nuova lettura, in attesa delle prossime.
E ringrazio chi ha scelto le foto che hanno accompagnato gli episodi, tutte salvate come sempre nella mia cartella dedicata ad Anna.

Anonimo ha detto...

Riesco solo adesso a leggere l'episodio finale, però centellinandolo parola per parola.
Per me è uno dei megliori racconti letti fino ad ora, al pari del precedente pur se più breve, con risvolti sempre inaspettati, e non solo nella trama e nei personaggi ma anche come contenuti che vanno oltre le situazioni descritte (il racconto di Rita resta impresso).
Faccio i miei complimenti all'autrice e anche io mi metto in attesa della prossima storia della bellissima Anna!

Mirko

Anonimo ha detto...

Ho finito di leggere questo secondo racconto di Anna e ho recuperato il rprimo che non avevo letto. Davvero belli tutti e due. A differenza di altri che nei commenti chiedono quanto ci sia di vero nelle vicende raccontate, a me invece ha sorpreso la proprietà di linguaggio usato dall'autrice e la quantità di elementi di altre opere che vengono inserite nelle storie come rimandi /chiamarle citazioni sarebbe troppo/ a film, romanzi e fumetti, segno che non è una che si improvvisa ma che ha un suo background florido.

Anonimo ha detto...

Una serie davvero bella, riuscita sotto qualunque aspetto.
Complimenti sinceri a MoniKa!

Anonimo ha detto...

Bella e arrapantissima serie!!